giovedì 21 giugno 2018

LE RADICI A SANT'ALBINO; I RAMI IN TUTTO IL MONDO





Per una volta, in questo spiacevole clima di intolleranza montante parlo di me e cerco a Sant'Albino le radici di una cultura diversa...

Paolo Teruzzi (il "webmaster" del CQSA)




PREMESSA - COSA INTENDO PER "RADICI" 

MEMORIA E' CULTURA - CULTURA E' METTERSI NEI PANNI DEGLI ALTRI
Credo di averlo appreso proprio dai racconti di mia madre e soprattutto dall'immagine che lei mi restituito di suo padre Paolo, mio nonno.


PREMESSA 

(tratta da un articolo pubblicato in passato).
Io sono brianzolo. Potrei definirmi padano…se la Padania esistesse. I miei antenati erano contadini. Non conoscevano vacanze e ancor meno viaggi di piacere. Non avevano neppure molta dimestichezza con la lingua italiana e la loro lingua madre era il dialetto. Abitavano in una frazione di Monza costituita da quattro cascine e qualche cortile. Un mondo stanziale, immoto, chiuso, verrebbe da pensare. Ma…
Il mio bisnonno si chiamava Riva Davide. Era di certo uno dei pochi in grado di leggere in tutta S. Albino (Monza). Come abbia fatto ad imparare resta un mistero. Nacque probabilmente nel 1844. Un fratello di Davide, Riva Gerardo, in modo per noi almeno altrettanto sorprendente era approdato a Parigi dove, partendo probabilmente da garzone di muratore divenne architetto con tanto di “Legion d’onore” o analoga onorificenza francese (come è possibile verificare visitando la sua bella tomba nel cimitero di Monza).
Tra i figli di Davide il maggiore, Riva Guido, nato nel 1877, quando raggiunse l’età di una decina d’anni venne messo sul treno tutto solo e approdò dallo zio Gerardo a Parigi. Lì, qualche anno dopo, cominciò ad appassionarsi alla politica e presto divenne un socialista “massimalista”. Forse dei dissapori con lo zio (ma questa è solo una nostra congettura) lo fecero emigrare a Zurigo dove gestì per anni una “Trattoria Lombarda” nella quale con la compagna zurighese Ottilia Anna Kuster ospitò spesso gratuitamente socialisti di tutta Europa, dalla Balbanoff al giovane Mussolini, allora renitente alla leva. Ai tempi del fascismo Mussolini in persona, forse per riconoscenza, lo convocò a Milano ma Guido si guardò bene dall’andarci. O meglio ci puntò piede ma scoprì con fastidio che l’usciere-guardia era un vecchio compagno socialista. Alla sua malcelata sorpresa l’altro rispose: “Eh, Riva! Seri stuff da specià ‘l sol dell’avvenire!” (“ero stanco di attendere il Sol dell’Avvenire”). Guido allora uscì e poi mandò avanti la giovane figlia Irene a raccontare che il babbo era dovuto tornare a Zurigo. Per decenni i familiari lo presero in giro dicendo: ”Che stupido! Magari voleva nominarti Viceré dell’Abissinia!”.
La relazione di Guido con Ottilia (che i piccoli Riva però chiamavano “Zia Elisa”) fu un po’ burrascosa. Forse lui…troppo italiano e lei…troppo svizzera tedesca. Così la figlia Irene crebbe in Italia con la famiglia paterna mentre le altre due figlie Rosa ed Anna vissero a Zurigo con la madre. Kurt Peyer, figlio di Anna Riva, appena scomparso, si trasferì poi in Canada ed ebbe figli e nipoti che fortunatamente sono ancora in contatto con noi. Anche a Zurigo ho ancora parenti.
Mio nonno Paolo Riva, secondogenito di Davide, nato nel 1879, ebbe meno occasioni di viaggiare. Ma fece due anni di militare in Sicilia, a  Bagheria, attorno al 1900, più o meno ai tempi in cui è ambientato il film di Tornatore. Amò profondamente quel paese a suo dire bello e ospitale, imparando tra l’altro a mangiare le olive che in “Padania” erano allora ignote. Durante la prima guerra mondiale, ormai piuttosto anziano per la battaglia, fu mandato come secondino al carcere militare di Gaeta. Fu nauseato dalle violenze inferte ai detenuti, per lo più disertori, spesso giudicati tali solo per essere rientrati in ritardo da una licenza, magari per il funerale di un figlio. Allora chiese di andare al fronte dove ebbe un ottimo rapporto coi commilitoni del sud e imparò a cantare tutte le canzoni napoletane.
Un mio trisnonno materno, Bertani Giuseppe da Villa Cortese (Mi) si trasferì a Busto Arsizio e da lì in Argentina con figli e nipoti (una decina di persone). Era (probabilmente) il 1882. Lui aveva già 54 anni e non riuscì ad adattarsi. Tornò lui solo ed il figlio Gerolamo, mio bisnonno, lo ritrovò alla stazione di Busto Arsizio seduto sul marciapiede, sconsolato e più misero (pusé puarètt) di quando era partito. Coi parenti argentini, residenti a Buenos Aires in Calle Aguirre, i vecchi mantennero relazioni epistolari fino a metà del 1900. Mia nonna Virginia Bertani corrispondeva con una cugina sua coetanea di nome Zemira (secondo altri Zaira). Finora i miei tentativi di ritrovare contatti con loro risultano vani.
Del mio trisnonno paterno Teruzzi Antonio si dice che a fine 1800 se ne sia andato in Brasile, da solo, forse per motivi di cuore. Nessuno ne ha più saputo nulla.
Tra i parenti acquisiti, mio suocero, Martinengo Rino, era un vero “milanesùn” e parlava un vivace meneghino. Ma come per la maggior parte dei milanesi le sue origini erano “ariose”. I suoi genitori erano padovani, dei Colli Euganei (Arquà Petrarca ed Este).
Io invece ho due figlie indiane, del Kerala. Figlie adottive, naturalmente. Vini, la più grande, ha due bellissimi bimbi (italo-indiani). Un maschietto di cinque anni che si chiama Suryen (Sole in hindi)  e una bimba di un anno che si chiama Nami (che in giapponese significa "onda"). Lovely, detta Lally, l’altra figlia, studia il cinese e ora è in Cina perché ha vinto una borsa di studio. Il suo ragazzo è di Cantù. Lui ha tre fratelli naturali e un fratello adottivo di origine albanese, unico dei quattro che parli fluentemente brianzolo, lavorando da anni con ruvidi mobilieri canturini.
La figlia di mia sorella, Iris, invece, ha fatto una tesi su Cuba. E’ stata alcuni mesi all’ Università de L’Avana. Così ha conosciuto e sposato un ragazzo cubano, Roger, nato in “Plaza de la Revolucion, Avana, Cuba” (così recitano testualmente i suoi documenti!). Quando Roger è andato a votare alle primarie del PD uno scrutatore vecchio compagno comunista leggendo la sua carta d’identità ha avuto un moto di irrefrenabile emozione ed è balzato sull’attenti gridando “Osti, compagno! Piazza della Rivoluzione, Avana, Cuba!”. Come se non bastasse il testimone di nozze di Iris e Roger è stato Alberto Granado, il mitico compagno del Che nelle scorribande latinoamericane descritte ne “I diari della motocicletta”!
Forse per tutto ciò che ho raccontato sopra, nonostante io sia incontestabilmente brianzolo e credo anche un po’ celta (mia madre ha capelli biondi ed occhi azzurri e mio nonno era soprannominato “al russ” cioè il rosso) la proposta di “piccola apartheid” avanzata qualche anno fa dal leghista Salvini (carrozze separate per gli immigrati) mi disturbò assai stimolando la mia vena poetico-ironica. Tanto che mi scappò questa letterina allo stesso:


11/05/2009
Per Matteo Salvini - Quesito (in dialetto): su che carrozza deve viaggiare la mia famiglia?
Caro Salvini, te scrivi in dialett inscì te capiset (ma te'l set de bun el dialet?). Mi sun munsciasch e de brughé (monzese/brugherese) de tut i generasiun (serum minga nobili e rivi domà ai mè trisnoni). Dumà mia nona materna l'era “furestera”, ma de Bust Arsizi. Per la mia mié l'è pusé dificil. Sua mama e i so antenà in de Lisùn. El so papà l'era de Milan (el parlava propi de milanesùn) ma i so de lu eren del Veneto (teruni de l'alta Italia, se diseva una volta).
I mè do tusann però in indian (adutà)! La pusè granda adèss la specia un fiulìn. El papà del mascèt l'è propi briansoeu.
Se poeu vegn anca la mia neuda (la tusa de mia surèla) ven foeura un alter catabui (un casino) perché lé l'ha spusà un bagai de Cuba! Per furtuna per adess a gann no de fioeu e se risparmia un alter prublema.
Fam  savè in che manéra podum andà in gir cui mèzi public. Tegn présént che i mè tusann gan la citadinansa italiana ma la pèl un pò scurèta e se ghè in gir i rundi (le Ronde leghiste) poeu dass che ghe tuca andà in la carosa di extracumunitari. El me neudin per adess el so no m'è 'l végnerà foeura!
Te sét un bel sacramént! 
PS: ma ti te set propi de Milan o ariùs cumè l'ex diretùr de la Padania, la sindacalista Moro e la mié del Bossi? O magari te vegnet giò cun la pièna de la Val Brembana o i tò antenà purtaven i bricòi (contrabbandieri) in Val Telina...
Ma se ghe pensi ben, a la fin de la féra, me interèsa pu savè nagòt.
A bun cunt, fa un bel mesté.....SALVINI, TACHES AL TRAM! (dedré, inscì se incuntrum no!)
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