mercoledì 12 febbraio 2020

AZIENDE INSALUBRI: IL CONSIGLIODI STATO CONFERMA I POTERI DEI SINDACI

 Una sentenza del Consiglio di Stato 27/5/2014 n. 2751 (vedi QUI)

afferma principi chiarissimi sulla collocazione delle industrie insalubri nelle vicinanze 

di aree residenziali.


Ma cosa dice questa sentenza del Consiglio di Stato?  Vediamo riassunti i principi di regolamentazione della localizzazione di queste attività:

1. l’opportunità di una diversa ubicazione dell’impianto in ragione della vicinanza dello stesso agli insediamenti abitativi, in deroga alla distanza minima di 500 metri prevista nell’ambito dei non impugnati criteri generali di autorizzabilità per settori omogenei produttivi approvati dal Comitato Regionale contro l’inquinamento atmosferico (siamo nella Regione Emilia Romagna) nella seduta del 20.5.1991, e della conseguente esigenza di tenere nel debito conto gli interessi di matrice ambientale e sanitaria;

2. l’opportunità di una diversa ubicazione dell’impianto se si dimostra che l’attività  insistente su un sito che dista poche decine di metri dalle abitazioni più vicine non produce benefici occupazionali e infrastrutturali apprezzabili in via comparativa...

3. che le norme tecniche attuative di un piano urbanistico comunale possono stabilire distanze di sicurezza adeguate (la sentenza in esame fa riferimento ad esempio a 100 ml) per le industrie insalubri di 1^ classe rispetto ai confini di zone residenziali o da preesistenti edifici destinati a residenza

4. la fascia di rispetto, dalla collocazione di dette industrie insalubri,  riguarda non solo i confini delle zone residenziali ma anche “preesistenti edifici destinati a residenza”

5. se le distanze adeguate (stabilite dalle prescrizioni regionali, dalle autorizzazioni alle emissioni, dalle norme attuative dei piani urbanistici) non sono rispettate anche gli ampliamenti/ammodernamento degli insediamenti esistenti  sono preclusi.

6. se è vero che normativa nazionale sulle industrie insalubri (articolo 216 del T.U. n.1265/1934) non prevede un divieto assoluto di collocazione di queste negli abitati,  non è precluso né illogico fissare con norme regolamentari parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U. n.1265/1934 al fine di conseguire una più intensa tutela della salute pubblica (Cons. Stato, V n.338/1996).