domenica 3 novembre 2024

Alcuni nostri commenti al primo video di "PartecipiAMO per il quartiere - Quartieri, comunità e territorio nella città contemporanea"

Un bel corso di formazione per le consulte. Leggete tutto lo scritto, se potete. Ma sposto qui quella che era in origine la conclusione dello scritto.

Per chiudere rimane purtroppo la finale considerazione del fatto che di questi corsi di formazione avrebbero  bisogno in primis le Amministrazione pubbliche che da sempre mostrano una certa cecità rispetto alle dinamiche spersonalizzanti che trasformeranno sempre più le periferie (come S. Albino) in quartieri dormitorio con consistente rischio di degrado, solitudine e abbandono. Amministrazioni che da tempo si affidano a bandi e progetti legati a finanziamenti a termine anziché sforzarsi di mettere in atto politiche stabili.

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Approfittando dell'influenza mi sono deciso ad ascoltare questo video di Metodi, una agenzia che su mandato del Comune di Monza si occupa di promuovere una partecipazione più consapevole alla vita pubblica. Mi riservo di rivedere il filmato con più calma ma per ora vorrei proporvi alcune delle tesi che ho trovato più interessanti. In primo luogo l'insistenza sul bagaglio storico dei quartieri. Ogni quartiere ha una storia che ha radici molto specifiche e lontane nel tempo. Ognuno poi, a seconda dell'età e della provenienza può avere una propria storia del quartiere. Spesso tale divergenza di vedute emerge nelle discussioni della Consulta di S. Albino senza trovare un punto d'incontro più meditato e consapevole. C'è uno zoccolo duro di anziani che hanno memoria di una struttura del quartiere che probabilmente non esiste più da tempo e che gli altri giustamente faticano a cogliere. Ma  questa storia si muove ancora in modo sotterraneo e produce ancora i suoi effetti. Si pensi al fatto che la sede centrale della Parrocchia ora non è più né a S. Albino né a San Damiano (territori della Parrocchia) ma a Brugherio. Idem per la Scuola media De Filippo, nata come scuola consortile per i giovani di S.Albino e San Damiano per evitare loro trasferimenti quotidiani in bus nei due centri capoluogo. O come la banda. La consapevolezza di tale storia potrebbe però anche fornirci nuove risposte per rinsaldare almeno in chiave difensiva e rivendicativa i legami fra quelli che ora sono entrambi due quartieri periferici divisi solo dal Canale Villoresi e dai confiniamministrativi. Tra l'altro solo in parte visto che una parte sia pur minoritaria di S.Albino dipende da Brugherio e non da Monza. 
S.Albino, a dire la verità è stato fino ai primi decenni del 1900 costituito da piccoli nuclei di abitazioni "centrali" e di cascine periferiche suddivise fra ben 4 amministrazioni comunali diverse (Monza, Concorezzo, Brugherio e Agrate). Questo non poteva non  aver conseguenze su un tessuto sociale che ha sempre faticato a trovare un comune punto di aggregazione. Ai primi del 1900 è sorto il Circolo De Amicis di ispirazione socialista che ha aggregato i laici. Ma da sempre l'elemento cardine della collettività è stata la Parrocchia. E già a questo punto si innesca una problematica del tutto specifica del nostro territorio. Da sempre la Parrocchia, elemento primario della socializzazione è stata Parrocchia di S. Albino e San Damiano. Questo elemento ha da un lato creato una relazione strettissima tra le due comunità e prodotto tantissime emanazioni comuni (dalle società sportive alla Banda fino alla Scuola media consortile Eduardo De Filippo di Viale S. Anna). Ma ha anche creato conflitti politici che hanno impedito la creazione alla fine della seconda guerra di un comune unico. A quanto mi risulta la popolazione era assolutamente favorevole ma i politici "di Monza e di Milano" si opposero. Questa vicenda storica è nota ai "vecchi" ma poco nota a tutti color che hanno meno di 70 anni. Men che meno a chi è arrivato negli ultimi decenni. Questa diversa "storia" che ciascuno si porta dietro sfocia spesso anche in difficoltà di dialogo all'interno della Consulta.
Un altro elemento interessante è la denuncia della scomparsa di un "Terzo spazio". Il primo spazio è quello della vita privata. ll secondo è quello dei ruoli pubblici (banalmente, ad esempio il luogo di lavoro). Il terzo spazio è fatto invece di luoghi di incontro e di scambio in cui la gente può sedersi a chiacchierare, a passare il tempo assieme in modi disinteressato (e senza dover pagare, come avviene invece nei bar  o nei centri commerciali). Questa assenza di terzo spazio ha un impatto gravissimo considerando che ad es. a Milano il 52% delle famiglie è composta da una persona sola e che continua ad aumentare una fascia d'età molto elevata che ha evidentemente maggiori difficoltà di spostamento ecc. Queste considerazioni rivalutano un po' il senso del nostro spazio di "Scambio libri" che nato per un interesse primario di tipo culturale sta diventando sempre di più uno spazio informale di incontro per chi ha voglia di stare insieme a chiacchierare.

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