15/12 - Dal primo transistor ai moderni chip: l’evoluzione dell’elettronica
Tablet, smartphones, ma anche telecamere, macchine fotografiche e forni a microonde: tutto ciò è stato reso possibile solo grazie all’evoluzione della moderna elettronica. Stiamo parlando insomma dei transistor. Messo a punto già nel 1947, il transistor sfrutta la possibilità di controllare una corrente elettrica che scorre tra due componenti, grazie ad una corrente (più debole) applicata ad un terzo elemento. Antenate del transistor furono le valvole a triodo (risalenti al 1907), congegni che, pur avvicinandosi nel loro funzionamento al futuro transistor, non potevano consentire le possibilità di miniaturizzazione garantite dal loro successore (erano, di base, dei tubi di vetro dentro cui era creato il vuoto – provateci voi a ficcare una roba del genere nel vostro telefono). I transistor ridussero le dimensioni ed aumentarono l'efficacia dei calcolatori elettronici, finché – perfezionamento dopo perfezionamento – nel 1958 John Kilby potè realizzare il primocircuito integrato: un insieme di transistor incapsulati in un unico componente. A quel punto, fu possibile a Federico Faggin ridurre ulteriormente le dimensioni delle unità elettroniche, creando nel 1971 il primo microprocessore. Pur notevoli, questi sono comunque esempi di elettronica analogica, cioè elettronica che sfrutta segnali elaborati in modo contino nel tempo. La quasi totalità dei congegni elettronici in uso oggi sfrutta segnali discontinui e ottenuti con due soli livelli di tensione, è l'elettronica digitale: on/off, uno/zero, flip/flop. Con l’avvento dei software e dei moderni linguaggi di programmazione sono poi comparsi sviluppi via via più articolati e complessi dei microprocessori, dai microcontrollori fino ai FPGA (Field Programmable Gate Arrays), fino ad arrivare alle apparecchiature contemporanee, il numero di transistor nei cui circuiti ha ormai sorpassato i miliardi. |
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