Un intervento di Lab Monza che condividiamo
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LabMonza
GIORNATA PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA SULLE DONNE - OLTRE I MANIFESTI: C'E' DA FARE DI PIU'
La violenza sulle donne è anche un problema monzese. Negli ultimi mesi le volontarie del CADOM, centro aiuto donne maltrattate, attivo sul territorio dal 1994, stanno registrando un preoccupante aumento dei colloqui. Nel corso del 2020 le forze di polizia del territorio di Monza e Brianza hanno raccolto 732 denunce per stalking, lesioni, minacce, maltrattamenti in famiglia e violenze sessuali. Tutte hanno avuto come vittima una donna. Un problema strutturale, non un'emergenza. Un filo rosso, non casi isolati.
In occasione della giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne torniamo a sottolineare assieme a tante altre voci che si tratti di violenza radicata nella nostra società e non di un’emergenza transitoria, e che in quanto tale debba essere affrontata.
Tuttavia, a livello nazionale, il finanziamento dei centri antiviolenza è carente. Come denuncia il report ActionAid, il decreto Cura Italia prevedeva lo stanziamento di 3 milioni di euro per le case rifugio, di cui solo l’1% è stato liquidato. Inoltre, se la prima versione del PNRR, piano nazionale di ripresa e resilienza, prevedeva delle proposte di intervento contro il fenomeno della violenza di genere, oggi le iniziative riguardanti la prevenzione, l’inserimento lavorativo e l’autonomia abitativa sono scomparse.
A livello locale, il definanziamento dei centri antiviolenza ha colpito in maniera feroce le realtà territoriali più radicate, che sono state costrette a chiudere le loro sedi.
Non dimentichiamo inoltre che la Regione, col suffragio di alcuni comuni (tra cui, tristemente, anche quello in cui operiamo), ha compromesso il diritto all’anonimato delle vittime che si rivolgono ai centri antiviolenza, imponendo che se ne chiedessero i dati sensibili.
Gli episodi di violenza fisica, economica, psicologica, sessuale, nel frattempo, continuano ad essere all’ordine del giorno.
Non bastano i manifesti: per combattere la violenza di genere servono educazione, ascolto, lotta e speranza. Servono progetti e finanziamenti. Serve rispetto per le storie personali e sostegno alle vittime, anche potenziali. Pensiamo che una società giusta, una politica lungimirante, non possa occuparsi solo di tamponare i danni, ma debba agire alla radice per decostruire la cultura ancora profondamente patriarcale che ci permea. Tutto questo non si fa con la cartellonistica: vogliamo azioni concrete e politiche mirate.