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lunedì 12 aprile 2021

ASFALTI BRIANZA - LA DETERMINA DELLA PROVINCIA (24/3/2021) CHIARISCE CHE NULLA E' IN REGOLA, CHE VI SONO GRAVI RISCHI PER LA SALUTE (E CHE L'AUA E' DECADUTA)










Premessa: come sempre le conclusioni che tiriamo le potete verificare direttamente di persona leggendo i documenti che alleghiamo sotto.

CQSASD


L'azienda è sequestrata dalla Procura della Repubblica di Monza per proprie indagini i cui contenuti ovviamente sono secretati. 

A noi sembra che le motivazioni addotte per il rigetto dell'istanza configurino automaticamente il ritiro dell'autorizzazione originaria del 2016. Essa infatti era stata concessa preventivamente solo a patto che Asfalti Brianza assolvesse tempestivamente ad alcuni adempimenti indispensabili che in realtà a tutto oggi risultano inevasi. 

  • La sistemazione degli scarichi di prima pioggia e fognari andava eseguita entro 180 gg.. Inoltre andava garantita l'impermeabilizzazione a tutela della falda e il rispetto di almeno 200 m. di distanza dal pozzo di acqua potabile ivi presente. Sono passati 5 anni e nulla è stato fatto (nonostante una decina di "tavoli" e Conferenze servizi dedicate e altrettante richieste e solecitazioni).
  • Asfalti Brianza avrebbe dovuto poi certificare tempestivamente la mancanza di molestie olfattive e la non nocività delle emissioni. Cosa mai avvenuta. Come ha affermato anche ATS MB in questa occasione già nel 2018 l'Azienda stessa aveva dovuto ammettere (nella propria relazione di parte firmata da Osmotech) la presenza di emissioni tossiche e anche potenzialmente cancerogene anche se affermava che il raggio a rischio si limitava a soli (si fa per dire) 500 m (ci sono case a 50 m.). Il controllo ARPA del 30/6/2020 ha certificato la presenza di emissioni tossiche e potenzialmente cancerogene. ATS ha rilanciato queste preoccupazioni chiarendo che oltre a quanto già contenuto nella relazione Osmotech sopra citata e oltre alle pesanti risultanze delle rilevazioni al camino fatte da ARPA il 30/6/2020 anche le rilevazioni fatte mediate centraline poste a Concorezzo e nei comuni circostanti confermano dati molto critici. Anche negli ulteriori dati integrativi proposti ad agosto 2020 da AB l'Azienda non ha fornito, lamenta ATS, gli indispensabili dati relativi alle emissioni di COV. Insomma l'ennesima produzione di carta  priva di dati seri.

Questi soli elementi bastano a far decadere totalmente la legittimità dell'AUA rilasciata nel 2016. Senza contare un'infinità di altre irregolarità certificate: assenza di registri delle manutenzioni, assenza di segnali indispensabili alla sicurezza in caso di incidente, irregolarità impiantistiche di vario genere (nastro trasportatore abusivo, allacciamenti al camino non autorizzati ecc.) , mancata documentazione del materiale accumulato, mancanza di registri relativi al ciclo produttivo, impossibilità di verificare l'impermeabilizzazione e gli scarichi eventualmente presenti sotto l'immensa e illegittima montagna di presunto fresato, impossibilità di verificare il mancato inquinamento della falda, violazione dei 200 mt. di rispetto per il pozzo di acqua potabile, debiti con INPS e INAIL per mancati versamenti contributivi ecc. ecc.).

Chi di dovere provveda all'annullamento dell'AUA del 2016.

CQSASD  













martedì 26 gennaio 2021

ASFALTI BRIANZA : LA PROVINCIA VIETA AD AB DI ACCUMULARE E RECUPERARE RIFIUTI (da NOIBRUGHERIO)

...e la cancellazione dal registro delle aziende autorizzate a queste attività.

Grazie a Simone Castelli per la disponibilità e l'impegno.

CQSASD 




venerdì 14 agosto 2020

12-8-2020 - ASFALTI BRIANZA : LA PROVINCIA RESPINGE LE RICHIESTE DI AB! ENTRO IL 30/9/2020 DOVRA' SMALTIRE LA MONTAGNA ILLEGALE!




Fondamentale presa di posizione della Provincia che finalmente dice stop alle vergognose pretese di questa azienda inquinante e sempre inadempiente che entro il 30/9/2020 dovrà smaltire la montagna illegale INDIPENDENTEMENTE DA QUALSIASI DECISIONE POSSA ESSERE PRESA DALLA PROSSIMA CONFERENZA DI SERVIZI.
Vedi anche il commento de "La Rondine" di Concorezzo con cui ci troviamo, come sempre, in pieno accordo

https://comitatoquartieresantalbino.blogspot.com/2020/08/asfalti-brianza-va-chiusa.html


CQSASD








VEDI ANCHE IL DOCUMENTO DEL 29/7/2020
















































E questa era la vergognosa lettera di Asfalti Brianza che pensava di sanare le infinite manchevolezze bruciandoci nei polmoni, in nome dell'economia circolare e dell'interesse collettivo (!!) l'enorme eccesso di materiale stoccato (30.000 mc. a fronte del 1.200 consentiti dall' AUA). Materiale, ricordiamo ancora privo di qualsiasi caratterizzazione (non si sa da dove viene e di cosa sia composto).























venerdì 7 agosto 2020

DOPO AVER SPERIMENTATO PER SEI ANNI L'ACCONDISCENDENZA DELLE ISTITUZIONI ORA ASFALTI BRIANZA TENTA IL RICATTO FINALE

Come risponde Asfalti Brianza all'ennesimo sequestro imposto dalla Procura della Repubblica? Nel suo stile fatto di furbizia e arroganza. Un atteggiamento comprensibile alla luce di ben sei anni di accondiscendenza vergognosa da parte di Istituzioni ed enti di controllo che danno all'Azienda una più che fondata sensazione di impunità.

Dopo un primo sequestro per illecita gestione dei rifiuti la Procura, su dati anomali contenuti nella Relazione ARPA che Capitanio ci racconta nella sua versione poco corretta,  li sequestra per la seconda volta per emissioni nocive.
Si è già contestato loro di aver illecitamente accumulato fresato per un quantitativo 20 volte superiore al dovuto. L'AUA vigente ribadisce che non hanno mai potuto e non potranno mai neppure usarlo, il fresato. Oltretutto il vecchio sito produttivo (proprietà Ferrario) al momento della voltura AUA aveva nel tabellario del materiale stoccato con il codice CER 170301 ovvero recupero di manto stradale con presenza di catrame (estremamente inquinante se riutilizzato) e carbone. La "montagna di fresato" accumulata da Asfalti Brianza non ha alcuna caratterizzazione. Non si sa da dove viene e da cosa è composta. Al limite potrebbe trattarsi di scorie nucleari. Nel verbale ARPA del 4/9/2019 Bianchi ha già ammesso di aver usato il fresato nella produzione contro ogni norma vigente. Il Sindaco Capitanio in persona ha spiegato alle Iene che uno smaltimento regolare richiederebbe 15/30 camion al giorno per 60/90 gg. e "una milionata". Abbiamo sempre sostenuto che quella montagna è per AB una assicurazione sulla vita che consente di ricattare il Comune di Concorezzo: se mi dai fastidio fallisco e ti resta sul gobbo la milionata da accollare ai tuoi elettori.
Ed ecco che come da noi previsto l'Azienda, irregolare in tutto e priva di ogni credibillità (lo ha detto persino il nostro Vicesindaco!)  richiede una nuova AUA per usare il fresato nella  produzione!
E' un po' come se qualcuno, riconosciuto colpevole di averti ammazzato il cane, al posto della pena e in nome dell'economia circolare chiedesse l'autorizzazione ad arrostirlo e a fartelo mangiare.

Vediamo a che punto di "disponibilità" sono pronti ad arrivare, ancora una volta, il Sindaco di Concorezzo e la Provincia di Monza e Brianza, magari accordandosi con l'Azienda al prossimo tavolo della Prefettura. Poveri noi cittadini!

CQSASD



venerdì 24 luglio 2020

ASFALTI BRIANZA - BRIANZA RETE COMUNE CHIEDE CONTO ALLA PROVINCIA (SPECIE ALLA LUCE DELLA PERIZIA DEL COMUNE DI CONCOREZZO)

Il gruppo BrianzaReteComune torna sulla vicenda di Asfalti Brianza.
Dopo aver sollevato in Consiglio Provinciale la vicenda dello stabilimento di Concorezzo già nello scorso mese di ottobre 2019 e dopo l’interrogazione consiliare rivolta al Presidente nello scorso mese di maggio, i consiglieri di BrianzaReteComune hanno presentato una nuova interrogazione per chiedere ulteriori informazioni e aggiornamenti, alla luce degli ultimi sviluppi.
In particolare, l’interrogazione fa riferimento alla perizia eseguita dal Comune di Concorezzo che è stata presentata in Provincia e alle dichiarazioni del sindaco Capitanio che ha invocato un intervento dell’ente provinciale richiamando le responsabilità della Provincia sulla sospensione o revoca dell’autorizzazione in essere.
Allo stato attuale permangono situazioni di inadempienza che generano incertezze e preoccupazioni, soprattutto tra i cittadini residenti, costretti a vivere una condizione di insicurezza dal punto di vista della salute.
Ci sembra necessario un approfondimento rispetto alle valutazioni della Provincia sulla sospensione o revoca dell’AUA.

sabato 27 giugno 2020

DIFFIDA PER LA FOGNA AD ASFALTI BRIANZA DALLA PROVINCIA (DI BORGONOVO) - COSTRETTI A 30 GG DI BUGLIOLO!



Concorezzo.org è il megafono della Giunta concorezzese. Direttore responsabile il senatore Massimiliano Capitanio, gemello del Sindaco: ieri ha accusato Paolo Teruzzi del Comitato di "non volere risolvere il problema per non rimanere politicamente disoccupato". Rassicuro tutti! Io, Paolo Teruzzi, sono felicemente pensionato INPS, non ho fatto mai politica, neppure da semplice consigliere comunale. Farei perfino fatica a collocarmi in un partito. A differenza di altri sodali della testata non ho mai lavorato in enti pubblici o parapubblici grazie agli appoggi della politica. Ho lavorato 15 anni in un'azienda siderurgica e 25 in enti non profit con tutti i disagi del mondo. Lì ho maturato una pensione piccola ma "sudata". Semplicemente mi infastidisce la puzza in quanto cittadino di Sant'Albino e soprattutto credo che tutti dobbiamo lottare contro il clima magmatico di illegalità, criminalità, interessi, collusione di politici e amministratori che avvelenano non solo la salute ma anche la civiltà del nostro paese.

Fatta questa premessa torniamo al dunque. Concorezzo.org, velina dei Capitanio e Company comunica ieri in anteprima che la Provincia (di Borgonovo, l'inventore della concertazione con Asfalti Brianza) potrebbe fare la voce grossa per via della diffida ATO aperta nei confronti dell'azienda per la scorretta gestione degli scarichi fognari. Una notizia - si dice nell'articolo - che potrebbe preludere alla chiusura.
Nessuno più di noi vorrebbe riacquistare fiducia nelle Istituzioni ma rileggendo le carte di questi ultimi sei anni ci siamo abituati a diversivi ed espedienti d'ogni tipo messi in atto dalla proprietà di Asfalti Brianza ma concessi senza interventi sanzionatori seri (a parte le operazioni della Procura che ovviamente sono secretate).

Dunque, ricapitoliamo:

Abbiamo un'azienda che non ha nulla in regola:

- è azienda insalubre di prima classe (non dovrebbe stare in un centro abitato a meno che non metta in atto misure anti inquinamento feroci con autorizzazioni e monitoraggio costante da parte degli enti pubblici di controllo; cosa che qui non c'è).
- relazione tecnica commissionata da Asfalti Brianza che ammette l'emissione di benzene, toluene, IPA, insomma sostanze cancerogene che per la stessa relazione di parte sono sicuramente nocive entro un raggio di 500 metri (ricordiamo che la relazione delle analisi fatte dalle Iene confermano il tipo di sostanze ma con concentrazioni assai più elevate).
- assenza di un sistema di abbattimento e filti adeguato a contenere queste emissioni (solo filtro a manica che trattiene solo elementi grossolani).
- mai fatta una valutazione di impatto ambientale nonostante i cambiamenti enormi avvenuti sul piano urbanistico, del traffico e dell'inquinamento complessivo dagli anni 50 del 1900 (data di insediamento della ditta originaria, cui Asfalti Brianza si è sostituita mediante volture "automatiche" delle autorizzazioni).
- L'AUA non può più essere valida perché sono state fatte modifiche impiantistiche non autorizzate (bruciatore nuovo; modifiche dell'impianto di abbattimento, nastro trasportatore ecc.).
- il bruciatore non autorizzato e mai messo a regime, del quale nessuno ha fatto una valutazione delle emissioni e che oltretutto comporta una portata 4 volte superiore (con enorme aumento, non a caso, delle segnalazioni di inquinamento e dell'area interessata l'estate scorsa).
- una montagna di "fresato" (30.000 mc, 20 m. d'altezza) di ignota origine e composizione ammassato sul piazzale in misura 6 volte superiore a quanto concesso dall'AUA  
- montagna esposta agli agenti atmosferici con rischio per la falda sottostante.
- piano sotto la montagna presumibilmente non pavimentato a dovere, non impermeabile con rischio di contaminazione della falda (che, dice l'AUA) sta solo 3 metri di ghiaia sotto la superficie, senza alcuno strato argilloso di separazione.
rifiuti pericolosi e non, trovati dai Carabinieri con percolato nel terreno.
- rifiuti posizionati a meno di 200 m. dal pozzo di acqua potabile (cosa vietata dall'AUA e dalla legge).
- utilizzo del fresato ( che non ha documenti per cui potrebbe trattarsi di rifiuti anche molto pericolosi) nella produzione (cosa assolutamente vietata dall'AUA ma ammessa dallo stesso Bianchi durante un sopralluogo di ARPA (vedi verbale). Utilizzo che anche il Sindaco Capitanio ritiene plausibile (video de Le Iene). Sindaco che oltretutto dice che il solo utilizzo di materie prime non può produrre puzze (video de Le Iene). E allora, di fronte ad un rischio così evidente, cosa aspetta ad intervenire per tutelare la salute dei cittadini?
mancato rispetto della scadenza imposta per lo smaltimento (24/1/2020).
- rifiuto finale di effettuare lo smaltimento.
- diffida ATO MB del novembre 2019 per scorretta gestione degli scarichi fognari. Dal 2016 a tuttoggi AB non ha approntato uno scarico fognario e utilizza la fogna di un vicino! (diffida che secondo il buon Capitanio si era risolta, notizia poi rivelatasi falsa).
- 3 anni di tavoli di concertazione, conferenze di servizi ecc. contrassegnati da continui ritardi, rinvii, richieste di proroghe e mancato rispetto degli impegni da parte di Asfalti Brianza 
- CV della proprietà (andate su google)

A fronte di questo Everest di illegalità il Sindaco Capitanio firma l'ennesima insensata ordinanza e la Provincia (di Borgonovo) partorisce ora il topolino di una sanzione di 30 gg. in cui Vincenzo Bianchi e compagni non potranno utilizzare gli scarichi fognari. Insomma dovranno recuperare tutta l'acqua piovana e quella usata per le lavorazioni e trattarla come rifiuto da smaltire. Bianchi e c. dovranno probabilmente fare pipì e "bisogno grosso" in secchi da portarsi a casa. Ma chi controllerà il tutto? Presumibilmente la polizia locale di Concorezzo e la Dottoressa Bossi di ARPA ma solo, come fatto finora, con incursioni a campione o con un programma di evacuazioni concordate a priori.

venerdì 26 giugno 2020

Asfalti Brianza, Provincia minaccia revoca autorizzazione (da Concorezzo.org)


Concorezzo. Un'altra diffida ufficiale ad Asfalti Brianza. Questa volta la Provincia richiama all'ordine l'azienda al centro delle proteste di quattro Comuni, le intima di rispettare le prescrizioni precedenti e le vieta nel modo più assoluto di scaricare le acque meteoriche in fognatura.
La preoccupante vicenda della ditta di via per Imbersago si arricchisce di un nuovo capitolo. Questa mattina al protocollo del Comune di Concorezzo è arrivato il documento firmato da un dirigente dell'ente provinciale.
IL RICHIAMO. Nelle premesse alla diffida si ricorda che ASFALTI BRIANZA S.r.l. non ha svolto tutte le attività necessarie a rientrare dalla Diffida dell’Ufficio ATO MB n. 66/2019, in particolare non ha ancora provveduto ad adeguare la rete fognaria del proprio insediamento produttivo ai dettami del Regolamento Regionale n. 4/2006. Non solo. Il documento evidenzia come l’area di piazzale, tra cui anche quella adibita a stoccaggio di rifiuti non pericolosi, ricade parzialmente in fascia di rispetto di un pozzo a uso idropotabile (denominato “Malcantone”); la mancata rimozione di rifiuti dall’area di piazzale non consente di verificare l’effettiva impermeabilizzazione dell’area. "La suesposta situazione (la mancata rimozione di rifiuti e l’impossibilità di verificare l’effettiva impermeabilizzazione della pavimentazione del piazzale) costituisce una situazione di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente".
INADEMPIENZE. Il documento della Provincia, che arriva a parlare di "revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente", evidenzia, a carico della società ASFALTI BRIANZA S.r.l., "la presenza di inadempienze di tipo tecnico/impiantistico rispetto alle prescrizioni dell’Allegato Tecnico (Parte C) dell’Autorizzazione Dirigenziale R.G. n. 1847/2016 del 24 ottobre 2016; nello specifico, risulta evidente il mancato e perdurante inadempimento da parte dell’Impresa della prescrizione n. 13 dell’Allegato Tecnico (Parte C) dell’Autorizzazione Dirigenziale R.G. n.1847/2016 del 24 ottobre 2016".
LA DIFFIDA. La Provincia ha così deciso di "adottare nei confronti della società ASFALTI BRIANZA S.r.l. un provvedimento di diffida e contestuale sospensione del titolo “autorizzazione agli scarichi in fognatura”, ai sensi dell’articolo 130, comma 1 lett. b) del D.lgs. n. 152/06 e s.m.i., affinché l’attività produttiva sia esercitata nell’integrale rispetto delle prescrizioni dettate dalla vigente Autorizzazione Unica Ambientale (AUA), assegnando quindi all’Impresa interessata una tempistica entro la quale devono essere eliminate dalla Società le inottemperanze alla base del presente provvedimento.
In particolare il documento
DETERMINA
1.       di diffidare, ai sensi dell’articolo 130 comma 1 lett. b) del D.lgs. n. 152/06 e s.m.i., la società ASFALTI BRIANZA S.r.l. - con sede legale e insediamento produttivo in comune di Concorezzo (MB) alla Via per Imbersago n. 134/2 - a ottemperare integralmente le prescrizioni che sono previste dall’Autorizzazione Dirigenziale R.G. n. 1847/2016 del 24 ottobre 2016 e, in particolare, a eseguire tutte le opere di adeguamento della rete fognaria dell’insediamento produttivo;
2.       di sospendere, ai sensi dell’articolo 130 comma 1 lettera b) del D.lgs. n. 152/06 e s.m.i., alla società ASFALTI BRIANZA S.r.l. il titolo “autorizzazione agli scarichi in fognatura”, per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla notificazione del presente provvedimento
E COMUNICA CHE
3.       durante il periodo di sospensione del titolo “autorizzazione agli scarichi in fognatura”, alla società ASFALTI BRIANZA S.r.l. è fatto assoluto divieto di:
a.       scaricare acque meteoriche in fognatura, a eccezione dei reflui domestici (sempre ammessi in pubblica fognatura, nell’osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato e approvati dall’ente di governo dell’ambito) e assimilabili ai domestici
b.       scaricare acque reflue in altro recapito, diverso dalla pubblica fognatura;
4.       la società ASFALTI BRIANZA S.r.l. avrà l’obbligo di gestire le acque meteoriche del proprio insediamento produttivo esclusivamente come rifiuti, conferendole periodicamente a Ditte autorizzate al loro smaltimento/recupero.
A tale scopo, l’Azienda dovrà trasmettere a questa Provincia (nonché al Comune di Concorezzo, all’Ufficio ATO-MB, al Gestore del Servizio Idrico integrato, al Dipartimento ARPA competente per territorio e alla Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Monza e della Brianza) – con una periodicità di 10 giorni – copia della documentazione che attesti l’avvenuto smaltimento delle acque meteoriche provenienti dalle proprie attività (FIR). Si fa presente che qualora la società ASFALTI BRIANZA S.r.l. non ottemperi alle prescrizioni sopra indicate, quest’Amministrazione potrà assumere gli ulteriori provvedimenti che sono previsti dall’art. 130 del D.lgs. n.152/2006 e s.m.i.

martedì 9 giugno 2020

ASFALTI BRIANZA - RICHIESTA AL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI MONZA E BRIANZA



Al tavolo prefettizio del 26/11/2019 era presente il Presidente della Provincia di Monza e Brianza in persona, il leghista Luca Santambrogio.
Ebbene da allora a tutto oggi vorremmo fare presente che Asfalti Brianza lavora in totale dispregio delle norme autorizzative. 
Se il Sindaco di Concorezzo non se la sente di prendersi le proprie responsabilità chiediamo che lo faccia almeno il Presidente Santambrogio.

CQSASD

ed ecco, come sempre un po' di "carte"...

29/07/2019 DOCUMENTO PROVINCIA: NO MODIFICHE SENZA MIA AUTORIZZAZIONE La Provincia comunica che secondo la legge la richiesta avanzata da AB ("modifica non sostanziale") per la sostituzione del bruciatore va preventivamente autorizzata e si riserva 60 gg. di tempo. Per inciso la Provincia (conferenza servizi del gennaio 2020) ha poi rifiutato la richiesta di Asfalti Brianza PERCHE' LA SOSTITUZIONE DEL BRUCIATORE E' UNA MODIFICA SOSTANZIALE. 

13/08/2019 Ordinanza del Comune di Concorezzo per la sostituzione del bruciatore breve sintesi: a fronte di continue segnalazioni il 18/4/2019 si riunisce Tavolo (cui presenziano anche ARPA e ATS). Asfalti Brianza manifesta disponibilità (???) e allora si decide di rinviare procedura DGR 3018 e addivenire ad accordo con l'Azienda (?!). nella Conferenza di Servizi del 4/7/2019  AB si impegna a sostituire il bruciatore e a posizionare avanforno (+ cappa aspirante, alert per il monitoraggio dei filtri, impianto fotovoltaico, cogeneratore + cisterna emulsione) arrivando così ad abbattere il 60-70% delle emissioni odorigene e inquinanti. I lavori, dice la precedente ordinanza) si eseguiranno ad agosto 2019.  Il 5/8/2019 la Provincia comunica che come da norme la modifica (che AB ha presentato come "non sostanziale") andrà preventivamente autorizzata e si riserva 60 gg. per la verifica. Di fronte a questo possibile ritardo il Comune di Concorezzo emette (secondo noi in modo inopportuno) una "ordinaza non contingibile in materia igienico-sanitaria". In realtà l'ordinanza "impone" solo ad AB di mettere il nuovo bruciatore entro il 18/8/2020 (senza autorizzazione provinciale). L'ordinanza non dice nulla rispetto ad altre misure di tutela sanitaria (ma neanche di avanforno, alert ecc.).  NOSTRE ANNOTAZIONI: AD OGGI (8/6/2020) L'UNICO INTERVENTO REALIZZATO E' STATO LA SOSTITUZIONE DEL BRUCIATORE che ha prodotto subito ad agosto 2019 un aumento esponenziale di inquinamento e ampliamento dell'area interessata. Tutto il resto è rimasto sulla carta. Resta l'inadeguato filtro a manica e l'impianto funziona con bruciatore mai   messo a regime né autorizzato (cioè non a norma). Anche l'AUA precedente non può più essere considerata valida.

21/1/2020 PROVINCIA: DETERMINA FINALE CONFERENZA SERVIZI

La Provincia prende atto della rinuncia presentata da Asfalti Brianza a nuova AUA per modifica non sostanziale (AB a quanto pare può fare regolarmente quel che le pare e si ripromette di fare futura richiesta per modifica sostanziale) e decreta conclusione negativa della Conferenza di servizi.
La Provincia a questo punto chiarisce che:
AB non è autorizzata a svolgere l'attività di gestione rifiuti (messa in riserva e recupero di rifiuti non pericolosi).
Inoltre AB non è autorizzata a installare le strutture mobili di contenimento (capannoni mobili e strutture di convogliamento emissioni).

Per quanto attiene al nuovo bruciatore la Provincia dichiara che esso è stato installato su ordinanza sindacale (del 13/8/2019). "Questa Provincia rinvia pertanto" al Comune di Concorezzo la verifica della ottemperanza della suddetta Ordinanza sindacale (nostra nota: che non contiene alcuna altra indicazione oltre all'ordine di installazione).

Un rimpallo di responsabilità che pagano i cittadini.

RISULTATO : UN BRUCIATORE NUOVO CHE DALLA SUA INSTALLAZIONE HA PEGGIORATO DI MOLTO LA SITUAZIONE BUTTA I SUOI MIASMI SENZA CHE NESSUNO LO ABBIA AUTORIZZATO NE' MESSO A REGIME. INOLTRE L'AZIENDA LAVORA CON UN'AUA CHE NON PUO' PIU' ESSERE VALIDA VISTO IL CAMBIO DEL BRUCIATORE.

CQSASD

Per corroborare una scelta decisa forniamo al Presidente della Provincia qualche osservazione finale:

Asfalti Brianza : emissioni anomale con abbondanti e annose segnalazioni , valutazioni inesistenti, monitoraggi inadegati

Questo impianto non ha avuto al momento della sua collocazione:
1. una valutazione di impatto ambientale che ne dimostrasse la compatibilità con il sito in cui collocato
2. una istruttoria che ai sensi della normativa sulle industrie insalubri di prima classe ne verificasse la compatibilità sanitaria
3. mancanza di controlli sistematici in grado di fornire risposte certe alle numerose segnalazioni dei cittadini che subiscono i disagi prodotti dall’impianto
4. monitoraggi inadeguati da parte degli enti di controllo.
5. un atteggiamento, da parte delle Amministrazioni non trasparente e soprattutto non coinvolgente i cittadini nell'affrontare la  questione dei disagi manifestati. 




e qualche indicazione normativa 



1) IL FRESATO E' UN RIFIUTO 


IL FRESATO È RIFIUTO
La Corte di Cassazione [NOTA 5], con sentenza n. 37168 del 09/06/2016 ha ribadito che il fresato è classificabile come rifiuto (CER 17.03.01 oppure 17.03.02, il primo pericoloso il secondo solo speciale). Nel caso specifico non una delle condizioni era stata soddisfatta, in particolare: la società condannata svolgeva un’attività che aveva anche come oggetto la produzione del fresato, il concreto riutilizzo del fresato non era certo, il fresato era rilavorato nello stabilimento della società ed infine il processo produttivo non garantiva la tutela dell’ambiente e della salute umana.
La sentenza della Cassazione in commento richiama un’altra pronuncia (sentenza Cassazione n. 46227 del 23 ottobre 2013) che ha escluso anche la classificazione dei materiali bituminosi, provenienti da escavazione o demolizione stradale, come “terre e rocce da scavo” in quanto queste ultime sono costituite da materiali naturali, mentre i materiali bituminosi provengono da lavorazione del petrolio e presentano un evidente potere di contaminazione.

Ora la documentazione presentata in sede sia di istanza di AUA che di rilascio della stessa non ha dimostrato assolutamente che il suddetto fresato possa essere definito come sottoprodotto.


NOTA 5] E’ ormai pacifico che I materiali bituminosi provenienti da lavori di manutenzione stradale siano da considerarsi rifiuti speciali a tutti gli effetti e non sottoprodotti né terre o rocce da scavo.
La Corte di Appello di Firenze condannava il legale rappresentante di una società ad una rilevante pena pecuniaria per violazione dell’art. 256 d.lgs. 152/2006 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata).
La linea di difesa seguita dalla società sosteneva che la fresa d’asfalto, materiale oggetto delle contestazioni, era da considerarsi come sottoprodotto, diversamente da quanto sostenuto dall’accusa che riteneva tale materiale, a tutti gli effetti, rifiuto speciale. Inevitabile il ricorso in Cassazione contro la sentenza di condanna.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 37168 del 09/06/2016, rigettava il ricorso ritenendolo infondato.
Le argomentazioni della sentenza richiamano il concetto stesso di sottoprodotto, la cui definizione è riportata dall’art. 184 bis del d.lgs. 152/2006.
Tale articolo stabilisce che è un sottoprodotto e non un rifiuto, qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.
Nel caso specifico non una delle condizioni era stata soddisfatta, in particolare: la società condannata svolgeva un’attività che aveva anche come oggetto la produzione del fresato, il concreto riutilizzo del fresato non era certo, il fresato era rilavorato nello stabilimento della società ed infine il processo produttivo non garantiva la tutela dell’ambiente e della salute umana. Correttamente la Corte di Appello aveva sancito che il fresato d’asfalto andava considerato “rifiuto speciale” e che il comportamento della società aveva violato il succitato art. 256 d.lgs. 152/2006 ed in particolare il comma 1 lett. a), il comma 2 e il comma 4.
La sentenza della Cassazione in commento richiama un’altra pronuncia (sentenza n. 46227 del 23 ottobre 2013) che ha escluso anche la classificazione dei materiali bituminosi, provenienti da escavazione o demolizione stradale, come “terre e rocce da scavo” in quanto queste ultime sono costituite da materiali naturali, mentre i materiali bituminosi provengono da lavorazione del petrolio e presentano un evidente potere di contaminazione.
Entrambe le sentenze eliminano ogni dubbio sulla natura di rifiuto speciale del fresato di asfalto proveniente da lavori di manutenzione straordinaria.
In realtà basta leggere con un minimo di attenzione le condizioni di cui all’art 184 bis del DLvo 152/06 per escludere questa possibilità.
 
Infatti l’art. 2, c. 1, lett. b), definisce residuo di produzione “ogni materiale o sostanza che non è deliberatamente prodotto in un processo di produzione e che può essere o non essere un rifiuto”, con ciò confermando che il sottoprodotto deve scaturire da un processo produttivo (con conseguente esclusione dei residui di consumo o, per esempio, del fresato d’asfalto).



2) NORMATIVA SPECIFICA PER LE AZIENDE INSALUBRI DI PRIMA CLASSE (COME ASFALTI BRIANZA)


Ora è noto come  il T.U.LL.SS. art. 216 comma 2 reciti: “La prima classe comprende quelle che debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni;...”
Il comma 5 articolo 216 del T.U.LL.SS. recita: “Una industria o manifattura la quale sia inserita nella prima classe, può essere permessa nell'abitato, quante volte l'industriale che l'esercita provi che, per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato.”
Il comma 1 articolo 217 del T.U.LL.SS. recita: “Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche, possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il podestà prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza.”
A sua volta la Circolare del 19 marzo 1982, n. 19, prot. n. 403/8.2/459, Ministero della Sanità - Direzione Generale dei Servizi di Igiene Pubblica Div. III, pag. 2 u.c. secondo cui: “…la classificazione delle lavorazioni insalubri non può e non deve rimanere fine a sé stessa esaurendosi in un mero automatismo burocratico” ma occorre: “… un esame specifico e puntuale (il quale) non può essere realisticamente effettuato - in dettaglio - che dall’autorità locale…  È evidente che qualora da tale esame risulti che le cause d’insalubrità potenziale, che hanno determinato l’inclusione dell’attività nella Prima classe dell’elenco, sono state eliminate o quantomeno ridotte in termini accettabili si applica il caso previsto dal 5° comma dell’art. 216 T.U.LL.SS.”.
E’ altresì noto che la normativa sulle industrie insalubri sopra esposta debba essere inserita nella pianificazione comunale come peraltro confermato da una recente sentenza del Consiglio di Stato (sentenza 2751/2014) secondo la quale se è vero che normativa nazionale sulle industrie insalubri (articolo 216 del T.U. n.1265/1934) non prevede un divieto assoluto di collocazione di queste negli abitati,  non è precluso né illogico fissare con norme regolamentari parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U.LL.SS. n.1265/1934 al fine di conseguire una più intensa tutela della salute pubblica (vedi anche Cons. Stato, V n.338/1996).

In particolare la sentenza del Consiglio di Stato 2751/2014 sopra citata afferma autorevolmente:  
1. l’opportunità di una diversa ubicazione se l’impianto è sotto i 500 metri dagli abitati
2. la possibilità di ricollocare l’impianto se non corrisponde ad un adeguato livello occupazionale comparabile con i rischi ambientali sanitari e i danni economici alle abitazioni e ai residenti
3. la possibilità di utilizzare le norme tecniche attuative di un piano urbanistico comunale per stabilire  distanze di sicurezza adeguate (la sentenza fa riferimento a distanze sopra i 100 metri) per le industrie insalubri di 1^ classe  rispetto ai confini di zone residenziali o da preesistenti edifici destinati a residenza

Sempre nella direzione di definire poteri e ruoli di Sindaci e Comuni nella pianificazione della localizzazione delle industrie insalubri di prima classe :
1.Consiglio di Stato Sez. III, n. 4687, del 24 settembre 2013: “Legittimità ordine di chiusura di attività pericolosa per la salute. Spetta al sindaco, all’uopo ausiliato dall’unità sanitaria locale, la valutazione della tollerabilità o meno delle lavorazioni provenienti dalle industrie classificate “insalubri”, e l’esercizio di tale potestà può avvenire in qualsiasi tempo e, quindi, anche in epoca successiva all'attivazione dell’impianto industriale e può estrinsecarsi con l’adozione in via cautelare di interventi finalizzati ad impedire la continuazione o l’evolversi di attività che presentano i caratteri di possibile pericolosità, per effetto di esalazioni, scoli e rifiuti e ciò per contemperare le esigenze di pubblico interesse con quelle dell'attività produttiva “
2. Consiglio di Stato, Sez, V, n. 6264, del 27 dicembre 2013: “Legittimità ordinanza sindacale d’immediata chiusura di impianto e attività pericolosa per la salute.  Spetta al Sindaco, all'uopo ausiliato dalla struttura sanitaria competente, il cui parere tecnico ha funzione consultiva ed endoprocedimentale, la valutazione della tollerabilità, o meno, delle lavorazioni provenienti dalle industrie cosiddette "insalubri", l'esercizio della cui potestà potendo avvenire in ogni tempo e potendo esplicarsi mediante l'adozione, in via cautelare, di interventi finalizzati ad impedire la continuazione o l'evolversi di attività aventi carattere di pericolosità”.
Risulta che l’Amministrazione Comunale competente nel caso in esame non abbia esercitato i poteri riconosciuti al Sindaco alla Giunta e alla struttura dirigenziale da detta normativa anche in contraddizione con quanto affermato nel Piano Strutturale (sopra riportato).

Ne tale comportamento omissivo può essere giustificato dal rilascio delle autorizzazioni nel tempo tanto meno per l’AUA del 2017. Infatti il DPR 133/3/2013 n. 59 (Regolamento recante la disciplina dell'autorizzazione unica ambientale) all’articolo 3 elenca le autorizzazioni settoriali assorbite dall’AUA:
a) autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del titolo IV della sezione II della Parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
b) comunicazione preventiva di cui all'articolo 112 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste;
c) autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all'articolo 269 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
d) autorizzazione generale di cui all'articolo 272 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
e) comunicazione o nulla osta di cui all'articolo 8, commi 4 o comma 6, della legge 26 ottobre 1995, n. 447;
f) autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99;
g) comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli articoli 215 e 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Risulta chiaramente dal suddetto elenco come la lettera della legge non faccia  alcun riferimento ai poteri del Sindaco come Autorità Sanitaria ai sensi dell’articolo più volte citato sopra.  Quindi restano pienamente i poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri anche dopo il rilascio della AUA!

Peraltro la stessa Regione Toscana al punto 8 dell’Autorizzazione Unica Ambientale del 2017 precedentemente citata decreta “di fare salve tutte le altre disposizioni legislative, normative e regolamentari comunque applicabili all’attività autorizzata con il presente atto ed in particolare le disposizioni in materia igienico-sanitaria, edilizio-urbanistica, prevenzione incendi ed infortuni, precisando pertanto che la presente autorizzazione non esonera dalla necessità di conseguimento di altre autorizzazioni o provvedimenti comunque denominati non ricompresi in AUA, previsti dalla normativa vigente per l'esercizio della attività di cui trattasi;”

La suddetta normativa avrebbe quindi richiesto di valutare sin dalla installazione dell’impianto e poi dalle successive modifiche la compatibilità sanitaria dello stesso , questo non è avvenuto attraverso un gioco di rimpallo tra i vari enti come si dimostra di seguito.

3) SANZIONI AMMINISTARTIVE DA APPLICARE IN CASO DI VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI AUTORIZZATIVE 

OMISSIONE DA PARTE DELLE AUTORITÀ COMPETENTI NELL’APPLICARE LE SANZIONI AMMINISTRATIVE IN CASO DI VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI AUTORIZZATORIE
L’Autorizzazione unica ambientale assorbe tra le altre la autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all'articolo 269 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (lettera c) comma 1 articolo 3 Dpr 59/2013). Quindi sotto il profilo istruttorio ma anche sanzionatorio si applicano le procedure e le sanzioni previste in relazione a detta autorizzazione a emissioni aeriformi.
In particolare il comma 4 articolo 268 del DLgs 152/2006 recita:
4. L'autorizzazione stabilisce, ai sensi degli articoli 270 e 271: a) per le emissioni che risultano tecnicamente convogliabili, le modalità di captazione e di convogliamento;
b) per le emissioni convogliate o di cui è stato disposto il convogliamento, i valori limite di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi, i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite e la periodicità dei controlli di competenza del gestore, la quota dei punti di emissione individuata tenuto conto delle relative condizioni tecnico-economiche, il minimo tecnico per gli impianti soggetti a tale condizione e le portate di progetto tali da consentire che le emissioni siano diluite solo nella misura inevitabile dal punto di vista tecnologico e dell'esercizio; devono essere specificamente indicate le sostanze a cui si applicano i valori limite di emissione, le prescrizioni ed i relativi controlli; c) per le emissioni diffuse, apposite prescrizioni finalizzate ad assicurarne il contenimento
.”

Sotto il profilo delle misure amministrative in caso di violazioni delle prescrizioni agli impianti assoggettati ad AUA si applica quindi anche l’articolo 278 del DLgs 152/2006 sui poteri di ordinanza che recita: “1. In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall'autorità giudiziaria, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate;
b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente
.”

Peraltro lo stesso comma 5 articolo 5 Dpr 5972013 (regolamento che disciplina l’AUA applicata anche all’impianto in oggetto) recita: “5. L'autorità competente può comunque imporre il rinnovo dell'autorizzazione, o la revisione delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione stessa, prima della scadenza quando:
a) le prescrizioni stabilite nella stessa impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;
b) nuove disposizioni legislative comunitarie, statali o regionali lo esigono.





4) A PROPOSITO DI EMISSIONI ODORIGENE 



SIGNIFICATIVITÀ SANITARIA DELLE EMISSIONI ODORIGE
Le emissioni odorigene protratte nel tempo, a prescindere dal rispetto dei limiti di legge dei valori degli inquinanti emessi, possono produrre in sé danni alla salute.
Si veda in particolare Visto quanto afferma Arpat nel suo bollettino informativo Arpat news del 11/11/2011 n. 217: “la percezione del disagio è esclusivamente di natura personale e può anche diventare una componente di sofferenza psicologica. Una possibile riflessione generale, potrebbe portare a pensare che una prolungata esposizione ad un disturbo, può provocare una sensibilizzazione nella popolazione esposta, generando anche importanti stati d'ansia, che a lungo andare, scalzano il problema stesso, diventando la principale fonte di disturbo. Il tempestivo intervento è quindi da auspicare per contenere questa possibile risposta ansiogena, limitando la deriva e contendo così il problema all'origine."
La stessa Associazione Italiana Bitume Asfalto e Autostrade (SITEB) in una recente pubblicazione “Conglomerati bituminosi : Caratterizzazione e contenimento delle emissioni odorigene e atmosferiche”ha individuato specificità precise in relazione alle emissioni odorigene distinguendole da quelle diffuse e da particolato. In particolare la pubblicazione individua una serie di prescrizioni per limitare o addirittura eliminare le emissioni odorigene nelle attività di produzione dei conglomerati bituminosi, prescrizioni e cautele non prese in considerazione dalla nuova AUA




RIMOZIONE DELLA NORMATIVA E GIURISPRUDENZA CHE IMPONGONO DI INTERVENIRE PER IMPORRE PRESCRIZIONI AL FINE DI LIMITARE LE EMISSIONI ODORIGENE
La lettera a) comma 1 articolo 268 del D.Lgs. 152/2006 così definisce l’inquinamento atmosferico “a) inquinamento atmosferico: ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente;”. Quindi non vi è dubbio che le emissioni odorigene rientrano in tale definizione in quanto possono costituire pericolo per la salute o per l’ambiente e/o compromettere gli usi legittimi dell’ambiente stesso;

Alla luce della sopra citata normativa nelle autorizzazioni a nuove attività, che possono potenzialmente produrre emissioni odorigene, si possono inserire limiti alle emissioni odorigene (sia direttamente da parte del Comune se di competenza comunale o su richiesta del Comune) all’interno del procedimento di revisione delle autorizzazioni vigenti anche all’impianto in oggetto;

In materia è significativa la sentenza della Cassazione sezione penale n. 36905 del 14/9/2015 che in materia di emissioni odorigene e della loro rilevanza penale ha affermato i seguenti principi:
1. Costituisce principio consolidato di questa Suprema Corte (che va qui ribadito) che la contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen. è reato configurabile in presenza anche di "molestie olfattive" promananti da impianto munito di autorizzazione, in quanto non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione del criterio della "stretta tollerabilità" quale parametro di legalità dell'emissione, attesa l'inidoneità ad approntare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana di quello della "normale tollerabilità";
2. Per la realizzazione del reato ex articolo 674 del Codice Penale è sufficiente l'apprezzamento diretto delle conseguenze moleste da parte anche solo di alcune persone, dalla cui testimonianza il giudice può logicamente trarre elementi per ritenere l'oggettiva sussistenza del reato, a prescindere dal fatto che tutte le persone siano state interessate o meno dallo stesso fenomeno o che alcune non l'abbiano percepito affatto. Ne è necessario un accertamento tecnico;
3. Laddove trattandosi di odori manchi la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni dei testi, soprattutto se si tratta di persone a diretta conoscenza dei fatti, come i vicini, o particolarmente qualificate, come gli agenti di polizia e gli organi di controllo della USL;
4. Ove risulti l'intollerabilità, non rileva, al fine di escludere l'elemento soggettivo del reato, l'eventuale adozione di tecnologie dirette a limitare le emissioni, essendo evidente che non sono state idonee o sufficienti ad eliminare l'evento che la normativa intende evitare e sanziona;
5. La definizione di odori “normali”, quali quelli provenienti da un impianto di rifiuti, affermata dai testimoni favorevole alla ditta condannata, sottende questa sì un giudizio soggettivo e non si pone in logico contrasto con il fatto che un elevato numero di altre persone fosse concretamente esposta a esalazioni nauseabonde;
6. Qualsiasi monitoraggio delle emissioni odorigene non può fondarsi su modelli astratti ma sull’applicazione dei modelli in uso alla concreta realtà;

A sua volta il Consiglio di Stato (sentenza n. 4588 del 10/9/2014) ha affermato il principio di precauzione per cui a prescindere dal rispetto dei limiti inquinanti previsti dalla normativa sulle emissioni atmosferiche, se, sulla base di adeguata documentazione scientifica, si dimostra persistere un probabile rischio sanitario per i cittadini residenti, l’autorità competente può negare l’autorizzazione o revocarla in fase di revisione/adeguamento od imporre prescrizioni che eliminino il problema delle emissioni odorigene.

Sul rapporto tra principio di precauzione e possibilità di non rilasciare o addirittura di revocare un autorizzazione da parte delle autorità competenti, si veda  TAR Piemonte Sez. I n. 99 del 22 gennaio 2018. Secondo questa sentenza: Il principio di precauzione implica l’esistenza di un rischio potenziale per la salute e per l’ambiente, ma non richiede l’esistenza di evidenze scientifiche consolidate sul collegamento tra la causa, fonte del rischio, e l’effetto negativo. La sua applicazione comporta dunque che, ogni qual volta non vi sia certezza dei rischi di un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione delle Autorità competenti deve tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti, o solo potenziali.  La valutazione di tali rischi deve essere seria e prudenziale, condotta alla stregua dell'attuale stato delle conoscenze scientifiche disponibili, e può anche condurre a non autorizzare l’attività pericolosa nel caso in cui, anche utilizzando le migliori tecniche disponibili, non sia possibile scongiurare con ragionevole certezza l’insorgere di danni per l’ambiente e per la salute umana. Questo, specialmente davanti all’evidente sproporzione tra l’utilità (pubblica e privata) derivante dall’attività pericolosa (nella specie, la possibilità di conferire rifiuti pericolosi in un nuovo sito di discarica) e gli effetti potenzialmente disastrosi derivanti dall’ipotetico realizzarsi dei rischi ad essa sottesi (nella specie, la contaminazione di sistemi acquiferi profondi, in un’area in cui sono presenti pozzi a servizio dei Comuni).”

Quindi anche alla luce della suddetta normativa e giurisprudenza si può affermare che in situazioni di manifesti e perduranti disagi sanitari prodotti da un impianto non risulta sufficiente, dalle esperienze sul campo delle varie Arpa, valutare il progetto in termini “classici” di rispondenza tecnico impiantistica degli impianti di abbattimento alle migliori Tecniche disponibili, ma anche e soprattutto in termini di resa di abbattimento degli odori e che quindi occorre individuare uno STRUMENTO che permetta agli Enti e all’azienda, il controllo ed il monitoraggio degli odori una volta autorizzato il progetto, che non sia la mera fissazione di un valore limite dei singoli inquinanti come invece viene fatto nella recente AUA. Lo strumento può essere quello di fissare limiti in unità odometriche (U.O.) e modelli di monitoraggio periodici delle emissioni odorigene

Questo obiettivo è confermato dalla nuova normativa nazionale (DLGS 183/2017 che ha introdotto l’articolo 272-bis nel DLgs 152/2006) che conferma la necessità  di imporre prescrizioni e limiti di emissioni odorigene all’interno delle autorizzazioni alle emissioni anche di impianti come quello in oggetto

Di fronte a tutto ciò, come già riportato in precedenza nel presente esposto, la nuova AUA rilasciata in data 7 luglio 2017 rimuove completamente la problematica delle emissioni odorigene nonostante nella documentazione allegata si ammette la non modifica dell’impianto rispetto al modello gestione precedente. 
A questo occorre aggiungere, come già riportato in precedenza nel presente esposto, la violazione sistematica del punto 8 delle prescrizioni della Autorizzazione alle emissioni del 2010




ed ecco un articolo del 26/11/2019