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mercoledì 21 maggio 2014

SVILUPPO ABITATIVO A S.ALBINO - COMMENTO DI ALESSANDRO POZZI


Buongiorno,
non so se possa interessare ma vorrei motivare ulteriormente la mia posizione espressa, a commento di un precedente articolo, rispetto alle Vs. proposte per il PGT, rispondendo alle controdeduzioni del presente post:
1 – invecchiamento quartiere
Non conosco i dati da voi menzionati; quello che so è che quando andavo alla Manzoni c’erano 2 sezioni per anno; mi risulta (anche se non ne sono sicuro) che ora ce ne sia una soltanto. Inoltre, come dite anche Voi, un buon numero di bambini arrivano da fuori (soprattutto da S. Damiano). E sono bambini i cui genitori hanno dovuto “emigrare” in cerca di una casa e che qui hanno solo i nonni. Ciò mi sembra indicativo del progressivo invecchiamento della popolazione.
Nel mio piccolo conosco almeno 5 famiglie di amici di S. Albino che una volta sposati sono andati a vivere a S. Damiano. Tutte hanno mandato i figli all’asilo parrocchiale. E di queste 3 mandano i figli alla Manzoni. Non saranno numeri statistici ma è una fotografia della realtà.
2 – Bisogno di alloggi
Sicuramente l’esempio del condominio di via Adda è calzante. Ma perché non parlare ad esempio del condominio di via Bande Nere (accanto alla bocciofila) i cui appartamenti mi risulta siano stati acquistati, in pieno periodo di crisi, prima ancora della conclusione dei lavori.
Ovviamente in questo genere di cose hanno una grossa influenza i prezzi, la posizione, la qualità, le caratteristiche del costruito, … e chi + ne ha, + ne metta.
Penso che se gli amici di cui sopra avessero trovato appartamenti appetibili nel quartiere, magari non si sarebbero trasferiti.
Come già detto non sono del parere di cementificare il verde, né di costruire ecomostri o grattacieli.
Ma non ridurrei gli indici delle aree occupate. Li aumenterei anzi, per incentivare chi ha un terreno, magari occupato solo dalla casettina degli “antenati”, a pensare di vendere a chi potrebbe realizzare qualche micro-intervento plurifamiliare senza ulteriore consumo di suolo.
Incentiverei con premi volumetrici il riuso di aree industriali dismesse (come l’area di via Micca/via Fanfulla da Lodi) Altrimenti ci terremo a vita un’area fatiscente e probabilmente inquinata, attualmente non appetibile per i problemi di bonifica.
E perché non utilizzare aree verdi residuali, ormai nemmeno più coltivate?
Alcuni esempi:
- In via Bande Nere, l’area Candy dietro l’oratorio… quale miglior modo per ottenere il completamento della viabilità fra oratorio e villa del conte;
- le aree di via Sardegna da voi menzionate.
Non ritengo utile commentare in questa sede la notizia degli alloggi ai detenuti (cosa alla quale sono comunque ovviamente contrario).
3 – Quartiere deserto
Non voglio essere polemico ma continuo a non capire come si possano pretendere servizi senza un adeguato bacino di utenza in grado di sostenerli.
Questo vale sia per i servizi pubblici che per quelli privati (banca, posta, negozi di prossimità, attività sportive).
Come ho già detto nel mio precedente intervento, ne abbiamo un esempio lampante a San Damiano dove questi servizi sono presenti non perché siano supportati dall'intervento del pubblico ma perché chi li gestisce ne ha un guadagno dato dal bacino di clientela garantito dalla popolazione residente.
Senza contare che un quartiere più popoloso ha anche un peso “politico” maggiore sulle decisioni dell’Amministrazione Comunale.
Dal mio punto di vista ritengo dunque senza dubbio preferibile uno sviluppo dei servizi autonomo e guidato dagli effettivi bisogni di una comunità in sviluppo, piuttosto che quello forzato o deciso a tavolino, magari da qualche amministratore in vena di promesse elettorali, che non tenga conto delle necessità del contesto in cui i servizi vengono collocati.
Lascerei perdere infine il discorso della vocazione agricola del territorio, a mio avviso anacronistico, e dell'espansionismo della Cina, a meno che non si voglia chiedere all’Amministrazione Comunale di “acquistare” un pezzo di Tavoliere delle Puglie :-).
Grazie per l'attenzione, lo spazio e il confronto.
Alessandro Pozzi