da https://brugheriofutura.wordpress.com/2015/04/17/impianto-rifiuti-s-damianos-albino-ora-spunta-la-copertura/
17/4/2015
Sul numero di Noi Brugherio del 28 marzo scorso, all’interno di un intervista al Consigliere Comunale (e Consigliere Provinciale di Monza e Brianza) Pietro Virtuani, si può leggere la notizia che la proprietà dell’impianto stesso avrebbe dato la disponibilità a realizzare una copertura dell’area di lavorazione dei materiali, per ridurre il disagio acustico dei residenti.
A seguito di tale proposta, non si è fatta attendere la presa di posizione del comitato dei cittadini di San Damiano che da sempre si oppone all’impianto.
Tramite una comunicazione pubblicata su Noi Brugherio del 4 aprile, il comitato sandamianese esprime chiaramente la propria contrarietà all’intervento e ribadisce che l’unica soluzione accettabile per gli abitanti della zona sia la rimozione dell‘impianto stesso: “L’analisi della situazione andrebbe riportata mediaticamente nella completezza dei fatti denunciando non solo le buone intenzioni (copertura dell’impianto) ma anche mettendo in giusto rilievo la superficialità dei controlli tecnici e la poca considerazione della salute dei cittadini che anche lui (il Consigliere Virtuani ndr) dovrebbe tutelare.” […] “È emersa l’intenzione di non rinunciare alle ben più sostanziali rivendicazioni ed azioni in atto. Il Comitato è deciso a continuare il proprio impegno, nell’interesse della collettività sandamianese e nell’osservanza dell’attività della magistratura, chiamata a far luce sui macabri e noti aspetti sottesi alle autorizzazioni amministrative concesse dalle amministrazioni (comunale e provinciale) monzesi.”
Lo stesso comitato ha scritto una lettera al Sindaco di Brugherio nella quale si legge il seguente passaggio (ringraziamo, anche per la foto pubblicata di seguito il blog del comitato Sant’Albino):
“L’autorizzazione Provinciale è stata concessa “in deroga”, ai sensi dell’art. 208 d.lgs 152/2006. Tale disposizione, in combinato con l’art. 272 del d.lgs medesimo, prevede la facoltà di autorizzare l’installazione di un impianto per il trattamento dei rifiuti senza la concorrenza dei presupposti ed autorizzazioni “standard”, laddove però il quantitativo di rifiuti trattati non superi le 180 tonnellate/anno. La Provincia, non si comprende su che basi o con che poteri, ha tuttavia concesso una siffatta autorizzazione “in deroga”, ma per un quantitativo annuo di 2880 tonnellate. Quasi venti volte il limite legislativo! Che potere abbia la predetta amministrazione, con atto amministrativo, di modificare il limite di Legge non è dato sapersi!
Tale circostanza è stata rilevata dall’Arpa con la propria relazione del 30.1.2015, indirizzata alla Provincia di Monza e Brianza, ove, a fronte del predetto rilievo, si è espressamente rimessa alla competente autorità Provinciale l’adozione dei provvedimenti idonei a dirimere tale ASSURDA incongruenza.”
Per ulteriori approfondimenti vi suggeriamo di leggere l’articolo intitolato
IMPIANTO RIFIUTI SPECIALI 2 : Comitato San Damiano: “Meglio inquinati un pelo meno che morti! Ma non va affatto così bene” anch’esso pubblicato sul blog del Comitato Sant’Albino (clicca qui per leggere).
Noi non abbiamo avuto modo di leggere la relazione dell’ARPA del 30/01/2015 cui si fa riferimento nel testo, anche se non abbiamo motivo di dubitare di quanto affermato dal comitato San Damiano. Immaginiamo che quanto indicato nel passaggio citato faccia riferimento alla DDS Lombardia 8213/2009, che contiene gli allegati tecnici relativi alle autorizzazioni generali di attività in deroga secondo l’articolo 272 comma 2 del D.Lgs. 152/06.
Nello specifico, possiamo comunque esprimere alcune considerazioni.
Innanzitutto confermiamo quanto abbiamo sempre sostenuto fin dall’inizio di questa vicenda: gli impianti per il trattamento dei rifiuti che consentono di recuperare e riciclare le materie prime sono indispensabili e rappresentano una risorsa, ma devono essere realizzati in aree industriali lontani dalle abitazioni (come del resto stabilito dallo stesso d.lgs 152/2006, all’art. 196, punto 3:”Le regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, […]”).
Sull’impianto di San Damiano/Sant’Albino pende tuttora un’indagine per stabilire la legittimità della procedura che ha portato all’autorizzazione dell’impianto.
E’ chiaro quindi che, in una situazione del genere, il fatto che un Consigliere Provinciale cerchi di indorare la pillola agli abitanti dei quartieri limitrofi all’impianto, appare quantomeno fuori luogo.
Ciò premesso, risulta abbastanza evidente come l’idea di realizzare una struttura coperta non rappresenti una soluzione. In primo luogo perché non fornirebbe una risposta a tutti i disagi subiti dai cittadini (ad esempio in termini di traffico di veicoli pesanti).
In secondo luogo perché rappresenterebbe una sorta di legittimazione definitiva della struttura, prima che vi sia un pronunciamento definitivo sulla correttezza dell’iter autorizzativo attraverso cui si è giunti alla sua realizzazione.
Infine perché un investimento da parte della Crimo S.r.l., società proprietaria di quest’ultima, quale sarebbe la realizzazione di un capannone o di una copertura di altro tipo, potrebbe rappresentare un elemento di peso utilizzabile dall’azienda ai fini di ottenere un rinnovo dell’autorizzazione alla scadenza dei dieci anni stabiliti dalla legge. Mentre infatti attualmente la Crimo, anche qualora l’autorità giudiziaria considerasse l’autorizzazione all’esercizio ineccepibile e valida a tutti gli effetti, nelle condizioni attuali sarebbe autorizzata a rimanere lì al massimo per dieci anni, concedendo l’edificazione dell’edificio si rischia che possa proseguire l’attività per altri dieci, proprio facendo valere, in sede di richiesta di rinnovo, la motivazione di aver speso risorse per adeguamenti volti alla riduzione dell’impatto ambientale.
E’ chiaro che questo dai cittadini sarebbe considerato inaccettabile. Significherebbe ripetere due volte lo stesso errore di pianificazione territoriale.
In conclusione, riteniamo che l’unica soluzione ragionevole continui ad essere che l’impianto in questione venga chiuso e trasferito su un’area più idonea, a destinazione industriale.