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venerdì 15 maggio 2020

Caso asfalti brianza: si può fare di più! (LABMONZA)








Ringraziamo LABMONZA dell'articolo che contiene anche alcune indicazioni operative per i nostri sindaci.  
CQSASD

foto di MBNews



                                                                           link diretto:   https://www.labmonza.it/caso-asfalti-brianza-si-puo-fare-di-piu/                         





Si è molto parlato del diritto alla salute e alle cure in questi ultimi mesi. Nella nostra provincia si combatte da anni una battaglia per la difesa di questo diritto, cui siamo diventati, volenti o nolenti, finalmente sensibili. Una battaglia per fare chiarezza sui fumi rilasciati dall’azienda Asfalti Brianza s.r.l, che per quanto riguarda Monza ha sempre visto in prima fila il Comitato di Sant’Albino. Il Comitato di questo quartiere, estrema punta a est della città, è in prima fila, insieme ai cittadini dei comuni confinanti, per fare chiarezza una volta per tutte sulla vicenda.

I miasmi che provengono dagli impianti della Asfalti Brianza s.r.l. durante le fasi di produzione del bitume possono risultare nocivi entro i 500 metri di distanza, per stessa ammissione dell’azienda. Ma i fumi emessi dagli stabilimenti sembrano percorrere distanze ben maggiori e spargersi nelle immediate vicinanze: le esalazioni vengono avvertite non solo a Concorezzo, dove si trova l’attività, ma anche a Brugherio, Agrate e Monza. Durante l’estate 2019 sono giunte ai carabinieri oltre 900 segnalazioni per via delle sostanze emesse, che hanno finito per condizionare pesantemente la stessa quotidianità della cittadinanza e della pur sparuta fauna che popola i contesti urbani. Le testimonianze parlano di uccelli che cadono al suolo, dolori allo stomaco, nausea, bruciore agli occhi, episodi di asma, animali domestici che vomitano inspiegabilmente. Le maestre d’asilo sono arrivate a tenere i bambini all’interno delle scuole durante la ricreazione, per evitare che respirassero l’aria tossica.

Che qualcosa non andasse era chiaro sin dal 2014, ma, come denunciato dal consigliere comunale di Concorezzo Francesco Facciuto (della lista civica La Rondine) in una lettera del 10 maggio 2020 alla cittadinanza, “è dovuta intervenire la Procura, per portare all’attenzione delle autorità politiche gli illeciti che erano ben visibili ad occhio nudo”.

Perché dopo mesi di strali tra comuni della provincia brianzola e dirigenza, finalmente a mettere sotto osservazione l’azienda ci hanno pensato gli inquirenti, che ne hanno decretato il sequestro preventivo nel settembre 2019 per delle anomalie nello smaltimento dei rifiuti. 

Dopo circa due mesi la produzione ripartiva, anche se limitatamente, lavorando a temperature più basse e solo di notte, per un massimo di 5 ore e mezza. Nel frattempo, i comuni e la prefettura hanno dovuto lottare contro l’inerzia dell’azienda nel presentare le carte e i documenti, mentre si preparava un piano di verifiche sulle emissioni di concerto con Arpa e ATS, i cui risultati sarebbero dovuti arrivare a metà aprile.

L’epidemia ha solo congelato provvisoriamente il caso. Ora, con la riapertura degli stabilimenti, siamo punto e a capo. I miasmi sono tornati, e con questi le segnalazioni.

In seguito alla riapertura da parte dell’azienda dopo il lockdown, il 13 maggio 2020 i sindaci di tre dei comuni coinvolti (Brugherio, Agrate Brianza e Monza) in una lettera chiedono “risposte chiare in merito a quanto sta accadendo”. Infatti, la riapertura dell’attività era condizionata dallo smaltimento dei rifiuti prodotti dall’azienda – 30mila metri cubi in totale a novembre 2019. Le domande poste dai sindaci sono state queste:

1- Come è avvenuta la rimozione dei rifiuti, che era la condizione seppur parziale delle attività?

2- Si sta lavorando utilizzando il nuovo bruciatore, che però risulta non ancora autorizzato? […]

3- È stata data una risposta in merito alla diffida dell’ATO? [ATO: Ambito Territoriale Ottimale, territori individuati dalle regioni, su cui sono organizzati servizi pubblici integrati come quello idrico o dei rifiuti, ndr].

4- Lo stoccaggio dei rifiuti è stato effettivamente spostato al di fuori del raggio di 200 m di rispetto del pozzo di captazione di Brianzacque?

5- Qual è attualmente il percorso del fresato? [fresato: la “montagna” di scarti di produzione che andava smaltita entro il 24 gennaio, ma pare sia ancora lì, ndr]

6- È stata presentata la richiesta di variante sostanziale ed è stata prodotto la relativa documentazione per l’esame della stessa?

7- È verificata la regolarità  del DURC dell’azienda?


Come LabMonza ci uniamo alle domande poste dai sindaci, ma ci rivolgiamo al Sindaco di Monza perché faccia anche di più. Difatti i comuni limitrofi a Concorezzo come Monza, in quanto interessati dalla possibile emissione di sostanze nocive e inquinanti, possono anche agire in sede civile. Il nostro invito al Sindaco Allevi è di valutare quali interventi siano legalmente perseguibili per imporre un blocco preventivo tramite domanda cautelare e, qualora la presenza di sostanze rischiose fosse verificata, adoperarsi per far cessare le attività produttive pericolose. “I sindaci potrebbero proporre un’azione civile in Tribunale, preceduta eventualmente da una domanda cautelare per far cessare le emissioni” commenta Claudio Colombo di LabMonza “Le lettere, purtroppo, rischiano di risultare da sole uno strumento poco efficace”.

Infine, per chi intendesse approfondire, segnaliamo l’articolo pubblicato dal comitato di quartiere S. Albino (https://comitatoquartieresantalbino.blogspot.com/2020/05/asfalti-brianza-il-punto-dal-comitato.htmlin cui, oltre a un’ampia documentazione in merito alla questione Asfalti Brianza, ci sono le risposte che il comitato ha dato alle obiezioni mosse in merito alla vicenda.

Foto tratta da MbNews.