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lunedì 18 novembre 2024

TRA MILANO E MONZA SETTEMILA MORTI L' ANNO PER L' INQUINAMENTO DA POLVERI SOTTILI E DA BIOSSIDO D'AZOTO





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Secondo il Global Health Institute di Barcellona e il Public Health Institute svizzero, nell’area di Milano e Monza 5mila persone all’anno muoiono prematuramente a causa delle polveri sottili (Pm 2.5) e 2mila per il biossido d’azoto (NO2). 

Secondo IIASA, l’International Institute for Applied System Analysis, il conglomerato urbano Milano-nord più Monza è al primo posto in Europa per decessi prematuri causati dall’inquinamento atmosferico. 


Dati estratti da questo articolo che insiste sulla necessità di realizzare la M5. 

Ma per noi c'è anche l'assoluta necessità di proseguire la M2 almeno fino a a Vimercate!  



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Prolungamento della M5, ecco perché non si può piu rimandare: 5mila morti all'anno per le polveri sottili
https://www.monzatoday.it/attualita/prolungamento-metro-m5-monza-milano-polevri-sottil-smog-morti-html.html
© MonzaToday

MA S.ALBINO NON E' IN BRIANZA??????????????

 


CANTIERE AMPLIAMENTO ELESA - RIMOSSE CISTERNE

Cosa contenevano?




vedi qui il video della rimozione

 https://www.facebook.com/reel/521425450666086

venerdì 15 novembre 2024

NUOVI ALBERI ANCHE A SANT'ALBINO




A Monza 9 strade stanno per essere trasformate in boulevard verdi. L'obiettivo è contribuire a creare un microclima urbano più salubre e abbellire la città.

 

Fine modulo

446 nuovi alberi in 9 strade della città. Che diventeranno così dei boulevard verdi.

Il valore complessivo dell’operazione è di 300mila euro, di cui 100mila finanziati da Camera di Commercio Monza Brianza e Lodi

I boulevard verdi 

Gli alberi verranno piantati lungo diverse vie e aree verdi della città. In particolare verrà integrato con 90 querce il filare di viale Stucchi e verrà realizzato un filare di 150 alberi di Gledizia di diverse varietà in via Adda. Altri 66 alberi tra aceri, querce, tigli e magnolie verranno messi a dimora in via Salvadori; 10 alberi in via Murri.


VEDI QUI IL POST COMPLETO:
A Monza 9 strade stanno per essere trasformate in boulevard verdi
https://www.monzatoday.it/attualita/nuovi-alberi-in-9-strade-diventano-boulevard-verdi.html
© MonzaToday

COME ORGANIZZARE UNO SCAMBIO LIBRI - L'ESPERIENZA DI SANT' ALBINO










Ci è stato chiesto qualche consiglio per il progetto di "Scambio libri" che nascerà a San Biagio. In base alla nostra esperienza di questi sei anni abbiamo stilato una specie di vademecum per chi volesse cimentarsi in un progetto analogo.

CQSASD 


SUGGERIMENTI PER SCAMBIO LIBRI

Domande preliminari:

Ø Chi siamo

Ø Quanti siamo

Ø Cosa vogliamo fare - Obiettivo preliminare (iniziale)

Ø Ogni volta  definire “chi fa cosa”

Ø Definire tempi di apertura regolari (avvisare la popolazione)

Ø Definire in modo condiviso ruoli e regole di gestione delle attività e del gruppo di lavoro

Ø Tipo di utenza cui ci si rivolge (magari in scala di priorità: anziani, studenti, giovani ecc.)

Ø Ipotesi sul tipo di domanda che viene dall’utenza  

Ø Analisi delle risorse attivabili

Consulta e enti partecipanti; scuole del territorio; agenzie educative varie tipo oratori, parrocchia, Scout, centri di aggregazione, società sportive; amministratori e politici sensibili. Mappa delle agenzie pubbliche contattabili (assessorato cultura, servizi sociali ecc.)

Enti profit e possibili finanziatori attivabili (commercianti, associazioni di categoria ecc.)

Associazioni culturali   ecc.

Possibili finanziamenti attraverso bandi e progetti

Domande in itinere

Ø Tipo di domanda che emerge nel tempo dal contatto con l’utenza.

Ø Attivare risposte/modificare tipo di utenza prioritariamente scelta o allargare a più utenze (con risposte diversificate

RAPPORTI CON LA CONSULTA DI QUARTIERE

Partecipare con le altre realtà del quartiere ad eventuali “Patti di cittadinanza”.

La Consulta può fungere da volano delle relazioni con le varie agenzie del territorio e cercare collaborazioni con altri gruppi analoghi di altre consulte. Ad esempio per condividere iniziative culturali (es. presentazione di libri; mostre di foto e quadri; iniziative condivise per giornata della memoria, giornata della donna ecc. ecc. Possibili attivazioni di contatti con “gruppi di lettura” di altre zone (es. San Fruttuoso).

Ø COMUNICAZIONE INTERNA

Raccolta numeri di telefono

Organizzare catena telefonica partecipanti

Creare gruppo whatsapp dei partecipanti

Sempre utile pensare a una periodica supervisione esterna (magari attivando esperti volontari)  

Ø COMUNICAZIONE ESTERNA

Definire uno o più incaricati della gestione

Creare agenda contatti telefonici

Creare gruppi whatsapp dei contatti divisi per tipo (es. giornalisti della stampa locale, oratori, scuole, riferimenti politici ecc. ecc.)

Creare gruppo Facebook (o associarsi a gruppi esistenti nel territorio)

Creare pagina Instagram

PS: Quando si creano i gruppi occorre chiedere autorizzazione agli interessati

Ø STRUMENTAZIONE E TIPO LIBRI ECC.

Se ci sono problemi di spazio può essere necessario rinunciare al ritiro di enciclopedie, dizionari e testi scolastici.

Partire, se possibile, da una buona dotazione di scaffali. Altrimenti rimediare con cassette (tipo quelle della frutta).

Casetta esterna per scambio libri.

Ove possibile strumenti tecnologici necessari per serate/eventi culturali (videoproiettore, telon, portatile, microfono e altoparlante ecc.)  

Ø POSSIBILI FONTI DI FINANZIAMENTO

Vedere se sono attingibili finanziamenti da parte di associazioni come Lyons, Rotary ecc.

Vedere se si può accedere a bandi (Fondo sociale europeo, Bandi Cariplo, Fondazione Monza e Brianza ecc.).

Valutare possibili azioni di autofinanziamento (vendita libri a offerta libera ecc.)

Ø ORGANIZZARE ANGOLO CAFFE’/MERENDA

Spazi informali d’incontro e socializzazione aperto a tutti (con macchina del caffè, bibite, qualche dolcetto).

Ø Emeroteca (giornali e riviste)

Ø CATALOGAZIONE

esistono software per scannerizzare i codici ISBN riportati sui libri e fare automaticamente un elenco.

Altrimenti è possibile suddividerli per tipologia (letteratura straniera, letteratura italiana, fantasy, fantascienza, gialli, saggistica di vario tipo ecc.).

A tal fine in assenza di spazio sufficiente negli scaffali è possibile utilizzare temporaneamente delle cassette da frutta per fare una prima selezione. Poi si possono ordinare per ordine alfabetico le singole categorie.

Infine riporre negli scaffali secondo l’ordine già organizzato con le cassette

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Importante è partire senza troppe aspettative mirando in primo luogo a coltivare le relazioni umane.



mercoledì 13 novembre 2024

MONZA TRADITA? E SANT'ALBINO STA PURE PEGGIO


In campagna elettorale si è promesso: STOP AL CONSUMO DI SUOLO! Ma questa promessa è stata CONTRADDETTA dai fatti.

Ci limitiamo a quello che sta succedendo nella zona est di Monza e a S. Albino.

DECINE E DECINE DI MIGLIAIA di metri quadri di terreno libero e coltivato già sacrificati o che rischiano di esserlo, per la costruzione di capannoni e supermercati.

Sono stati già realizzati recentemente: Eurospin, Audi, e ora l’ampliamento di Elesa.

Poi altri interventi autorizzati come quelli dell’area della ex Fiera. Un’ area pubblica importantissima, alienata dall’amministrazione Scanagatti, messa in vendita da quella di Allevi ed ora definitivamente compromessa per costruire due altri supermercati in un’area già stracolma di traffico e centri commerciali! Era un’area libera che avrebbe potuto essere depavimentata e trasformata in un parcheggio alberato a servizio delle strutture sportive lì vicine (stadio e palazzetto). Ma la Giunta denuncia di avere…le mani legate. Per loro esistono solo i diritti edificatori degli acquirenti. Per molti esperti invece la legge può e deve tutelare sempre e comunque il bene della collettività.

Poi ci sono altri interventi possibili:

Aruba in area Malcantone. Insediamento che questa amministrazione auspica, senza considerare l’impatto urbanistico e ambientale che questo potrebbe avere. Oltretutto in un’area su cui sia Regione che Provincia hanno posto vincoli ambientali tuttora validi.

Altre decine di migliaia di mq di aree comunali poste tra la zona industriale di viale Sicilia e il quartiere Sant’Albino sono state inserite nell’elenco dei beni alienabili e a questo punto cementabili. Il nostro Comitato di quartiere aveva già chiesto che quelle aree venissero restituite alla funzione agricola ai tempi dell’approvazione del PGT attuale, ma i nostri appelli sono rimasti INASCOLTATI. Ora pensate cosa potrebbe succedere al quartiere una volta che tutte quelle aree fossero pavimentate e impermeabilizzate. Nel caso di ormai ricorrenti eventi climatici estremi vogliamo fare la fine di Emilia e Valencia?

Per finire, sempre vicinissime a S. Albino e San Damiano ci sono le Cave Rocca, sulle quali pende un progetto devastante che persino l’Assessora Sassoli (giunta precedente) aveva fermato.

La maggior parte degli interventi citati sono lungo una arteria già ipercongestionata dal traffico, il viale Stucchi, per il quale non è previsto a bilancio nessun intervento viabilistico serio. E’ ben prevedibile per il traffico su S. Damiano e Sant’Albino la completa paralisi, con relativo aumento dell’inquinamento.

La giunta ha promesso consumo di suolo negativo. Chi può crederci?

Ed ecco la parola magica: “compensazioni”. Si devasta il territorio in cambio di un po’ di alberelli e di qualche ciclabile calata dall’alto senza criterio.

Per l’intervento di Elesa, già partito alla grande, siamo ancora in attesa delle fatidiche piantumazioni su aree pubbliche già esistenti (che quindi non compensano affatto la perdita di suolo libero). E dove dovrebbe nascere il promesso “Parco S. Albino” l’unica cosa che s’è vista è l’eliminazione della vegetazione spontanea già esistente.

La giunta promette di sistemare tutto con la variante al PGT. Ma i vari costruttori non attendono nuove disposizioni più penalizzanti e sono già in piena attività edificatoria.

Finora le richieste dei Comitati e delle Associazioni di Monza sono rimaste inascoltate. Un grave autogol per questa giunta che rema contro sé stessa.

Noi le proposte nei nostri Libri bianchi le abbiamo fatte. Ad oggi sono totalmente inascoltate. Quindi è l’amministrazione che rema contro sé stessa e anche contro chi l’ha votata. E’ meglio che cerchi di rimediare sia pure in extremis.




CQSASD

sabato 9 novembre 2024

PRESIDIO ANTIFASCISTA OGGI ALLE 16.30 A MONZA - SIAMO TUTTI ANTIFASCISTI (ANCHE LEALTA' AZIONE???? )

Comunicato stampa: 

presidio antifascista Sabato 9 novembre 2024 h16.30 via Turati 8 Monza 

Sabato 9 novembre alle ore 17 presso il Binario 7 a Monza, è previsto un incontro organizzato da LEALTÀ AZIONE, realtà di estrema destra nata in Lombardia e presente dal 2010 con le proprie sedi a Milano e Monza. 

Lealtà Azione è una diretta emanazione degli ambienti Hammerskin, ma con ambizioni a più ampio raggio. In questi anni si è sviluppata sul territorio nazionale tramite la costituzione di diverse branche, tra cui Memento che ha lo scopo di commemorare i militi della RSI. 

Lealtà Azione ha sottoscritto la dichiarazione prevista dall'amministrazione comunale di Monza per la concessione di spazi pubblici in cui afferma di riconoscersi nei valori antifascisti della Costituzione della Repubblica.

Ci chiediamo cosa significhi e quale valore possa avere questa firma, in quanto tale organizzazione si ispira, tra gli altri, a Ezra Pound (poeta stimatore di Hitler e Mussolini), Léon Degrelle (collaborazionista della Germania nazista, arruolato nelle Waffen-SS), Corneliu Zelia Codreanu (fondatore della Legione dell’Arcangelo Michele, meglio conosciuta come Guardia di Ferro, milizia armata di ispirazione cristiana, fascista e brutalmente antisemita). Quindi, idee e principi diametralmente opposti a quelli sanciti nella nostra Costituzione, che è completamente antifascista ed è nata dalla Resistenza. Chiamiamo tutti i cittadini antifascisti a partecipare al presidio antifascista sabato 9 novembre 2024 dalle 1630 alle 1830 in Via Turati 8 a Monza per ribadire che nell’Italia democratica non devono essere concessi spazi pubblici alle realtà che si richiamano direttamente al fascismo e al nazismo. 

Anpi Monza-Sezione Gianni Citterio

un cooperante di Branco (emanazione solidaristica di Lealtà e Azione) che consegna pacchi (ndr. solo agli italiani). Dal sito di Lealtà e Azione. Notare i tatuaggi storico-commemorativi. 



Sabato 9 Novembre 2024
ore 16.30, via Turati 8, Monza
PRESIDIO ANTIFASCISTA
Nessuno spazio a fascisti e nazisti!

mercoledì 6 novembre 2024

Metodi 4 – QUARTO INCONTRO DEDICATO ALLA FORMAZIONE DELLE CONSULTE DI MONZA


 

Metodi 4 – QUARTO INCONTRO DEDICATO ALLA FORMAZIONE DELLE CONSULTE DI MONZA

 

Tema di oggi: la CO-PROGRAMMAZIONE E LA CO-PROGETTAZIONE

 Le norme di riferimento sono nel codice del 2017 e in particolare nell’art. 55

 Premessa : il Welfare di comunità è una dimensione di lavoro che implica collaborazione  fra PA (Pubblica amministrazione) e 3° settore.

In tale ottica la PA apre ad un lavoro di parternariato con il  3° settore per una migliore  programmazione e progettazione. In questo contesto il 3° settore a sua volta intende partecipare alla programmazione e alla progettazione con PA in un rapporto di reciproca valorizzazione. Questo approccio è definito anche “welfare di comunità” secondo un “principio di sussidiarietà cicolare”.

Nella progettazione ed erogazione di servizi non ci si ferma più al tradizionale bipolarismo STATO – MERCATO  ma si crea un TERZO POLO che non mira solamente, come il mercato, al profitto ma che vuole anche evitare l’ assitenzialismo.

Questo approccio mira a coinvolgere le molte e diverse agenzie pubbliche e del non profit senza escludere neppure il profit del territorio che può dare a sua volta un supporto importante

Ovviamente la legge del 2017 citata sopra è il punto di partenza. Secondo l’art. 5 la PA deve identificare  bisogni e ipotesi di intervento. A questo punto chiede al 3° settore di  ma occorre poi contestualizzare

 

Art 5 pa identifica bisogni e interventi

Chiede al 3° settore di co-progettare. La collaborazione fra pubblico e 3° settore può produrre arricchimento e favorire l’innovazione. Può anche ampliare le risorse in campo.

Per la chiamata a collaborare rivolta al 3° settore la PA segue procedure di evidenza pubblica (bandi).

In Lombardia per esempio la co-progettazione riguarda i “piani sociali di zona”. Sono tavoli permanenti cercano di definire programmazione a lunga durata e una strategia territoriale.

Oggi anche i piani urbanistici possono nascere in questa ottica di co-programmazione (visione verso il futuro) e co-progettazione. La co-progettazione mira a definire e realizzare gli specifici progetti prima co-programmati.

Co-programmazione e co-progettazione sono due cose diverse e hanno una tempistica diversa. Prima si elabora una visione strategica di programma sulla durata (co-programmazione). Solo poi si elaborano e realizzano i progetti che devono concretizzare la programmmazione. Oggi spesso di fa un “progettificio” senza alcuna visione programmatica. 

Un esempio-

Problema anziani – come prevenire il ricovero in istituti? Programmo per i prossimi anni servizi di assitenza domiciliare. E poi li realizzo in progetti concreti nel territorio.

I progetti si fanno in co-progettazione (dopo una co-programmazione che è prioritaria).

L’aumento della complessità e delle fatiche sociali impongono di mettere insieme le forze di diversi attori sociali. Il presupposto è proprio dato da problemi che il singolo attore non può affrontare da solo. Occorrono competenze e idee da mettere assieme per affrontare problemi complessi che il regime di concorrenza o competenze specifiche e separate non possono risolvere.

Passaggi utili: unire le forze diverse; uscire da logiche settoriali; mobilitare assieme le risorse (economiche  ma non solo); coordinare più attori che convergano verso obiettivi comuni (sostanzialmente la cura della propria comuntà). Queste scelte fanno crescere dentro le comunità la solidarietà che non è solo una scelta etica ma anche funzionale a realizzare forme di collaborazione che danno risposte solide ai bisogni del territorio. La autosufficienza oggi non va lontano.

Tutte queste attività richiedon processi virtuosi. Ad esempio apprestare una “cassetta degli attrezzi” con strumenti che ci aiutino a valutare i risultati del lavoro fatto misurandoli nel tempo evalutandone l’impatto sociale ( come e quanto ha funzionato il nostro lavoro?)

Il welfare di comunità come già detto esce da pure logiche assitenzialistiche ma anche dagli interessi esclusivi del mercato.

Richiede e realizza corresponsabilità di molti attori a favore in primo luogo dei più fragili ma anche per una coesione sociale che avvantaggia tutti.

Co-programmazione e co-progettazione sono due processi che vanno assieme.

Creare reti comunità significa creare forme di intelligenza collettiva di cui oggi abbiamo grande bisogno.

martedì 5 novembre 2024

Terzo incontro con “Metodi” (progetto formativo per le Consulte di Monza)




 Terzo incontro con “Metodi” (progetto formativo per le Consulte di Monza) 

Incontro 3 – formatore psicologo di comunità

Tema: Lavoro di rete

Si parte con qualche osservazione sulle criticità

In primo luogo occorre trovare un senso alle cose. Per fare questo occorre TEMPO

Il tempo è un elemento cruciale del lavoro di rete. Lavorare con gli altri richiede TEMPO.  

Oggi la gente dedica sempre più il proprio tempo ad attività individuali. C’è una fuga dalla collettività.

- Abbiamo bisogno di rilanciare la proposta di collettività (rivendicazione che ora sembra appannaggio solo di fanatici, nazionalisti e estremisti religiosi ecc.).

- Dobbiamo costruire aree di conforto in cui riprendere il gusto di stare insieme 

Il lavoro di rete, il coltivare reti può essere la risposta per riportare al centro lo stare insieme agli altri, per ritrovare il senso dello stare insieme e del fare le cose insieme (che non mira semplicemente a “fare le cose e stop”).

Segue brainstorming sul tema della RETE – si propongono varie associazioni di idee 

Ad es. la parole rete ci può portare al calcio, al goal, al raggiungimento di un  obiettivo. La rete può anche essere una protezione ma può anche imbrigliare (come la rete da pesca) – c’è poi la rete come connessione – la rete web – e ancora la rete come tessitura ma anche come lavoro faticoso ecc. ecc.

Da numerosissime ricerche emergono moltissimi aspetti positivi del lavoro di rete:

es. dalle esperienze della psicologia dell’emergenza si evidenzia il fatto che proprio nelle situazioni di crisi  viene a galla il senso di comunità e le strutture sociali esistenti aiutano molto. Ad esempio il relatore parla di progetti durante il Covid a Seriate. In questo caso le reti (formali e informali; con operatori di prossimità) sono emerse visibilmente, soprattutto nel sostegno agli anziani su cose pratiche tipo procurare spesa, ossigeno ecc. 

La costruzione di una rete è faticosa. Perché la rete è composta da persone che mantengono una propria identità e che anzi hanno spesso una forte personalità e identità.

Fare rete oggi è fondamentale perché da soli non ce la si fa ed il welfare sconta grandi problemi economici.

Oggi vi è un diffuso individualismo. NeI lavoro per gli anziani citato è emerso il fatto che spesso vi sono molti servizi ma che non comunicano tra loro. Un obiettivo primario può essere proprio quello di mettere in rete tutti questi soggetti. Il lavoro di rete mira poi a riattivare corresponsabilità e senso civico. Occorre fare in modo che tutti i partecipanti sentano la cosa come propria. Occorre imparare a condividere risorse, non tanto e non solo economiche. Ad esempio si può fare rete per trovare spazi in cui fare cose. La rete mira a creare relazioni fra organizzazioni coordinandole appunto in un reticolo. 

Esiste anche una normativa che favorisce il lavoro di rete ma alle volte anche la questione normativa diventa un peso.

In primo luogo le reti sono fatte di persone con nomi e cognomi e loro personalità e storia. La partecipazione dipende anche da come sono le persone e da come si pongono con gli altri.

Il lavoro di rete avviene anche secondo le indicazioni fornite dalla cosiddetta “teoria dei legami deboli”. Secondo tale teoria le reti possono fondarsi anche su “ legami deboli”, connessioni che si realizzano anche  senza una conoscenza reciproca. Ad es. nel progetto di cui sopra tali “legami deboli” si realizzarono attraverso la rete dei negozianti che divennero dei “natural helpers”, delle sentinelle di quartiere pronte a segnalare ad es. il mancato contatto con un anziano in quel dato giorno ecc.). Reti molto leggere che non impongono impegni gravosi ma che bastano ad agganciare tra loro persone per connetterle in una rete utile.

Questo signifia anche responsabilizzare i territori creando ad esempio delle “ mappe di sentinelle di prossimità”.

Altre reti costituite invece da legami forti sono ad esempio le amicizie.

Consigli per il fare rete: 

trovare qualcosa di importante che ci unisce

chiedersi come possiamo gestire il problema

chiedersi cosa genera questo problema

chiedersi in quale contesto siamo? Tra l’altro spesso abbiamo in testa geografie diverse.

Chiedersi chi sono i soggetti maggiormente interessati

Fare un “sociogramma”, cioè uno schema. Al centro scriviamo il problema. Attorno i vari soggetti attivabili (soggetti pubblici e formali ma anche informali tipo il mondo dei commercianti, degli esercizi frequentati dai giovani ecc.).

Il relatore fa l’esempio di un signore che arriva alla ricerca di libri e pian pano mette in piedi un bookcrossing. Pian piano cominciano ad arrivare altri che magari sentivano solo il bisogno di non stare soli.

Anche l’informalità ha un suo potere. Chiedersi: come li agganciamo? Quali contributi possono dare? Quali passioni hanno attraverso cui agganciarli? Alle persone spesso piace qualcosa e poi scoprono che questa passione si può mettere in rete. Occorre coltivare anche il piacere (non solo il dovere).

Le persone possono essere poi traino per altri. Partire dalle persone più motivati (la cosiddetta tecnica della “palla di neve”).

Per fare tutto ciò occorre uscire dai nostri confini, andare dove le persone stanno. 

Es.  giovani: cercarli nei loro luoghi di aggregazione (locali, parchetti ecc.).  

Costruire luoghi di prossimità anche in spazi non formalizzati.

Tenere presente che non tutti i temi sono interessanti per tutti. Ad esempio il tema della salute mentale di solito è tabù. Ma anche in questo caso il formatore cita esempi in cui pian piano, partendo da iniziative ludiche in quartiere anche persone malate sono entrate in  relazione  e si è scoperto che il tema in realtà toccava direttamente o indirettamente tutto il quartiere. Tutto ciò implica investimento in attività, costruire una visione condivisa, obiettivi comuni di lavoro.

Lavorare sulla vision: “prova a immaginare il quartiere fra 10 anni”. Interessante fare questa domanda a diverse fasce d’età.

Motivare le persone (spostare dal problema alla possibilità di una soluzione).

Dopo aver disegnato questa mappa del problema e delle possibili risorse attivabili occorre definire degli obiettivi (anche pochi ma concreti e avvicinabili). Meglio partire da piccole cose per sperimentare e far sedimentare la collaborazione

Nel lavoro di rete occorre avere funzioni di coordinamento (pratico ma anche delle relazioni; stimolare anche il piacere di connettersi con le persone).

Definire i metodi. 

Ci sono diversi livelli di collaborazione possibili

- Non conosciamo gli altri – cominciamo col conoscerci (almeno per stereotipi iniziali – solo col tempo conosci, davvero facendo cose insieme)

- Alle volte ci si può accontentare di disegnare assieme una mappa dei problemi

- Poi usiamo metodi digitali, riunioni coi coordinatori; passaparola.

Ovviamente a diversi livelli di collaborazione corrispondono diversi modi di cooperazione (ad es. condivisione spazi; fino alla condivisione di rischi, risorse, responsabilità; progettazione partecipata  ecc.).

La collaborazione va curata. La fiducia negli altri va coltivata e protetta. Usare questi spazi come elementi di trasformazione insieme.

SINTESI

La rete può cambiare la nostra visione degli altri. 

Se la cosa non mi interessa non entro in rete

Vi sono cose che impongono tappe progressive di consapevolezza ( vedi l’es. precedente sulla salute mentale).

Cè il tema dei costi/benefici (le persone generose vanno protette o scoppiano). Occorre equilibrio

Occorrono risorse economiche (occorre anche progettare per finanziamenti; spesso conoscere altre esperienze aiuta a progettare assieme – cercare di monetizzare il lavoro di rete)

Ci sono disequilibri di potere nelle comunità (aspetti di personalità ma anche aspetti storici ; elementi da valorizzare ma anche da equilibrare). 

Il tema organizzativo è importante: definire chi fa cosa – informazioni semplici e essenziali - la comunicazione interna ed esterna è importantissima.

Ricerca di obiettivi comuni anche parziali     

Cercare fondi (anche piccoli, tipo quelli che si usano in  USA come mini incentivi da dare a gente del quartiere)


TEMA DEL COORDINAMENO

Alcune buone pratiche:

- Coordinamento - segreteria di rete – rubrica – aggiornamento costante delle nostre mappe – registrare anche contatti fluidi da tenere – invio delle comunicazioni e come farle – distribuzione dei compiti per garantire corresponsabilità e evitare squilibri – facilitazione ( metodi, clima, la gente porta da mangiare, le chiacchere ecc.)

- Progettualità – ricerca fondi – tema dell’efficacia – valutazione dell’evento (ma anche un momento un po’ celebrativo e conviviale; simboli gratificatori ecc.).

- COMUNICAZIONE – MATERIALE PRODOTTO – LINGUAGGIO – 

- problema della  conflittualità (spesso implicita, che lavora sotto sotto).

- Le reti sono fatte di persone che devono sentirsi parte – atteggiamento di ascolto e mediativo – prossimità (essere vicini, conoscere gli altri, rapportarsi a ciascuno secondo modalità adatte e non standardizzate). 

- Conoscere quello che già c’è (valorizzare ciò che c’è già).

- Il tema dei LUOGHI che facilitano. Anche la nostra disposizione fisica è importante.

- Cura delle relazioni 

- Valorizzare  le competenze già esistenti. 

- Atteggiamento accogliente (salutare ecc.; informalità)

- Costruire accordi di rete (es. patti educativi) – scrivere nero su bianco.


Il Tema del coordinam è fondamentale (o c’è rischio di dispersione)

Rete – prima occorre capirne il senso

Il tema degli accordi viene dopo 

Il metodo è importante (orientamento ed efficacia dell’ incontro)

Eterogeneità va bene – ma occorre almeno un piccolo nucleo coeso

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Sfaldamento della rete – in primo luogo occorre accorgersene 

Vedi slide con Lista di controllo dello stato d rete

Es. dare spazio a tutti nella discussione (metodi – piccoli  gruppi ecc.) 

Mancata partecipazione o silenzio sono sintomi di malessere

Segreteria di rete – che tra le altre funzioni riaggancia chi se ne va 

Accorgersi degli altri

Dare spazio al conflitto è importante (magari dando un tempo)

TROVARE COSE MOLTO CONCRETE (ad es. con i giovani: costruire eventi)

Leadership partecipativa (ma comunque leadership)      

Rete delle realtà da contattare x il dato tema (e fare primi incontri)

Partire da piccoli reticoli e da persone che possano fungere da traino e da tramite

Fare assieme aiuta

Operativo e relazionale vanno assieme

I conflitti impliciti sono cose gravi

Raccolta fondi ; Foundraising, croudfunding, autofinanziamento, bandi di finanziamento (specie x iniziative di lungo termine)

I percorsi formativi sono importanti per avviare una rete (ad es. sulla salute mentale)

 


lunedì 4 novembre 2024

CONSULTA DI QUARTIERE S.ALBINO - LUNEDI' 11/11/24 ORE 21

Come sempre in premessa chiariamo che il nostro Comitato si è dimesso dalla Consulta perché ritiene che la nostra amministrazione non riconosca (come del resto le precedenti) a tale organo un ruolo di reale e incisiva partecipazione. Tuttavia molti membri del Comitato cercano comunque di presenziare sperando di allargare l'impegno della Consulta a questioni cruciali che riguardano la vita del quartiere: viabilità più sostenibile, lotta all'inquinamento automobilistico e industriale, tutela del territorio e del verde, contrasto al disagio e alla  solitudine, rivendicazione di spazi sociali e culturali ecc.

CQSASD



Comunque ecco l'invito alla riunione che ci arriva dal Comune:

Gent.mi/e, buongiorno!

con la presente si trasmette la convocazione al prossimo Incontro di Consulta di Quartiere fissato per il giorno lunedì 11 NOVEMBRE ore 21.00- presso il Centro Civico Sant'Albino via Mameli,6 - con il seguente ordine del giorno: 

 - Aggiornamenti su festa di Halloween e attività patto di cittadinanza;
- Situazione assegnazione e partenza lavori sistemazione del parchetto di Via Guardini;
- Lavoro su proposte viabilità quartiere Sant'Albino da presentare alla nuova Assessora Irene Zappalà;
- Problematica bidoni gialli dei vestiti e verifica di possibili soluzioni da segnalare;
- Varie.


Breve sintesi del secondo incontro promosso da Metodi (per la formazione delle Consulte di Monza)


Sintetizziamo qui l'intervento del formatore.

Il Regolamento della Consulta è lo strumento fondamentale da analizzare. Da  tale analisi emerge in primo luogo il ruolo fondamentale assegnato al Coordinatore della Consulta.

Il  coordinatore deve essere il garante della partecipazione; il garante dei processi (definizione dei contenuti ma anche dei processi decisionali); ma anche il garante delle relazioni fra i membri della Consulta. Il coordinatore conduce e facilita i lavori della Consulta e cura le relazioni fra i membri. E’ un ruolo fondamentale e gravoso.

Il Comma 10 art 5 definisce il metodo scelto per la Consulta: un metodo partecipativo e inclusivo 

Il processo decisionale richiede un serie di passi. In primo luogo occorre un ordine del giorno condiviso

  • IL PROCESSO DECISIONALE

Decidere insieme è difficile 

  • COME PRENDERE LA DECISIONE

1)     Decisione a maggioranza – non è prevista nel Regolamento.

Il regolamento delle Consulte di Monza privilegia altre alternative rispetto al modello “maggioritario”. Il modello a maggioranza infatti causa inevitabilmente una polarizzazione.

Alcuni studiosi parlano di un modello relazionale e decisionale di tipo paterno (nel senso dell’autorità paterna che si impone) in contrapposizione ad un modello “fraterno” (relazioni tra pari). Il Regolamento delle Consulte di Monza si ispira maggiormente al secondo modello.

Nella ricerca di un modello più partecipativo e condiviso anche la disposizione delle persone ha una ricaduta. Il “cerchio decisionale” risulta più coerente rispetto alla disposizione ex cathedra dove i coordinatori stanno dietro un tavolo e gli altri fungono da pubblico.

  • SUGGERIMENTI PROPOSTI DA "METODI"

In primo luogo occorre mettere in discussione il “mantra decisionista” secondo il quale quello che conta è sempre e comunque decidere ad ogni costo. Ovviamente la condizione ottimale sarebbe quella di una decisione consensuale fondata sulla reciproca fiducia. Ma per arrivare a ciò occorre un metodo di lavoro che aiuti a prevenire e a gestire le inevitabili situazioni di divergenza e conflitto. Tra l’altro anche il conflitto non va demonizzato perché correttamente gestito può essere una risorsa (Bateson: ”stare con la differenza senza eliminarla”) .  

Per produrre processi partecipativi orientati al consenso (ovviamente inteso come libera scelta di ciascuno) è utile considerare 3 fasi distinte del processo:

  • 1)      fase preparatoria
  • 2)      fase assembleare
  • 3)      fase esecutiva

 1) Fase preparatoria – tutti devono essere informati a priori di tutto (Odg, agenda, tempi, metodo di lavoro e di processo decisionale, documenti necessari ecc.)

2) Fase assembleare – Occuparsi di “teste testi e contesto” – Occorre cura dell’ambiente (ad es. il luogo condiziona – meglio evitare la cattedra – tutti seduti pariteticamente senza livelli simbolici diversi che creano separazione – iniziare ricondividendo la fase preparatoria (ricordare odg, agenda e passi da fare ecc.) – ribadire il metodo: spiegare anche le varie funzioni e valutare assieme cosa tutti ne pensano (siamo d’accordo sul metodo di lavoro?). La ricerca di un “metodo del consenso “ richiede infatti un prioritario "consenso sul metodo".

3) Fase esecutiva  - verifica dell’effetto delle decisioni prese.

Partecipare è sapere per influire. Partecipare è realizzare assieme. Questo metodo partecipativo si fonda sulla facilitazione. La facilitazione può essere gestita da specifiche figure professionali ma anche no. In questo caso la facilitazione può anche essere assunta dall’intero gruppo o delegata a qualcuno che si sforzi di far funzionare la riunione.

  • GESTIONE DELLE SITUAZIONI DECISIONALI CONFLITTUALI

Le posizioni conflittuali non vanno demonizzate. Possono avere un ruolo utile. Ma occorre anche sapere come gestire queste situazioni. Nella logica della ricerca del consenso si può chiedere alla “minoranza” di argomentare per far cambiare idea alla “maggioranza”. Si può anche ricorrere alla “tecnica del rispecchiamento”: chiedere a chi è contro di spiegare la posizione altrui (l’hai capito bene? Forse in realtà non ci si è capiti e c’è stato un fraintendimento). Alla fine la minoranza può esporre le proprie tesi. A questo punto si può chiedere se la maggioranza ha cambiato idea (anche qui usare il “rispecchiamento”: hai capito bene quello che ti dico?). Anche le maggioranze sono spesso masse fluide i cui membri condividono un parere ma con sfumature diverse. A questo punto la maggioranza può anche accettare un qualche cambiamento. Spesso il conflitto nasce infatti da incomprensioni o malintesi. E qui anche la postura comunicativa è importante.

Alla fine a posizioni invariate la minoranza può dire:

  • -        confermo il mio disaccordo ma accetto la decisione della maggioranza. In questo caso il consenso è comunque raggiunto se
  • -        confermo e dichiaro di accettare con riserva (in qualche modo la minoranza decide di “stare da parte”. In questo caso la maggioranza deve dire se accetta tale situazione)
  • -        rifiuto la decisione e chiedo una sospensione per valutare meglio

Se la minoranza chiede una sospensione la maggioranza dice se accetta e in tal modo si torna ai casi 1  o 2.

Alle volte il conflitto resta insanabile e solo qui magari si opta per un rinvio o per una decisione maggioritaria. Alla fine comunque una decisione va presa – anche la non decisione è una decisione.

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Altre questioni poste:

Come condividere un parere su questioni rispetto alle quali non tutti hanno le stesse competenze (ad es. norme urbanistiche)? Risposta: cercare di ovviare fornendo a tutti nella fase preparatoria le informazioni necessarie.

La partecipazione richiede rigore metodologico.

  • Approfondimenti sul tema della FACILITAZIONE

E’ un processo indispensabile. Anche se vi sono presenti persone con ruoli specifici la facilitazione deve essere un contenuto e un atteggiamento corale (indispensabile principio di corresponsabilità).

La facilitazione riguarda:

  • ·        Contenuti (capire bene. Stare in tema)
  • ·        Procedure (tempi e fasi del lavoro, compresa la fase preparatoria)
  • ·        Dimensione socio-affettiva

La cura delle relazioni è un tema socioaffettivo. Occorre favorire un buon clima del gruppo e coltivare il desiderio di lavorare insieme con l’altro; non si sta insieme solo per bisogno o per seguire il mantra del dover-essere. A questo proposito occorre imparare anche a prendersi cura di sé e a volte è buona cosa prendersi un anno sabbatico. Il facilitatore (ufficiale o meno) cura tutti questi aspetti.

Suggerimento di metodo: Il coordinatore/facilitatore non dovrebbe entrare nel merito dei contenuti (a meno che lo espliciti direttamente e in tal caso è opportuno si faccia sostituire nella funzione di coordinatore.

Il coordinatore infatti può condizionare (è una scelta discrezionale del coordinatore). L'importante però esplicitare ogni volta. Il Coordinatore deve avere cura dei processi e delle relazioni. La cura è un principio etico ma esso va realizzato in un metodo di lavoro).

Obiezione di un ascoltatore: il coordinatore poi si muove sui tavoli comunali come un portavoce in qualche modo autonomo.

Risposta: nel Tavolo di coordinamento il coordinatore rappresenta la propria consulta e non fa scelte personali. Il Regolamento non dice mai che il coordinatore sia un portavoce.

 

Altre questioni

Chi è il gruppo? Risposta: in quel momento il gruppo è costituito dai presenti.

Più ci si sente parte di un gruppo e meglio è. I non detti invece producono danni, così come il non darsi regole.

Altri temi importanti

E’ impossibile non comunicare. La comunicazione non verbale nel gruppo ha un ruolo molto importante. Essa è espressione di emozioni potenti.

·         Risultati da enumerare alla fine di ogni incontro

-         Risultati sul piano dei contenuti (cosa abbiamo  deciso?)

-         Risultati sul piano del processo decisionale (come è andata?)

-         Risultati sul piano dei rapporti (fra i membri del gruppo)

-         Risultati sul piano della crescita personale

-         Risultati sul piano sociale e politico

Soprattutto i primi tre punti sono importanti per la vita del gruppo

Se cresciamo tutti assieme cresce il benessere delle nostre comunità.

Il metodo influenza il prodotto finale del gruppo. I processi decisionali devono rispettare le indicazioni del Regolamento che deve essere sempre il punto di riferimento.

domenica 3 novembre 2024

Alcuni nostri commenti al primo video di "PartecipiAMO per il quartiere - Quartieri, comunità e territorio nella città contemporanea"

Un bel corso di formazione per le consulte. Leggete tutto lo scritto, se potete. Ma sposto qui quella che era in origine la conclusione dello scritto.

Per chiudere rimane purtroppo la finale considerazione del fatto che di questi corsi di formazione avrebbero  bisogno in primis le Amministrazione pubbliche che da sempre mostrano una certa cecità rispetto alle dinamiche spersonalizzanti che trasformeranno sempre più le periferie (come S. Albino) in quartieri dormitorio con consistente rischio di degrado, solitudine e abbandono. Amministrazioni che da tempo si affidano a bandi e progetti legati a finanziamenti a termine anziché sforzarsi di mettere in atto politiche stabili.

CQSASD    




Approfittando dell'influenza mi sono deciso ad ascoltare questo video di Metodi, una agenzia che su mandato del Comune di Monza si occupa di promuovere una partecipazione più consapevole alla vita pubblica. Mi riservo di rivedere il filmato con più calma ma per ora vorrei proporvi alcune delle tesi che ho trovato più interessanti. In primo luogo l'insistenza sul bagaglio storico dei quartieri. Ogni quartiere ha una storia che ha radici molto specifiche e lontane nel tempo. Ognuno poi, a seconda dell'età e della provenienza può avere una propria storia del quartiere. Spesso tale divergenza di vedute emerge nelle discussioni della Consulta di S. Albino senza trovare un punto d'incontro più meditato e consapevole. C'è uno zoccolo duro di anziani che hanno memoria di una struttura del quartiere che probabilmente non esiste più da tempo e che gli altri giustamente faticano a cogliere. Ma  questa storia si muove ancora in modo sotterraneo e produce ancora i suoi effetti. Si pensi al fatto che la sede centrale della Parrocchia ora non è più né a S. Albino né a San Damiano (territori della Parrocchia) ma a Brugherio. Idem per la Scuola media De Filippo, nata come scuola consortile per i giovani di S.Albino e San Damiano per evitare loro trasferimenti quotidiani in bus nei due centri capoluogo. O come la banda. La consapevolezza di tale storia potrebbe però anche fornirci nuove risposte per rinsaldare almeno in chiave difensiva e rivendicativa i legami fra quelli che ora sono entrambi due quartieri periferici divisi solo dal Canale Villoresi e dai confiniamministrativi. Tra l'altro solo in parte visto che una parte sia pur minoritaria di S.Albino dipende da Brugherio e non da Monza. 
S.Albino, a dire la verità è stato fino ai primi decenni del 1900 costituito da piccoli nuclei di abitazioni "centrali" e di cascine periferiche suddivise fra ben 4 amministrazioni comunali diverse (Monza, Concorezzo, Brugherio e Agrate). Questo non poteva non  aver conseguenze su un tessuto sociale che ha sempre faticato a trovare un comune punto di aggregazione. Ai primi del 1900 è sorto il Circolo De Amicis di ispirazione socialista che ha aggregato i laici. Ma da sempre l'elemento cardine della collettività è stata la Parrocchia. E già a questo punto si innesca una problematica del tutto specifica del nostro territorio. Da sempre la Parrocchia, elemento primario della socializzazione è stata Parrocchia di S. Albino e San Damiano. Questo elemento ha da un lato creato una relazione strettissima tra le due comunità e prodotto tantissime emanazioni comuni (dalle società sportive alla Banda fino alla Scuola media consortile Eduardo De Filippo di Viale S. Anna). Ma ha anche creato conflitti politici che hanno impedito la creazione alla fine della seconda guerra di un comune unico. A quanto mi risulta la popolazione era assolutamente favorevole ma i politici "di Monza e di Milano" si opposero. Questa vicenda storica è nota ai "vecchi" ma poco nota a tutti color che hanno meno di 70 anni. Men che meno a chi è arrivato negli ultimi decenni. Questa diversa "storia" che ciascuno si porta dietro sfocia spesso anche in difficoltà di dialogo all'interno della Consulta.
Un altro elemento interessante è la denuncia della scomparsa di un "Terzo spazio". Il primo spazio è quello della vita privata. ll secondo è quello dei ruoli pubblici (banalmente, ad esempio il luogo di lavoro). Il terzo spazio è fatto invece di luoghi di incontro e di scambio in cui la gente può sedersi a chiacchierare, a passare il tempo assieme in modi disinteressato (e senza dover pagare, come avviene invece nei bar  o nei centri commerciali). Questa assenza di terzo spazio ha un impatto gravissimo considerando che ad es. a Milano il 52% delle famiglie è composta da una persona sola e che continua ad aumentare una fascia d'età molto elevata che ha evidentemente maggiori difficoltà di spostamento ecc. Queste considerazioni rivalutano un po' il senso del nostro spazio di "Scambio libri" che nato per un interesse primario di tipo culturale sta diventando sempre di più uno spazio informale di incontro per chi ha voglia di stare insieme a chiacchierare.

CQSASD
   

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