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martedì 14 aprile 2020

Video realizzato dai ragazzi della Scuola De Filippo

clicca qui (583) 14 aprile 2020 - YouTube

CORONAVIRUS - IL COFATTORE INQUINAMENTO ATMOSFERICO


Estratto da un articolo di Medicina Democratica https://www.medicinademocratica.org/wp/?p=9713


Il cofattore inquinamento atmosferico
Precedentemente abbiamo commentato alcuni studi scientifici che parlano dell’inquinamento atmosferico come cofattore di Covid-19, sia a livello di diffusione https://www.perunaltracitta.org/2020/03/18/piu-particolato-piu-covid-19/ che di aggravamento della pandemia https://www.perunaltracitta.org/2020/03/16/non-andra-tutto-bene/ Qui ne esamineremo altri due, pubblicati di recente nella letteratura scientifica, che mettono in evidenza come il Pm2,5 renda più vulnerabili e esacerbi gli effetti di Covid-19.
Il primo studio , https://projects.iq.harvard.edu/covid-pm condotto dall’italiana Francesca Dominici, insieme ad altri ricercatori della Harvard TH Chan School of Public Health di Boston, ha collegato l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico, cioè le zone in cui c’è stato negli anni un elevato livello di particolato, con la mortalità per Covid-19. Sono state prese in esame 3000 contee statunitensi, fino al 4 aprile, coprendo il 98% della popolazione.
E’ risultato che all’aumento di solo 1μg / m3 di PM2,5 è associato un aumento del 15% nel tasso di mortalità di Covid-19 (una evidenza statisticamente significativa).
Secondo questo studio l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico rende molto più vulnerabili al verificarsi degli esiti più gravi del Covid-19. Rafforzando quanto era stato affermato in uno studio riferito al coronavirus del 2003 https://ehjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/1476-069X-2-15 ,cioè che i malati di SARS che abitavano nelle regioni con qualità dell’aria peggiore presentavano un rischio di morte dell’84% più alto.
L’elevato livello di inquinamento cofattore dell’alto livello di mortalità nell’Italia del nord.
‘L’inquinamento atmosferico può essere considerato un co-fattore di mortalità SARS-CoV-2 nel Nord Italia?’ È il titolo del secondo studio https://doi.org/10.1016/j.envpol.2020.114465 condotto da un gruppo di ricercatori italiani dell’Università di Siena e della Aarhus University (Danimarca) che così termina: ‘Concludiamo che l’elevato livello di inquinamento nell’Italia settentrionale dovrebbe essere considerato un ulteriore cofattore dell’alto livello di mortalità registrato in quella zona’. L’inquinamento atmosferico, comprometterebbe la prima linea di difesa dell’organismo costituita dalle cellule epiteliali che rivestono le mucose e dal muco secreto dalle cellule caliciformi (goblet cells), delle vie aeree superiori. Così che all’arrivo delle particelle virali SARS-CoV-2 sulle superfici delle mucose respiratorie, la proteina spike avrebbe facilitato l’attracco, la fusione, l’ingresso e poi la replicazione della particella virale all’interno delle cellula. Alla morte cellulare, seguirebbe la liberazione di milioni di nuove particelle virali e la diffusione del virus nell’organismo.
Altri cofattori favorenti il surplus di letalità nel Nord Italia, sono:
a) la privatizzazione ed il progressivo indebolimento del Sistema sanitario nazionale, minato dall’aziendalizzazione e da decenni di politiche liberiste; b) la mancanza di una strategia seria di protezione degli operatori sanitari (sono già morti più di 100 medici e non è finita) e degli ospedali; c) la mancanza di corretta informazione (mascherine si, mascherino no) e di ricerca attiva dei casi (tamponi si, tamponi no); d) il tardivo lockdown del governo e) il diverso modo di riportare il numero di decessi e infezioni tra i vari paesi; f) la vecchiaia della popolazione italiana.
Un effetto positivo: l’aria è più pulita perchè calano gli ossidi di azoto
Le prime osservazioni dell’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) e delle varie ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) concordano sul fatto che l’impatto della assenza di auto, sulla qualità dell’aria, è stato caratterizzato da un calo delle concentrazioni di biossido di azoto (NO2), ascrivibile al traffico veicolare, in particolare ai motori diesel.
Picchi di particolato transfrontaliero e di particolato secondario
L’effetto del particolato (PM) è più difficile da decifrare data la complessità della sua origine. In questo periodo si sono avute in tutta Italia impennate di particolato, riconducibili alla avvezione di polvere del deserto del Caucaso, o del Nord Africa. Mentre in Lombardia, nella Pianura padana in genere, è stata predominante la componente secondaria del particolato, costituita da nitrato e solfato di ammonio, proveniente dallo spandimento sul terreno dei liquami zootecnici degli allevamenti di bovini e di maiali. In Lombardia ce ne sono più di 4 milioni, di maiali. In Cina, che è il più grande produttore di maiali del pianeta, se ne stimano circa 440 milioni.