Dopo il Consiglio Comunale di Lunedì
23 nel quale si sono trattate due mozioni riguardanti l’impianto rifiuti
speciali di Sant’Albino, ritengo doveroso aprire qualche riflessione in
merito.
Premetto che poche volte nella mia vita consiliare mi sono trovato
con tanta rabbia in corpo, che durante la trattazione di queste due
mozioni. Rabbia per non poter realizzare tutto quanto si vorrebbe, e
rabbia per l’ipocrisia mostrata da qualcuno.
La Mozione Villa chiedeva, in sostanza, la revoca della decisione di
Giunta che diede l’avvio alla concessione alla società di realizzare
l’impianto di rifiuti speciali. Quella delibera a cui lo stesso Villa
aveva votato favorevolmente come membro della scorsa giunta, senza fare
un plissè. Quella delibera proposta da Antonicelli, ex-assessore
all’ambiente che ora trascorre il proprio tempo in carcere.
Si potrebbe riconoscere l’onestà intellettuale di ammettere il
proprio errore, non aver riconosciuto a suo tempo le pesanti
illegitimità amministrative che pendevano su tale procedimento.
Illegittimità d’altra parte vistose e difficilmente inosservate, quali
la mancanza di una gara ad evidenza pubblica e la partecipazione del
tutto irrituale (e forse unica) di un assessore invece che del dirigente
preposto alla conferenza dei servizi.
Il problema è che una volta fatta la frittata, indietro non si può
tornare. Non si può tornare in un contesto in cui la magistratura,
almeno stando a quanto fino ad ora emerso dal processo in corso, ha
trovato la società beneficiaria della decisione come totalmente estranea
ai fatti. Almeno non si può tornare indietro in un contesto nel quale
tutti gli enti locali sono strozzati dal patto di stabilità e dai tagli
del governo, e non è ipotizzabile negli interessi della comunità esporsi
ad un risarcimento milionario nei confronti della società stessa.
Certo, questo non vuol dire rimanere impotenti. Vuol dire vigilare
più che mai, alla luce di quanto sta emergendo e delle chiare
illegittimità amministrative, sui potenziali rischi per la salute ai
cittadini del quartiere. Vuol dire chiedere controlli continui e serrati
ad Arpa ed Asl, e intervenire immediatamente se i responsi dei
controlli lo indicano. Vuol dire impegnarsi pubblicamente a non
rinnovare il contratto ad una società che, pur se si confermasse la sua
estraneità ai fatti, ha avuto una concessione viziata da più
illegittimità amministrative.
In questo, sono davvero insostenibili le ipocrisie di chi, allora
assessore, allora votante di questa decisione, ora prova a lavarsene le
mani con una mozione evidentemente impraticabile nelle condizioni
attuali. Di chi prova a lavarsi oggi le mani delle responsabilità
passate costruendosi un’immagine di paladino grottesca e solida quanto
un castello di carte.
Se i controlli dell’Arpa e dell’Asl certificheranno e daranno una
sponda legale a ciò che i Comitati dichiarano da tempo, ovvero i danni
per la salute che quell’impianto può provocare agli abitanti del
quartiere, allora sì il Comune potrà procedere all’immediata revoca del
contratto senza che ciò comporti una spesa che oggi si dovrebbe
sottrarre alla spesa per le politiche sociali o alla manutenzione di
strade e piazze.