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lunedì 22 aprile 2019

I SOCIAL NETWORK MINANO LA DEMOCRAZIA

Una notizia poco diffusa ma molto importante. I social media come strumento di manipolazione dell'informazione e della politica! Siamo di fronte ad una sovversione autoritaria planetaria veicolata silenziosamente da Facebook and company. Una sovversione cui anche l'Italia è soggetta.
La giornalista ha dimostrato che Fb ha profilato 87 milioni di profili del Regno Unito e ha ceduto illegalmente tali informazioni ad una società che poi ha bombardato le persone di fake news e pubblicità occulte dirette a favorire la Brexit. E il bello è che tale materiale è incontrollato così come incontrollabile è la provenienza delle enormi somme che hanno finanziato tali operazioni illegali.

CQSA 




Parola per parola, il formidabile discorso della giornalista che ha inchiodato Facebook

Al TED di Vancouver Carole Cadwalladr, la cronista dell'Observer che ha scoperchiato lo scandalo di Cambridge Analityca (e che è stata bannata a vita da Facebook per questo), ha spiegato come i social hanno influito sulla Brexit. E come stanno facendo del male alle democrazie di tutto il mondo






perche facebook minaccia la democrazia
leggi quI:















leggi tutto qui:
Parola per parola, il formidabile discorso della giornalista che ha inchiodato Facebook


Quest'anno non sono riuscito ad andare al TED di Vancouver. Ma ho seguito qualcosa in rete. E mi hanno colpito due cose, collegate fra loro. La prima è il talk della giornalista dell'Observer che ha scoperchiato lo scandalo di Cambridge Analityca (e che è stata bannata a vita da Facebook per questo). La seconda il fatto che uno degli sponsor principali di questa edizione del TED di Vancouver fosse proprio Facebook. Ce lo vedete un evento in Italia dove lo speaker principale è quello che attacca lo sponsor principale. O anche solo il giornale, la radio, la tv, l'agenzia di stampa....


Riccardo Luna




perche facebook minaccia la democrazia

Carole Cadwalladr, TED 2019, Vancouver


*Lo speech integrale di Carole Cadwalladr al TED 

aprile 2019

Il giorno dopo il voto sulla Brexit, quando la Gran Bretagna si è svegliata con lo choc di scoprire che stavamo davvero lasciando l’Unione Europea, il mio direttore al quotidiano Observer, mi ha chiesto di tornare nel Galles meridionale, dove sono cresciuta, e scrivere un reportage. E così sono arrivata in una città chiamata Ebbw Vale.

Eccola (mostra la cartina geografica). È nelle valli del Galles meridionale, che è un posto abbastanza speciale. Aveva questa sorta di cultura di classe operaia benestante, ed è celebre per i cori di  voci maschili gallesi, il rugby e il carbone. Ma quando ero adolescente, le miniere di carbone e le fabbriche di acciaio chiusero, e l’intera area ne è rimasta devastata. Ci sono tornata perché al referendum della Brexit era stata una delle circoscrizioni elettorali con la più alta percentuale di voti per il “Leave”. Sessantadue per cento delle persone qui hanno votato per lasciare l’Unione Europea. E io volevo capire perché.

Quando sono arrivata sono rimasta subito sorpresa perché l’ultima volta che era stata ad Ebbw Vale era così (mostra la foto di una fabbrica chiusa). E ora è così. (mostra altre foto). Questo è un nuovissimo college da 33 milioni di sterline che è stato in gran parte finanziato dall’Unione Europea. E questo nuovo centro sportivo fa parte di un progetto di rigenerazione urbana da 350 milioni di sterline, finanziato dall’Unione Europea. E poi c’è questo tratto stradale da 77 milioni di sterline, e una nuova linea ferroviaria e una nuova stazione, tutti progetti finanziati dall’Unione Europea. E non è che la cosa sia segreta. Perché ci sono grossi cartelli ovunque a ricordare gli investimenti della UE in Galles.

Camminando per la città, ho avvertito una strana sensazione di irrealtà. E me ne sono davvero resa conto quando ho incontrato un giovane davanti al centro sportivo che mi ha detto di aver votato per il Leave, perché l’Unione Europea non aveva fatto nulla per lui. E ne aveva abbastanza di questa situazione. E in tutta la città le persone mi dicevano la stessa cosa. Mi dicevano che volevano riprendere il controllo, che poi era uno degli slogan della campagna per la Brexit. E mi dicevano che non ne potevano più di immigranti e rifugiati. Erano stufi.

Il che era abbastanza strano. Perché camminando per la città, non ho incontrato un solo immigrato o rifugiato. Ho incontrato una signora polacca che mi ha detto di essere l’unica straniera in paese. E quando ho controllato le statistiche, ho scoperto che Ebbw Vale ha uno dei più bassi tassi di immigrazione del Galles. E quindi ero un po’ confusa, perché non riuscivo a capire da dove le persone avessero preso le informazioni su questo tema. Anche perché erano i tabloid di destra a sostenere questa tesi, ma questo è una roccaforte elettorale della sinistra laburista.

Ma poi, quando è uscito il mio articolo, questa donna mi ha contattato. Mi ha detto di abitare a Ebbw Vale e mi ha detto di tutto quella roba che aveva visto su Facebook durante la campagna elettorale. Io le ho chiesto, quale roba? E lei mi ha parlato di roba che faceva paura, sull’immigrazione in generale, e in particolare sulla Turchia. Allora ho provato a indagare, ma non ho trovato nulla. Perché su Facebook non ci sono archivi degli annunci pubblicitari o di quello ciascuno di noi ha visto sul proprio “news feed”. Non c’è traccia di nulla, buio assoluto.

Questo referendum avrà un profondo effetto per sempre sulla Gran Bretagna, lo sta già avendo: i produttori di auto giapponesi che vennero in Galles e nel nord est offrendo un lavoro a coloro che lo avevano perduto con la chiusura delle miniere di carbone, se ne sono già andati a causa della Brexit. Ebbene, l’intero referendum si è svolto nel buio più assoluto perché si è svolto su Facebook. E quello che accade su Facebook resta su Facebook. Perché soltanto tu sai cosa c’era sul tuo news feed, e poi sparisce per sempre, ma così è impossibile fare qualunque tipo di ricerca. Così non abbiamo idea di quali annunci ci siano stati, di quale impatto hanno avuto, o di quali dati personali sono stati usati per profilare i destinatari dei messaggi. O anche solo chi li ha pagati, quanti soldi ha investito, e nemmeno di quale nazionalità fossero questi investitori.

Noi non lo possiamo sapere ma Facebook lo sa. Facebook ha tutte queste risposte e si rifiuta di condividerle. Il nostro Parlamento ha chiesto numerose volte a Mark Zuckerberg di venire nel Regno Unito e darci le risposte che cerchiamo. Ed ogni volta, lui si è rifiutato. Dovete chiedervi perché. Perché io e altri giornalisti abbiamo scoperto che molti reati sono stati compiuti durante il referendum. E sono stati fatti su Facebook.

Questo è accaduto perché nel Regno Unito noi abbiamo un limite ai soldi che puoi spendere in campagna elettorale. Esiste perché nel diciannovesimo secolo le persone andavano in giro con letteralmente carriole cariche di soldi per comprarsi i voti. Per questo venne votata una legge che lo vieta e mette dei limiti. Ma questa legge non funziona più. La campagna elettorale del referendum infatti si è svolto soprattutto online. E tu puoi spendere qualunque cifra su Facebook, Google o YouTube e nessuno lo saprà mai, perché queste aziende sono scatole nere. Ed è esattamente quello che è accaduto.

Noi non abbiamo idea delle dimensioni, ma sappiamo con certezza che nei giorni immediatamente precedenti il voto, la campagna ufficiale per il Leave ha riciclato quasi 750 mila sterline attraverso un’altra entità che la commissione elettorale aveva giudicato illegale, e questo sta nei referti della polizia. E con questi soldi illegali, “Vote Leave” ha scaricato una tempesta di disinformazione. Con annunci come questi (si vede un annuncio che dice che 76 milioni di turchi stanno per entrare nell’Unione Europea). E questa è una menzogna. Una menzogna assoluta. La Turchia non sta per entrare nell’Unione Europea. Non c’è nemmeno una discussione in corso nella UE. E la gran parte di noi, non ha mai visto questi annunci perché non eravamo il target scelto. E l’unico motivo per cui possiamo vederli oggi è perché il Parlamento ha costretto Facebook a darceli.

Forse a questo punto potreste pensare, “in fondo parliamo soltanto di un po’ di soldi spesi in più, e di qualche bugia”. Ma questa è stata la più grande frode elettorale del Regno Unito degli ultimi cento anni. Un voto che ha cambiato le sorti di una generazioni deciso dall’uno per cento dell’elettorato. E questo è soltanto uno dei reati che ci sono stati in occasione del referendum.





C’era un altro gruppo, che era guidato da quest’uomo (mostra una foto), Nigel Farage, quello alla sua destra è Trump. E anche questo gruppo, “Leave EU”, ha infranto la legge. Ha violato le norme elettorali e quelle sulla gestione dei dati personali, e anche queste cose sono nei referti della polizia. Quest’altro uomo (sempre nella stessa foto), è Arron Banks, è quello che ha finanziato la loro campagna. E in una vicenda completamente separata, è stato segnalato alla nostra Agenzia Nazionale Anticrimine, l’equivalente del FBI, perché la commissione elettorale ha concluso che era impossibile sapere da dove venissero i suoi soldi. E anche solo se la provenienza fosse britannica. E non entro neppure nella discussione sulle menzogne che Arron Banks ha detto a proposito dei suoi rapporti segreti con il governo russo. O la bizzarra tempestività degli incontri di Nigel Farage con Julian Assange e il sodale di Trump, Roger Stone, ora incriminato, subito prima dei due massicci rilasci di informazioni riservate da parte di Wikileaks, entrambi favorevoli a Donald Trump. Ma quello che posso dirvi è che la Brexit e l’elezione di Trump sono strettamente legati. Ci sono dietro le stesse persone, le stesse aziende, gli stessi dati, le stesse tecniche, lo stesso utilizzo dell’odio e della paura.

Questo è quello che postavano su Facebook. E non riesco neanche a chiamarlo menzogna perché ci vedo piuttosto il reato di instillare l’odio (si vede un post con scritto “l’immigrazione senza assimilazione equivale a un’invasione”).

Non ho bisogno di dirvi che odio e paura sono stati seminati in rete in tutto il mondo. Non solo nel Regno Unito e in America, ma in Francia, Ungheria, Brasile, Myanmar e Nuova Zelanda. E sappiamo che c’è come una forza oscura che ci collega tutti globalmente. E che viaggia sulle piattaforme tecnologiche. Ma di tutto questo noi vediamo solo una piccola parte superficiale.

Io ho potuto scoprire qualcosa solo perché ho iniziato a indagare sui rapporti fra Trump e Farage, e su una società chiamata Cambridge Analytica. E ho passato mesi per rintracciare un ex dipendente, Christopher Wiley. E lui mi ha rivelato che questa società, che aveva lavorato sia per Trump che per la Brexit, aveva profilato politicamente le persone per capire le paure di ciascuno di loro, per meglio indirizzare dei post pubblicitari su Facebook. E lo ha fatto ottenendo illecitamente i profili di 87 milioni di utenti Facebook. C’è voluto un intero anno per convincere Christopher a uscire allo scoperto. E nel frattempo mi sono dovuta trasformare da reporter che raccontava storie a giornalista investigativa. E lui è stato straordinariamente coraggioso, perché Cambridge Analytyca è di proprietà di Robert Mercer, il miliardario che ha finanziato Trump, e che ci ha minacciato moltissime volte per impedire che pubblicassimo tutta la storia. Ma alla fine lo abbiamo fatto lo stesso.

E quando eravamo al giorno prima della pubblicazione abbiamo ricevuto un’altra diffida legale. Non da Cambridge Analytica stavolta. Ma da Facebook. Ci hanno detto che se avessimo pubblicato la storia, ci avrebbero fatto causa. E noi l’abbiamo pubblicata.

Facebook, stavate dalla parte sbagliata della storia in questa vicenda. E lo siete quando vi rifiutate di dare le risposte che ci servono. Ed è per questo che sono qui. Per rivolgermi a voi direttamente, dei della Silicon Valley… Mark Zuckerberg…. E Sheryl Sandberg, e Larry Page e Sergey Brin e Jack Dorsey, ma mi rivolgo anche ai vostri dipendenti e ai vostri investitori. Cento anni fa il più grande pericolo nelle miniere di carbone del Galles meridionale era il gas. Silenzioso, mortale e invisibile. Per questo facevano entrare prima i canarini, per controllare l’aria. In questo esperimento globale e di massa che stiamo tutti vivendo con i social network, noi britannici siamo i canarini. Noi siamo la prova di quello che accade in una democrazia occidentale quando secoli di norme elettorali vengono spazzate via dalla tecnologia.

La nostra democrazia è in crisi, le nostre leggi non funzionano più, e non sono io a dirlo, è un report del nostro parlamento ad affermarlo. Questa tecnologia che avete inventato è meravigliosa. Ma ora è diventata la scena di un delitto. E voi ne avete le prove. E non basta ripetere che in futuro farete di più per proteggerci. Perché per avere una ragionevole speranza che non accada di nuovo, dobbiamo sapere la verità.

Magari adesso pensate, “beh, parliamo solo di alcuni post pubblicitari, le persone sono più furbe di così, no?”. Se lo faceste vi risponderei: “Buona fortuna, allora”. Perché il referendum sulla Brexit dimostra che la democrazia liberale non funziona più. E voi l’avete messa fuori uso. Questa non è più democrazia - diffondere bugie anonime, pagate con denaro illegale, dio sa proveniente da dove. Questa si chiama “sovversione”, e voi ne siete gli strumenti.

Il nostro Parlamento è stato il primo del mondo a provare a chiamarvi a rispondere delle vostre azioni, ma ha fallito. Voi siete letteralmente fuori dalla portata delle nostre leggi. Non solo quelle britanniche, in questa foto nove parlamenti, nove Stati, sono rappresentati, e Mark Zuckerberg si è rifiutato di venire a rispondere alle loro domande.

Quello che sembrate ignorare è che questo storia è più grande di voi. È più grande di ciascuno di noi. E non riguarda la destra o la sinistra, il Leave o il Remain, Trump o no. Riguarda il fatto se sia possibile avere ancora elezioni libere e corrette. Perché, stando così le cose, io penso di no.

E così la mia domanda per voi oggi è: è questo quello che volete? È così che volete che la storia si ricordi di voi? Come le ancelle dell’autoritarismo che sta crescendo in tutto il mondo? Perché voi siete arrivati per connettere le persone. E vi rifiutate di riconoscere che la vostra tecnologia ci sta dividendo.

La mia domanda per tutti gli altri è: è questo che vogliamo? Che la facciano franca mentre noi ci sediamo per giocare con i nostri telefonini, mentre avanza il buio?

La storia delle valli del Galles meridionale è la storia di una battaglia per i diritti. E quello che è accaduto adesso non è semplicemente un incidente, è un punto di svolta. La democrazia non è scontata. E non è inevitabile. E dobbiamo combattere, dobbiamo vincere e non possiamo permettere che queste aziende tecnologiche abbiano un tale potere senza controlli. Dipende da noi: voi, me, tutti noi. Noi siamo quelli che devono riprendere il controllo.




venerdì 19 aprile 2019

Monza: protesta dei residenti nella ztl per la sosta che si paga anche col pass - Cronaca Monza

Monza: protesta dei residenti nella ztl per la sosta che si paga anche col pass - Cronaca Monza

L’assessore alle attività produttive sbandiera le leggi, ma i topolini se ne infischiano | A Monza X Esempio

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SU TRAFFICO E VITA CULTURALE DEL QUARTIERE

DA FACEBOOK:

Sara LiZbeth Troilo Anche in Via Sardegna nei due rettilinei vanno come i pazzi! Rallentano (non tutti) alla curva ma poi riprendono velocità, sia auto che camion e furgoni 😡

Mercedes Calloni Confermo, in tanti passano come fossero in tangenziale, vedo anche camionisti che guIdano guardando il telefonino, i dossi sarebbero un deterrente.


Sabrina Corona Il nostro quartiere paga "lo scotto" di essere in una posizione strategica per chi viene da Agrate, Vimercate, Concorezzo e via dicendo, tagliando dentro difatti evitano un pezzo di ingorgo del viale delle industrie. In via Marco D'agrate, verso la fine di fronte all'edicola, prima o poi accadrà purtroppo una disgrazia. Le macchine arrivano troppo veloci e non si fermano MAI allo stop, io stessa ho rischiato più di una volta che una macchina mi prendesse dentro. Per non parlare dei mezzi pesanti che rimangono letteralmente "incastrati" arrivando in via Sant'Albino angolo via Marco D'agrate. Bisogna inserire dei dossi che possano rallentare, ma bisogna rifare anche una segnaletica che ormai è inesistente. Sarebbe bello dare un chiaro segnale, il segnale che anche le periferie danno vita e contributi alla città intera e non vanno dimenticate. Hanno fatto un lavoro di merda con quel ponticello di Brooklyn, quando bastava farne uno uguale a quello dell'Iper, molto funzionale e anche bello da vedere, invece no dovevano complicarsi la vita e di conseguenza anche le nostre. Il quartiere è morto non solo perché viene sempre dimenticato dall'amministrazione (ho 39 anni e ho vissuto un declino pazzesco nel corso degli anni in questo quartiere), ma anche perché si pensa sempre e solo ad organizzare feste ed eventi per bambini. Con tutto il rispetto per i bambini e per la memoria storica di questo quartiere, c'è bisogno anche di altri spunti per poter aggregare di più le persone. Eventi culturali, musicali, cineforum e una serie di appuntamenti anche al centro Civico perché no, per delle presentazioni di libri o cortometraggi. Concerti jazz in piazza, silent disco per i più giovani con bancarelle street food. Deve cambiare anche un po' la mentalità di chi vive qui, erano belle le feste di paese, ritorniamo ad organizzarle e ad includere. Sono tante le cose che si possono organizzare, non solo feste dei bambini.


Sara LiZbeth Troilo Sabrina Corona concordo in pieno e, se proprio devo dirlo, abito a Sant’Albino da una vita e non ho mai partecipato alla vita del quartiere perché mi sembra (magari sbaglio!) improntata intorno alla parrocchia e io non sono interessata alla chiesa, alla parrocchia, all’oratorio etc etc. Mi piacerebbe una biblioteca vera, mi piacerebbe tantissimo. Vera nel senso su cui l’amministrazione investe non nel senso che quello che c’è non va bene eh.


Paola Sacconi Concordo con entrambe. Perché non venite il mercoledì pomeriggio tra le 16 e le 18 al centro civico per parlarne? Il Comitato di quartiere ha organizzato lo scambio-libri, che vorrebbe essere un inizio di biblioteca e siamo li tutti i mercoledì. Vorremmo anche organizzare delle serate, ma ci vogliono forze "nuove" che oltre a portare nuove idee ed interessi dia anche la disponibilità x concretizzarle. Se avete problemi con l'orario possiamo decidere la presenza anche in una serata della settimana...

Sara LiZbeth Troilo Paola io lunedì e mercoledì lavoro fino a tardi, io per esempio, avendo fatto la bibliotecaria per 14 anni e fino a poco e fa e continuando ad occuparmi di promozione della lettura, sono molto interessata a questo progetto. Ho due figli abbastanza piccoli che non frequentano le scuole di Sant’Albino ma di Cederna (anche perché appunto la scuola dell’infanzia da noi è solo parrocchiale) quindi non ho tantissimo tempo, ma per esempio organizzare una lettura ad alta voce per bambini una volta al mese e magari qualche indicazione per i genitori sulla scelta dei libri mi piacerebbe molto.

Sabrina Corona Idem, orari proibitivi sono al lavoro, se organizzate un incontro la sera in settimana o nel weekend cerco di esserci

Lu Sirtori senza contare quelli che in via S:Albino oltre a passare come fossero sul circuito, per scansare i dossi stanno tutto a destra rasentando i cancelli e mettendo in pericolo le persone intente ad uscirne

23/4/19 LIBERE (LA RESISTENZA AL FEMMINILE)









































Anpi Brugherio


Martedì 23 aprile alle ore 21, al cinema San Giuseppe di Brugherio sarà proiettato il documentario LIBERE.
Il documentario realizzato da Rossella Schillaci è frutto di una meticolosa ricerca d'archivio per ricordare che la Resistenza non è stata solo al maschile.
Sulla nostra pagina youtube al link sotto trovate il video trailer
Direttivo Brugherio

https://youtu.be/2kbTaMc_6xg  



A.N.P.I. Brugherio
Sezione Francesco Vergani
Via Cavour,1
20861 Brugherio
anpibrugherio@gmail.com
YouTube: Anpi Brugherio
facebook: Anpi Brugherio

A.N.P.I.
Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Ente morale: D.L. n.224 del 5 aprile 1945







giovedì 18 aprile 2019

SANT'ALBINO - LE LAMENTELE DEI RESIDENTI DI VIA CAPRERA




SANT'ALBINO - TRAFFICO DI PASSAGGIO TROPPO VELOCE E PERICOLOSO!




SANT'ALBINO - ARRIVA IL SUPER - ALLARME DEI RESIDENTI PER I CAMION


IL CITTADINO 21/4/2019 

SOSTA SELVAGGIA A SANT'ALBINO NEI WEEK END

UNA VERA INVASIONE PER LE GARE ALLA "PIA GRANDE" E AL "CITTÀ DI MONZA!


SUL CANALE VILLORESI SERVONO LE BARRIERE !

SERVONO BARRIERE E IL PASSAGGIO PEDONALE Ê PERICOLOSO!

il citttadino - 21/4/2019

QUESTIONARIO A SANT'ALBINO: VINCE IL TIMORE DI INQUINANTI




domenica 14 aprile 2019

Anpi e Aned Monza e Brianza: «Basta parate fasciste nei giorni della Liberazione» - Cronaca Monza

Anpi e Aned Monza e Brianza: «Basta parate fasciste nei giorni della Liberazione» - Cronaca Monza

La verità del CSM su Sergio Bramini

A dire la verità quasi da soli abbiamo riportato da tempo una versione critica della vicenda che rimane comunque incresciosa...

CQSA


La verità del CSM su Sergio Bramini

16/4 ore 21: "SICUREZZA? SOLIDARIETÀ"


Verso il 25 Aprile - Un incontro pubblico per riaffermare il coraggio di una nuova resistenza contro la violenza del razzismo, contro l’indifferenza e la nuova ferocia del nostro tempo.
Vi aspettiamo!


giovedì 11 aprile 2019

Caso Bramini, il Csm: "Bravo il giudice, non è stata raccontata la verità da giornali e politici" | Seietrenta.com

Caso Bramini, il Csm: "Bravo il giudice, non è stata raccontata la verità da giornali e politici" | Seietrenta.com

PERCHÉ VENIRE ALLO "SCAMBIO LIBRI" AL CENTRO CIVICO DI SANT'ALBINO




Nella giornata di ieri, durante lo spazio dedicato allo  “Scambio libri”  abbiamo ricevuto delle gradite visite.  Sono intervenuti come sempre i bambini che giocano vicino al Centro civico di Via Mameli. Sono divenuti ormai degli ospiti abituali.  Prendono libri e li riportano e ci hanno anche donato libri loro che hanno già letto.
E’poi è venuta la signora Corna che è la responsabile del gruppo San Vincenzo parrocchiale.  Con lei abbiamo ipotizzato di dare vita, sempre in collaborazione con la Consulta di quartiere,  a qualche evento dedicato all’ attività della organizzazione, che tra le altre cose gestisce anche un laboratorio di taglio e cucito cui partecipano donne italiane e straniere. Abbiamo immaginato di poter mettere in piedi una serata informativa aperta alla popolazione o un pomeriggio conviviale per bere il tè assieme e per conoscerci reciprocamente. Vi faremo sapere.
E’ venuto anche il signor Summo che potrebbe organizzare al Centro civico o a Scuola una mostra di navi della marina. Gli abbiamo chiesto di raccontarci un po' della sua esperienza di immigrato a San Damiano prima e a Sant'Albino poi.  Il signor Summo  ha raccontato della sua giovinezza a Terlizzi, in provincia di Bari, dove ha conosciuto di persona Don Tonino Bello, poi vescovo Molfetta, uno dei sacerdoti più impegnati nel campo sociale.Ci piacerebbe poter dedicare una serata alla presentazione di questa figura molto rilevante non solo per i credenti. Contiamo di poterne parlare in Consulta e di incontrare in particolare la collaborazione della San Vincenzo e della Parrocchia.
In questo mercoledì e in altri precedenti abbiamo incontrato Fausto Federici. Con lui abbiamo ripercorso le vicende della sua infanzia, quando il papà era in Russia e lui fu sfollato con la famiglia a Cambiago, vivendo sulla sua pelle l'esperienza della fame più nera. Poi abbiamo parlato con lui della sua militanza politica e sindacale.
Un altro mercoledì abbiamo incontrato il signor Ferrario Giancarlo il quale è stato testimone di più di un rastrellamento nazista a Sant'Albino. In particolare ci ha raccontato della terribile vicenda della deportazione del signor Montrasio che abitava in Corte dei Passoni (dietro al negozio di Giancarlo) e che fu portato in Germania per errore, per uno scambio di persona e che morì in campo di concentramento. Da questa vicenda nasce l’idea, che cercheremo di realizzare, di porre una “pietra d'inciampo “ all'uscita di Corte dei Passoni per ricordare a tutti il nome di questa vittima della violenza nazifascista. 
Un altro bagaglio di esperienze che vorremmo recuperare è quello dei nostri amici compaesani venuti dal sud.
 Seguendo le affermazioni del “paesologo” Franco Arminio crediamo che un paese ( o un quartiere)  da un lato è un luogo claustrofobico, che rischia di spegnere la fantasia e la voglia di sognare ma nel contempo è uno scrigno di vicende umane, di storie, di relazioni che vanno recuperate alla memoria e che possono fondare una comunità  più consapevole, più matura, legata, più della città, alle questioni davvero importanti dell'esistenza: il senso dell’coesistenza, della vita (e della morte).
Tutte queste esperienze da non disperdere potrebbero confluire in un materiale che vorremmo utilizzare per mettere in piedi un lavoro teatrale itinerante da rappresentare per le vie e le piazze di Sant'Albino e San Damiano.
Tutto questo lavorio implica la partecipazione delle persone, dei giovani, delle scuole e dei genitori.
Per ora invitiamo tutti ad incontrarci ogni mercoledì dalle ore 16:00 alle ore 18:00 presso il Centro civico per l’attività di “Scambio libri”. Come saprete abbiamo già raccolto centinaia di libri per adulti e bambini. Potete venire e prendere un libro da leggere. Meglio ancora se in cambio ne portate uno da scambiare.
Lo “Scambio libri” sarà anche l'occasione per incontrarci, conoscerci, raccontarci vicendevolmente, nel tentativo di ricostruire una rete di comunità che aiuti tutti a vivere meglio.

PS: per noi Sant'Albino e San Damiano, soprattutto sul piano della memoria condivisa, sono una sola comunità. Per cui aspettiamo anche tutti i sandamianesi!

mercoledì 10 aprile 2019

RABBIA BRAMINI: NON MI CANDIDO

clicca x ingrandire



La diaspora di Monza | A Monza X Esempio

La storia del design italiano non abita più a Monza!



La diaspora di Monza | A Monza X Esempio

INQUINAMENTO A SANT'ALBINO - COMMENTI DEL PD E POLEMICHE

Cristina Daniotti ha condiviso un post.
11 h
Gruppo Consiliare Pd Monza
22 h
Monza soffoca per colpa del traffico. E la giunta non fa nulla.
Ricordiamo allora all'assessore all'immobilità #Arena che su traffico e mobilità ci sono migliaia di buone ragioni per darsi da fare.
80.000 mila buone ragioni, tante quante il compenso annuo che viene ora riconosciuto al direttore generale di Monza Mobilità, nominato da questa giunta senza concorso pubblico.
300.000 mila buone ragioni, tante quanto il budget che Monza Mobilità potrà impiegare tra il 2019 e il 2021 in non meglio precisate consulenze.
Commenti
  • Ivano Zanette Ok, vero. Ma prima cosa si è fatto??? Una rotonda a fagiolo con passerella a fagiolo... Fascia di rispetto nella zona a ridosso dell'area industriale a nord del quartiere promessa ma mai realizzata. Dai, questa giunta non mi piace per nulla, ma anche prima era moooolto deficitaria. Tante chiacchere, pochi ma molto pochi fatti. A S.Albino almeno...

martedì 9 aprile 2019

SANT'ALBINO SOFFOCA E DICE BASTA!


DA "IL GIORNO" DEL 9/4/2019


APPUNTI PER CHI SI OCCUPA DI SVILUPPO LOCALE

Ok, Franco Arminio è un poeta e parla del Sud e di montagne. Ma checché se ne dica anche Sant'Albino è un paese (molto più che un quartiere), è periferia....Leggete questo contributo straordinario e illuminante ...

1.


Vivere nel luogo in cui sei nato, nella casa in cui sei nato, è una cosa rischiosa. È come giocare in fondo al pozzo. Si nasce per uscire, per vagare nel mondo. Il paese ti porta alla ripetizione. In paese è facile essere infelici. I progetti di sviluppo locale devono tenere conto di questo fatto: non li possono fare da soli i rimanenti, perché in paese non c’è progetto, c’è ripetizione. In un certo senso il paese ti mette nello schema dell’oltranza e non in quello della brevità. È difficile essere concisi. È difficile essere innovatori. In genere ognuno fa quello che ha sempre fatto, giusto o sbagliato che sia. Se nella pasta ci vogliono due uova piuttosto che una, comunque tutti continueranno a usarne due. E chi beve non troverà nessun incentivo a smettere. E chi si guasta lo stomaco mangiando troppo continuerà a mangiare troppo. Ci sono due abitanti tipici, il ripetente e lo scoraggiatore militante. Spesso le due figure sono congiunte, nel senso che lo scoraggiatore è per mestiere abitudinario, non cambia passo, continua a scoraggiare, è appunto un militante. Più difficile essere militanti della gratitudine, della letizia. È come se la natura umana in paese fosse più contratta, non riuscisse a diluirsi. E si rimane dentro un utero marcito. Il paese è pericoloso, bisogna saperlo, è un toro con molte corna. Allora se da una parte la città è disumana, il paese è troppo umano, non ti libera mai dall’umano e dunque dal senso della morte e dal senso della ripetizione. Alla fine nel suo senso più profondo la vita è quella cosa che può finire in qualsiasi momento, ma che intanto prosegue più o meno allo stesso modo. E questo in paese è più chiaro. In città è come se agisse un principio diversivo, come se ci fossero altre possibilità. In realtà non ci sono, ma è come se avessi l’illusione che ci siano.
Fatte queste premesse, come si fa a fare progetti di sviluppo locale? La chiave è dare forza a nuove forme di residenza. Il paese deve essere scelto e non subito. Chi arriva da lontano ha un piglio, una disponibilità che non trovi in chi è affossato nel suo paese. Il residente a oltranza anche quando è animato da buona volontà tende a impigliarsi nelle proprie nevrosi. Il paese tende a essere nevrotico. Il paese non sta bene, questo è il punto. E non ha voglia di curarsi. Lo sviluppo locale si può fare partendo da queste premesse. Alllora bisogna aprire porte che non ci sono, bisogna esercitarsi nell’impensato, bisogna essere rivoluzionari se si vuole riformare anche pochissimo. I paesi non moriranno, anche grazie ai loro difetti, grazie al loro essere luoghi che tutelano le malattie di chi li abita. In paese si fallisce, ma in un certo senso non si fallisce mai perché si fallisce a oltranza. È come dormire sempre nelle stesse lenzuola. Bisogna arieggiare il paese portando gente nuova, il paese deve essere un continuo impasto di intimità e distanza, di nativi e di residenti provvisori. Questo produce una dinamica emotiva ed anche economica. E la dinamica è sempre contrario allo spopolamento:  bisogna agitare le acque, ci vuole una comunità ruscello e non una comunità pozzanghera.
Bisognava aprire emotivamente i paesi, dilatare la loro anima e invece la modernità incivile degli ultimi decenni li ha aperti solo dal punto di vista urbanistico, si sono sparpagliati nel paesaggio, a imitazione della città, ma è rimasta la contrazione emotiva. Il paese va aperto tenendolo raccolto. Lo sviluppo locale si fa ridando al paese una sua forma, ricomponendolo, rimettendolo nel suo centro, ma nello stesso tempo c’è bisogno di apertura. Lo sviluppo lo può fare chi lo attraversa il paese con affetto, non chi ci vive dentro come se fosse una cisti, un’aderenza, un cancro.
Il mondo ha bisogno di paesi, ma non come luoghi obbligati, come prigioni per ergastolani condannati a vivere sempre nello stesso luogo. Il paese deve essere organizzato come se fosse un premio, non come una condanna. Lo sviluppo locale si fa pensando a un luogo dove si premia un’esistenza, si dà una possibile intensità, quella che viene dall’essere in pochi, quella che viene dall’avere tanto paesaggio a disposizione. Allora non si dà sviluppo locale facendo ragionamenti quantitativi, mettendo il pensiero economico metropolitiano nell’imbuto del paese. Ci vuole un pensiero costruito sul posto, ma non solamente dagli abitanti del posto. Il segreto è l’intreccio e deve essere un intreccio reale, non il prodotto di un’assemblea, di un incontro estemporaneo. Chi vuole salvare i paesi deve entrarci dentro e in un certo senso deve buttare fuori chi ci vive dentro. Si deve realizzare uno scambio continuo, qualcosa di simile al meccanismo del sangue venoso e di quello arterioso. Lo sviluppo locale deve imitare la circolazione del sangue. In un certo senso si tratta di mettere mano agli organi interni. Spesso i paesi più belli sono quelli vuoti, come se fossero uccelli svuotati dello loro viscere. È come se la parte viscerale del paese fosse quella più malata, quella più accanita a tutelare la sua malattia. Un’azione di sviluppo locale allora deve essere delicata ma anche dura, deve togliere al paese i suoi alibi, i suoi equilibri fossilizzati, deve cambiare i ruoli: magari le comparse possono essere scelte come attori principali e gli attori principali devono essere ridotti a comparse. E allora non si fa sviluppo locale senza conflitto. Se non si arrabbia nessuno vuole dire che stiamo facendo calligrafia, vuol dire che stiamo stuccando la realtà, non la stiamo trasformando.

2.
I progetti di sviluppo locale negli ultimi anni non hanno dato grandi risultati. Ci sono fontane restaurate che sono di nuovo in disuso. Ci sono piazze molto volte ripavimentate, ma mentre si posavano le pietre, gli abitanti di queste piazze posavano la loro vita al cimitero. E i ragazzi cercavano un Nord che non c’è più. Qui parlo di Sud, ma il tema dello spopolamento non è il tema del Sud, è il tema delle montagne. E allora ragionare di montagne vuole dire capire che spazio sono le montagne. Forse più che dello sviluppo, le montagne hanno bisogno della gioia. Nei progetti di sviluppo locale non si parla mai delle gioia. Lo sviluppo ha bisogno di schede, è inteso come un risultato alla fine di un processo. La gioia è intesa come qualcosa di intimo, di ineffabile. Forse è venuto un tempo in cui la gioia deve essere immessa nello spazio sociale come elemento cruciale. Anche salutare un vecchio è un progetto di sviluppo locale. Non ha senso lavorare a progetti in cui tutto si risolve in una dimensione monetaria. Il denaro tende a scendere a valle, non rimane sulle montagne. Lo sviluppo locale deve fecondare passioni. Se ti regalo una mungitrice e tu pensi alle Mercedes più che alla mucca, non ho risolto nulla. Se lavoriamo a un progetto per anni e non ci accorgiamo che un forno sta per chiudere vuol dire che stiamo facendo retorica dello sviluppo, vuole dire descrivere lo sviluppo senza darlo. È come accendere una candela in una grotta molto grande: le candele descrivono la luce, non la danno. I governi in questi anni sono stati profondamente disonesti con i paesi e le montagne. Non si può tollerare che un caffè costa molto di più di un uovo fresco. E un quintale di grano costa meno di un shampo dal parrucchiere.
Il fuoco centrale dello sviluppo locale non può che essere la terra. È intollerabile che l’Italia importa un milione di vitelli. Dobbiamo mangiare la nostra carne, mangiarne poca, ma buonissima. I paesi devono produrre cibo di altissima qualità, i paesi vanno concepiti come farmacie: aria buona, buon cibo, silenzio, luce. E poi il soffio del sacro. Dove si è in pochi nessun cuore è acqua piovana. Ma bisogna immettere enzimi dall’esterno. Bisogna portare nelle montagne i pionieri del nuovo umanesimo. Più che mandare i soldi, bisogna trovare il modo di portare nei paesi e nelle montagne le persone giuste. E far rimanere le persone giuste. Allora un progetto di sviluppo locale ragiona di persone, non ragiona di progetti, i progetti vengono dopo. È molto discutibile questa logica che prima si fanno i progetti e poi si vede se c’è qualche persona che li può interpretare. A volte si fanno sceneggiature staccate dalla realtà. Come se nel film si potessero trovare delle scimmie al Polo Nord.
E poi c’è la questione del tempo. Un progetto di sviluppo locale non si elabora e poi si realizza. Bisogna cominciare, magari con un pezzo piccolissimo, e mentre si realizza qualcosa si continua a elaborare il progetto. Mentre immaginiamo come razionalizzare la sanità, intanto ripariamo le buche sulle strade.
Giustamente si dice che ci vogliono i servizi e ci vuole il lavoro, altrimenti la gente va via. Ma il rischio sono sempre le astrazioni. Ci sono servizi inutili e lavori che non servono a niente. Bisogna partire da chi c’è in un certo luogo e da chi potrebbe arrivare. E allora ecco che si ragiona su certi servizi e su certi lavori. Magari in un paese serve un barbiere, non serve un centro di documentazione per lo sviluppo locale. Magari in un paese serve un infermiere che va in giro per i vicoli, non serve un progetto di telemedicina che serve a far girare carte che poi nessuno guarda.
Ecco che la visione poetica dello sviluppo locale in realtà si rivela molto più concreta dei tecnicismi che ci hanno funestano negli ultimi decenni. Olivetti faceva lavorare nella sua fabbrica artisti e scrittori. E la sua fabbrica da un paese era diventata avanguardia mondiale. Forse quando parliamo di sviluppo locale sarebbe opportuno ripassarsi la lezione di Olivetti e la sua idea di comunità. Olivetti puntava sulle persone. L’Italia interna ha bisogno di persone, deve trovare e incoraggiare le persone che contengono avvenire. Capisco che ci vogliono strumenti, bisogna ingegnerizzare bene le questioni per evitare che restino sulla carta, ma non si può tollerare che mentre mettiamo a punto i nostri schemi le persone perdono fiducia, vanno via.

VANDALISMI ALLA PISCINA DI SANT'ALBINO

Il problema è stato denunciato anche durante la Consulta del 4/4/2019. Sono stati anche visti giovani che a tarda ora scorrazzano sul tetto!


LA ROTONDA DI VIA FERRUCCI RIFIORIRÀ GAZIE AGLI ALPINI!







foto da Enrico Sangalli







foto di Emilio Oggioni

foto di Emilio Oggioni
foto di Emanuela Martinengo

PULIZIE DI PRIMAVERA: GRAZIE DAL COMITATO GENITORI DELLA SCUOLA MANZONI


Comitato Genitori Scuola Manzoni Sant'Albino
Pulizie di primavera 2019, grazie di  a tutti coloro che si sono impegnati per la nostra scuola, per i nostri figli!!



lunedì 8 aprile 2019

Biblioteca di condominio, da spazio inutilizzato a luogo di aggregazione




Biblioteca di condominio, da spazio inutilizzato a luogo di aggregazione

GIORNATA DEI ROM - CONDIVIDIAMO L'APPELLO DELLA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO


FOTO DI REPUBBLICA









Giornata dei Rom: “Parole e comportamenti razzisti fanno male a tutti. L'integrazione dei Rom è possibile, ed è un vantaggio per la società”

7 APRILE 2019

  • ampa
In occasione del Romanò Dives, la giornata internazionale dei Rom, che si celebra l’8 aprile, la Comunità di Sant’Egidio rivolge gli auguri a tutti i Rom, Sinti e alle popolazioni romanì che si identificano con questo nome. Invitando a ricordare una storia segnata da persecuzioni e sofferenze - come il Porrajmos, lo sterminio durante la seconda guerra mondiale - occorre condannare con fermezza parole e comportamenti discriminatori, razzisti e violenti, come accaduto recentemente a Torre Maura, un quartiere di Roma, quando si è impedito a poche decine di persone - quasi per la metà bambini - perfino di mangiare, arrivando al vergognoso gesto di calpestare il cibo. Sono gesti che fanno male a tutti e disonorano la città, senza risolvere o, meglio, aggravando i problemi esistenti in periferie abbandonate ormai da tempo da istituzioni e forze politiche.

Non bisogna abituarsi ad un linguaggio aggressivo che offre un'immagine distorta della realtà, ma al contrario occorre valorizzare tanti esempi di inclusione sociale, molto più diffusa nel nostro Paese di quanto si pensi. L'impegno di Sant'Egidio per favorire l'inserimento scolastico dei Rom, anche attraverso le Scuole della Pace (luoghi in cui i più piccoli apprendono a vivere insieme nel rifiuto di ogni violenza), la formazione e l'inserimento nel mondo del lavoro, incontra quotidianamente l'atteggiamento positivo e costruttivo di tanta parte - associazioni, istituzioni, famiglie - della società italiana. 

Non sono pochi infatti i nuclei familiari che in diverse città vivono in case e non sono pochi i Rom che lavorano, contribuendo al benessere della società. Esempi positivi di integrazione non mancano pure in numerose scuole, grazie al lavoro silenzioso e tenace di maestri e insegnanti, a cui le istituzioni sono chiamate ad assicurare maggiore continuità, evitando gli sgomberi che interrompono il percorso scolastico di bambini e ragazzi e vanificano, di fatto, gli sforzi dei loro educatori. A ciò si aggiunga che gran parte dei Rom, non più nomadi da anni, sono cittadini italiani.

Auspichiamo dunque che la Giornata Internazionale dedicata al popolo Rom sia occasione per prendere le distanze da un linguaggio e da pratiche che tendono ad allargare le distanze e i pregiudizi e per intraprendere con coraggio iniziative volte a favorire la piena integrazione nel tessuto sociale del nostro Paese, certi che da questo trarranno beneficio tutti gli italiani.