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sabato 25 aprile 2020
Urbanizzazione e malattie infettive: ripensare gli spazi urbani
Violenza e donne, riconoscerla e reagire. La guida in 16 lingue
Fase 2 in Lombardia. Che Dio ce la mandi buona! Ma l’analisi dei dati di AllertaLom non promette niente di buono.
Il titolo sopra è nostro. Sotto il titolo e l'articolo originale da Radiopopolare.
Fase 2 in Lombardia. L’analisi dei dati di AllertaLom
(di Michele Migone)
Le sfide nella Fase 2 sono la sicurezza sui luoghi di lavoro e sui mezzi pubblici. Milano e la Lombardia sono sorvegliati speciali. In modo involontario, un report della Regione spiega perché la riapertura del 4 maggio, tanto voluta da Fontana, può essere un grave azzardo, l’ennesimo errore. È un’analisi basata sui dati raccolti da AllertaLom, un’app, un questionario digitale della Regione a cui hanno aderito in via anonima un milione e 200.000 lombardi.
Le risposte hanno indicato che in queste settimane 320.000 di loro si sono mossi per lavoro. Tra questi, 19.500, il 6.5%, ha dichiarato di soffrire di due sintomi del Covid 19, mentre altre 7 500 persone di almeno tre. In totale 27 000 persone. Altre 18 500 delle persone che si sono mosse per lavoro hanno risposto dicendo di essere state in contatto con positivi. In totale 45.500 persone che con tutta probabilità hanno subìto o sono a rischio contagio e che non hanno potuto stare a casa. Neppure di fronte a questi numeri e a questa realtà, dipinta da uno strumento voluto dalla giunta, il governo leghista della Lombardia cambia marcia.
Con assoluto candore, il vicepresidente Fabrizio Sala ha detto che “l’app non è assolutamente paragonabile al tampone perché fornisce dati statistici e non sanitari“. Una differenza di cui si sono accorti le migliaia di lombardi lasciati dalla Regione al proprio incerto destino, visto la scelta politica di Fontana e Gallera di non fare tamponi. Scelta che è stata confermata anche nella Fase 2. Sono numeri che anche a Roma dovranno essere studiati bene. La corsa alla riapertura, l’insufficienza di strumenti di protezione, la mancanza di un vero piano organico per la sicurezza, mettono alcune zone del Paese in un rischio che deve essere ben calcolato.
Le risposte hanno indicato che in queste settimane 320.000 di loro si sono mossi per lavoro. Tra questi, 19.500, il 6.5%, ha dichiarato di soffrire di due sintomi del Covid 19, mentre altre 7 500 persone di almeno tre. In totale 27 000 persone. Altre 18 500 delle persone che si sono mosse per lavoro hanno risposto dicendo di essere state in contatto con positivi. In totale 45.500 persone che con tutta probabilità hanno subìto o sono a rischio contagio e che non hanno potuto stare a casa. Neppure di fronte a questi numeri e a questa realtà, dipinta da uno strumento voluto dalla giunta, il governo leghista della Lombardia cambia marcia.
Con assoluto candore, il vicepresidente Fabrizio Sala ha detto che “l’app non è assolutamente paragonabile al tampone perché fornisce dati statistici e non sanitari“. Una differenza di cui si sono accorti le migliaia di lombardi lasciati dalla Regione al proprio incerto destino, visto la scelta politica di Fontana e Gallera di non fare tamponi. Scelta che è stata confermata anche nella Fase 2. Sono numeri che anche a Roma dovranno essere studiati bene. La corsa alla riapertura, l’insufficienza di strumenti di protezione, la mancanza di un vero piano organico per la sicurezza, mettono alcune zone del Paese in un rischio che deve essere ben calcolato.
venerdì 24 aprile 2020
25 APRILE 2020 A SANT'ALBINO E SAN DAMIANO
Chi svilisce il 25 Aprile come
derby fra fascisti e comunisti è un ignorante o un manipolatore. Nella mia
famiglia furono antifascisti tanto mio nonno Paolo Riva (socialista turatiano, evidentemente anticomunista) che mio padre Renato Teruzzi, cattolico
progressista (ovviamente anticomunista).
Fu la lotta fra umanità e barbarie, fra
libertà e dittatura.
ALLE 15 DEL 25 APRILE FACCIAMO RISUONARE "BELLA CIAO" DALLE NOSTRE FINESTRE!
PER NON DIMENTICARE MAI
(DA UN NOSTRO VECCHIO
ARTICOLO)
In occasione del 25
aprile ricordiamo questi deportati. In particolare l'orribile vicenda di Luigi
Montrasio, scolpita nella memoria di molti anziani residenti a S.Albino. Anche
nella mia famiglia ho sentito raccontare spesso con raccapriccio questa vicenda
come evento emblematico di violenza, ingiustizia e disumanità. Oggi 25/4/2017,
al Cimitero di Monza, il figlio Renato ("Renin") per la prima volta
mi confida che è stato mio padre Renato ("Rèna") ad
"obbligarlo" ad andare a Gusen trascinandolo a Milano dal prefetto
Nardone che in qualche giorno gli rilasciò l'apposito passaporto.
Se qualcuno avesse altre notizie riguardanti la guerra, la prigionia e la Resistenza ce le faccia avere!
Paolo Teruzzi
il
Bosco della Memoria
Luigi Montrasio e la moglie Adele Montrasio (grazie al nipote Lorenzo Citterio)
Luigi Montrasio e la moglie Adele Montrasio (grazie al nipote Lorenzo Citterio)
Luigi Montrasio - Nato il 23 marzo 1909 a Monza. Residente in via Marco
d’Agrate 21 dove viveva con la moglie Adele Moltrasio, il figlio di sette anni
e la figlia di cinque. Luigi Montrasio lavorava come falegname modellista alla
Caproni aeronautica; venne arrestato per sbaglio, le guardie cercavano un
omonimo che abitava solo a cento metri di distanza e lavorava alla Breda. Il
figlio ricorda con sicurezza alcuni aspetti del momento dell’arresto:
Mio padre era appena tornato dal lavoro, era sera inoltrata, intorno alle nove perché si recava al lavoro a Milano in bicicletta. Arrivarono alla porta, lo ricordo bene, quattro militi fascisti guidati e comandati da un tedesco delle SS molto giovane ma anche molto duro. Avevano le generalità dell’altro Montrasio dove era evidente la diversa paternità. Il papà protestò con forza evidenziando che lui era figlio di Gerardo, non di quell’altro nome. Alla SS non importava nulla, un Luigi Montrasio doveva prendere e un Luigi Montrasio doveva venire via con lui. Mi aggrappai piangendo alle gambe di mio padre, quasi immobilizzandolo, il rappresentante della razza eletta tedesca mi diede un sonoro calcio nel sedere e dovetti nascondermi sotto il tavolo, avevo solo sette anni. Fu l’ultima volta che vidi mio padre.
Giunto a Mauthausen gli
fu attribuita la matricola 59001. Fu anche lui dislocato il 24 marzo a Gusen,
in particolare venne assegnato a Gusen II, aperto solo il 9 marzo 1944 per
provvedere con i suoi prigionieri allo scavo in località St.Georgen, di uno dei
più grandi sistemi sotterranei progettati dai nazisti per impiantarvi i
macchinari industriali per la produzione bellica, il B8-Bergkristall-Esche 2
che entrò in produzione alla fine del ’44. I prigionieri giornalmente
arrivavano stipati su treni merci e spinti a calci e con ogni genere di
vessazione nei cantieri. Le condizioni di lavoro erano terribili, tanto che
Gusen II fu chiamato “l’inferno degli inferni”; per i lavoratori alla
costruzione del Bergkristall, fra i quali annoveriamo Montrasio, la sopravvivenza
media era di quattro mesi. Anche Luigi, infatti, morì molto presto, il 19
maggio 1944.
Giovanni Poli - Nato il 31 dicembre 1903 a Civo, in provincia di Sondrio. Abitava in via Giovanni dalle Bande Nere 210 a Monza. Sposato con Maria Motta, era a capo di una famiglia numerosa composta, oltre che dai due coniugi, anche da cinque figli rispettivamente di 17, 13, 11, 7 e l’ultimo nato di pochi mesi; quattro erano maschi e una femmina. Poli era operaio alla Falck Unione, dove partecipò attivamente già allo sciopero del marzo 1943. Per questo era stato processato il 26 giugno dello stesso anno a Milano, accusato di “aver ostacolato il corso del lavoro, sospendendo arbitrariamente lo stesso per pochi minuti in data 29 marzo. Anche per lui esiste una scheda di partenza per lavoratori coatti con il solito appunto che lo mette a disposizione della “SS Germanica” che ne tradisce invece la deportazione. La matricola assegnatagli a Mauthausen fu la 59068. Trasferito il fatidico 24 marzo a Gusen, sfortuna nella sfortuna fu destinato a Gusen II, come detto il più orribile dei tre siti del più grande campo dipendente di Mauthausen. A conferma di quanto quel luogo fosse un mattatoio, anche Poli morì in poco tempo, esattamente il 16 giugno 1944, per essere cremato a Gusen I il giorno dopo.
Albino Pisoni - Nato l’8 ottobre 1913 a Monza da Evangelista e Luigia Galbiati. Residente in via S.Michele al Carso 10 a San Damiano (Brugherio). Coniugato con quattro figli. Manovale della Breda I sezione. Fu arrestato a Brugherio il 7 agosto 1944, anche in questo caso è la falsa scheda di partenza per lavoratori coatti che ci indica esattamente il giorno e che contiene significative annotazioni, come la dicitura “SS Germanica” che sottolinea il controllo tedesco della sua detenzione e l’espressione “Internato civile. CC Mauthausen” che ne certifica la deportazione e che è molto rara in questi documenti. Da Milano il recluso fu portato a Bolzano da dove venne deportato nel Reich il 14 dicembre; il 19 dello stesso mese raggiunse Mauthausen dove fu immatricolato con il numero 114066 e schedato anch’esso come internato per motivi di sicurezza. Quasi subito, il 3 gennaio 1945, Pisoni fu trasferito a Melk, uno dei campi satelliti principali aperto nell’aprile del ’44.
Nelle gallerie che i prigionieri avevano scavato in tempi rapidissimi e al prezzo di numerose vite umane nelle località di Roggendorf e Loosdorf, avevano preso posto gli impianti della Steyr-Daimler-Puch A.G per la produzione di cuscinetti a sfera che avevano iniziato a funzionare solo pochi giorni prima della data di arrivo del convoglio di Pisoni. Contemporaneamente i lavori di scavo proseguivano in altre aree per ospitare altri macchinari. Non è dato sapere dove fu impiegato il deportato di Brugherio ma resistette poco alle durissime condizioni di vita di Melk e il 15 febbraio era già deceduto. Alla chiusura del campo, avvenuta il 15 aprile 1945, erano cinquemila gli esseri umani che vi avevano perso la vita.
Il 14 giugno 2019 alle ore 10:00, presso
la Sede di rappresentanza della Prefettura di Monza e della Brianza (via Casati
19, Monza) si è svolta la Cerimonia per la consegna delle Medaglie
d’Onore ai cittadini italiani, militari e civili, deportati ed
internati nei lager nazisti.
Nell’ambito della manifestazione furono consegnate
le Medaglie ai familiari di:
1. Angelo Bedoni;
2. Carlo Casati;
3. Vittorio De Carolis;
4. Pietro Dell’Olio;
5. Giuseppe Della Bosca;
6. Carlo Donghi;
7. Giuseppe Donghi.
8. Eugenio Feraiorni;
9. Francesco Galimberti;
10. Ettore Gorla;
11. Enrico Lissoni;
12. Giuseppe Lissoni;
13. Angelo Mariani;
14. Carlo Mauri;
15. Quirino Merlini;
16. Carlo Monguzzi;
17. Rinaldo Antonio Porro;
18. Pietro Ravasio;
19. Davide Turati.
1. Angelo Bedoni;
2. Carlo Casati;
3. Vittorio De Carolis;
4. Pietro Dell’Olio;
5. Giuseppe Della Bosca;
6. Carlo Donghi;
7. Giuseppe Donghi.
8. Eugenio Feraiorni;
9. Francesco Galimberti;
10. Ettore Gorla;
11. Enrico Lissoni;
12. Giuseppe Lissoni;
13. Angelo Mariani;
14. Carlo Mauri;
15. Quirino Merlini;
16. Carlo Monguzzi;
17. Rinaldo Antonio Porro;
18. Pietro Ravasio;
19. Davide Turati.
Facebook
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Eugenio Caiani, di Sant’Albino, un sabotatore nel
campo di lavoro nazista
EUGENIO CAIANI CLICCA
QUI:
...................
UNA PICCOLA STORIA PARTIGIANA A SANT’ALBINO
RIVA PIETRO (PIERIN)
Era figlio di Riva Giovanni e nipote di Riva Riccardo, fratello
del mio bisnonno Davide.
So che giocava a rugby ed era un tipo "tosto".
Giovanissimo partigiano venne ferito in una
azione verso Carugate. Lui ed altri, compreso mio padre Teruzzi
Renato, dovevano impegnare
coi loro "fucilini" una colonna di tedeschi in
ritirata sull'autostrada. Ad un certo punto una
sventagliata di mitra lo colpì al ginocchio. Lui lì per lì non
si rese conto dell'accaduto e disse
a mio padre:"Renato perché ta mè tirà un sass?". I
compagni lo soccorsero e nascosero in un
armadio in una cascina vicina. Ma i tedeschi seguendo la scia di
sangue lo scoprirono. Lo
portarono in Ospedale a Monza per poi trasferirlo in Germania.
In Ospedale era piantonato
ma grazie all'aiuto di una suora, approfittando della breve
pausa in cui la guardia si rifocillava
i compagni riuscirono ad entrare in ospedale con un furgone e a
caricare il ferito per poi
dileguarsi rapidamente.
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Renato Teruzzi (Brugherio
3/9/1926 – Monza 10/7/1983)
Renato Teruzzi nasce a San
Damiano. Cresce tra il campo di calcio e l’oratorio dove
si forma anche all’impegno
sociale e politico. All’oratorio sboccia anche la sua passione
per il teatro tanto che
giovanissimo, durante la guerra, si reca spesso in bicicletta
a Correzzana dove aiuta Don
Alessandro ad organizzare una compagnia amatoriale.
Una sera, proprio rientrando da
Correzzana dopo il coprifuoco, trova un posto di blocco
sulla discesa di Lesmo e a luci
spente lo passa a tutta velocità dileguandosi poi per
come Enrico Casati, dirigente
del CNL, che diverrà poi sindaco di Brugherio.
Nell’aprile del 1945, non
ancora diciannovenne, aderisce alla 27^ Brigata del Popolo
e partecipa ad alcune azioni
partigiane. Con altri compagni a più riprese blocca e
disarma alcuni repubblichini e
tedeschi in fuga ma soprattutto con alcuni giovani
(fra cui sicuramente Riva
Pierino di S. Albino) viene incaricato di infastidire una
colonna di tedeschi in
ripiegamento sull’autostrada in direzione Bergamo. I partigiani
si appostano nelle
campagne verso Cernusco ma sono armati solo di qualche vecchio
moschetto. La colonna tedesca
reagisce al fuoco con le proprie mitragliatrici.
Riva Pierino viene ferito
ad un ginocchio. Trascinato dai compagni viene nascosto
in un armadio, in un cascinale
vicino. Ma i tedeschi lo trovano e lo piantonano
all’Ospedale vecchio di Monza
in attesa di trasferirlo in Germania. Nella notte
però, con l’ausilio di
una suora e approfittando di una distrazione della guardia,
i compagni entrano in ospedale
con un furgone e riescono a farlo scappare.
http://www.url.it/muvi/bacheca/nuovi/teruzzi/teruzzi3.htm
http://tuttafarinadelnostrosacco.myblog.it/renato-teruzzi/
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Un gruppo di partigiani di S.Albino e S. Damiano
Aprile – Maggio 1945:
Corpo volontari della libertà
La 27° Brigata
Divisione II° sul ponte del canale S. Damiano.
Renato è il primo a destra col
moschetto (ha 18 anni)
Anche durante la Resistenza molti giovani partigiani di Sant’Albino e San Damiano ebbero legami con la Resistenza a Brugherio.
I loro
nomi compaiono nel libro sulla storia del movimento partigiano a Brugherio:
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Il
libro “Storia della Resistenza a Brugherio“, a cura della
sezione ANPI “F. Vergani” di Brugherio. Brugherio, La Litostampa, 2001.
Il
documento completo è molto “pesante” da scaricare, in quanto il libro é ricco
di immagini. Preferiamo quindi renderlo disponibile diviso per capitoli:
Altri documenti
In
questa pagina sono raccolti in modo non organizzato, una serie di articoli e
documenti inerenti la Resistenza a Brugherio.
La
resistenza in Martesana. Un’inchiesta in 6 puntate, a cura dello
storico Giorgio Perego, pubblicate sulla “Gazzetta della Martesana” tra
febbraio e aprile 2005, riportate per gentile concessione dell’editore. Molti
sono i riferimenti sull’attività partigiana di Brugherio.
Da un
libro autobiografico, abbiamo tratto alcune testimonianze relative ai
partigiani di Brugherio con cui l’autore entra in contatto.
Bibliografia sulla
Resistenza a Brugherio, est milanese e Monza
Assi
Enrico, Cattolici e Resistenza. Testimonianza inedita su un episodio
della Brianza (emblematico per l’Alta Italia) – Casale Monferrato, Edizioni
Piemme di Pietro Marietti, 1985.
Associazione
Nazionale Partigiani d’Italia, Storia della Resistenza
a Brugherio 25 luglio 1943 – 25 aprile 1945. A cura della sezione A.N.P.I. “F.
Vergani” Brugherio – Brugherio, 2001.
Borgomaneri
Luigi, Due inverni, un’estate e la rossa primavera. Le brigate
Garibaldi a Milano e provincia (1943-1945) – Milano, Franco Angeli, 1985.
Cavalli
Libero e Strada Carlo, Nel nome di Matteotti. Materiali per una storia delle Brigate
Matteotti in Lombardia 1943-1945, Milano Franco Angeli, 1982.
Dalla
Resistenza: uomini eventi idee della lotta di liberazione in provincia di
Milano. A cura di Gianfranco Bianchi – Milano, Provincia di Milano, 1975.
Galeone
Vittorio, Ricordi partigiani. Con un quadro storico su “La Resistenza
nell’est milanese” di Giorgio Perego – Cernusco sul Naviglio, Bine Editore,
1985.
Mascetti
Eugenio, La pelle dell’orso MIlano, Greco&Greco, 1990.
Perego
Giorgio, Col cuore in gola: fascismo, resistenza e vita quotidiana a
Cernusco sul Naviglio dal ’43 al ’45 – Concorezzo, GI. Ronchi, 1995
La
Resistenza: …per non dimenticare…: interpretazione pittorica di 33 artisti
contemporanei: Mostra di Pittura itinerante. A cura del critico Giuseppe
Casiraghi – Macherio, 1995. Celebrazione del Cinquantesimo anniversario della
Liberazione. La Mostra è stata realizzata con il patrocinio dell’Associazione
Nazionale Partigiani d’Italia e sotto l’egida del Gruppo RUMORI di Macherio. La
Mostra si è tenuta a Brugherio dal 12 al 26 maggio 1996
Rigoldi
Mario, Antifascismo e resistenza a Carugate – Carugate, 1980.
Sala
Vincenzo, Gli eroi della Martesana in “Quaderni della Martesana”,
ottobre 2003, n. 6.
Testimonianze
di donne monzesi dall’antifascismo alla Resistenza ai giorni nostri. A
cura della Commissione Scuola e Cultura della Associazione Nazionale Partigiani
d’Italia Sezione Monza – Monza, Associazione Novaluna, [199-?]
Don Giuseppe Mariani.
Storia di un prete partigiano / tesi di laurea di Giuseppe Mariani; relatore
Chiar.mo Prof. Alfredo Canavero. – Milano: Università di Milano, [1994]. – 212
p.; 30 cm.
In
testa al front: Università degli Studi di Milano, Facoltà di Lettere e
Filosofia, Corso di Laurea in Storia. – Milano, Anno Accademico 1993-94
Biblioteca di Carugate.
…………………….
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