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lunedì 11 novembre 2024
S.ALBINO - LA' DOVE C'ERA L' ERBA...
sabato 9 novembre 2024
PRESIDIO ANTIFASCISTA OGGI ALLE 16.30 A MONZA - SIAMO TUTTI ANTIFASCISTI (ANCHE LEALTA' AZIONE???? )
Comunicato stampa:
presidio antifascista Sabato 9 novembre 2024 h16.30 via Turati 8 Monza
Sabato 9 novembre alle ore 17 presso il Binario 7 a Monza, è previsto un incontro organizzato da LEALTÀ AZIONE, realtà di estrema destra nata in Lombardia e presente dal 2010 con le proprie sedi a Milano e Monza.
Lealtà Azione è una diretta emanazione degli ambienti Hammerskin, ma con ambizioni a più ampio raggio. In questi anni si è sviluppata sul territorio nazionale tramite la costituzione di diverse branche, tra cui Memento che ha lo scopo di commemorare i militi della RSI.
Lealtà Azione ha sottoscritto la dichiarazione prevista dall'amministrazione comunale di Monza per la concessione di spazi pubblici in cui afferma di riconoscersi nei valori antifascisti della Costituzione della Repubblica.
Ci chiediamo cosa significhi e quale valore possa avere questa firma, in quanto tale organizzazione si ispira, tra gli altri, a Ezra Pound (poeta stimatore di Hitler e Mussolini), Léon Degrelle (collaborazionista della Germania nazista, arruolato nelle Waffen-SS), Corneliu Zelia Codreanu (fondatore della Legione dell’Arcangelo Michele, meglio conosciuta come Guardia di Ferro, milizia armata di ispirazione cristiana, fascista e brutalmente antisemita). Quindi, idee e principi diametralmente opposti a quelli sanciti nella nostra Costituzione, che è completamente antifascista ed è nata dalla Resistenza. Chiamiamo tutti i cittadini antifascisti a partecipare al presidio antifascista sabato 9 novembre 2024 dalle 1630 alle 1830 in Via Turati 8 a Monza per ribadire che nell’Italia democratica non devono essere concessi spazi pubblici alle realtà che si richiamano direttamente al fascismo e al nazismo.
Anpi Monza-Sezione Gianni Citterio
un cooperante di Branco (emanazione solidaristica di Lealtà e Azione) che consegna pacchi (ndr. solo agli italiani). Dal sito di Lealtà e Azione. Notare i tatuaggi storico-commemorativi. |
mercoledì 6 novembre 2024
Metodi 4 – QUARTO INCONTRO DEDICATO ALLA FORMAZIONE DELLE CONSULTE DI MONZA
Metodi 4 – QUARTO INCONTRO DEDICATO ALLA FORMAZIONE DELLE
CONSULTE DI MONZA
Tema di oggi: la CO-PROGRAMMAZIONE E LA CO-PROGETTAZIONE
In tale ottica la PA apre ad un lavoro di parternariato con
il 3° settore per una migliore programmazione e progettazione. In questo
contesto il 3° settore a sua volta intende partecipare alla programmazione e
alla progettazione con PA in un rapporto di reciproca valorizzazione. Questo
approccio è definito anche “welfare di comunità” secondo un “principio di
sussidiarietà cicolare”.
Nella progettazione ed erogazione di servizi non ci si ferma
più al tradizionale bipolarismo STATO – MERCATO
ma si crea un TERZO POLO che non mira solamente, come il mercato, al
profitto ma che vuole anche evitare l’ assitenzialismo.
Questo approccio mira a coinvolgere le molte e diverse
agenzie pubbliche e del non profit senza escludere neppure il profit del
territorio che può dare a sua volta un supporto importante
Ovviamente la legge del 2017 citata sopra è il punto di
partenza. Secondo l’art. 5 la PA deve identificare bisogni e ipotesi di intervento. A questo
punto chiede al 3° settore di ma occorre
poi contestualizzare
Art 5 pa identifica bisogni e interventi
Chiede al 3° settore di co-progettare. La collaborazione fra
pubblico e 3° settore può produrre arricchimento e favorire l’innovazione. Può
anche ampliare le risorse in campo.
Per la chiamata a collaborare rivolta al 3° settore la PA
segue procedure di evidenza pubblica (bandi).
In Lombardia per esempio la co-progettazione riguarda i “piani
sociali di zona”. Sono tavoli permanenti cercano di definire programmazione a
lunga durata e una strategia territoriale.
Oggi anche i piani urbanistici possono nascere in questa
ottica di co-programmazione (visione verso il futuro) e co-progettazione. La co-progettazione
mira a definire e realizzare gli specifici progetti prima co-programmati.
Co-programmazione e co-progettazione sono due cose diverse e
hanno una tempistica diversa. Prima si elabora una visione strategica di
programma sulla durata (co-programmazione). Solo poi si elaborano e realizzano
i progetti che devono concretizzare la programmmazione. Oggi spesso di fa un
“progettificio” senza alcuna visione programmatica.
Un esempio-
Problema anziani – come prevenire il ricovero in istituti? Programmo
per i prossimi anni servizi di assitenza domiciliare. E poi li realizzo in
progetti concreti nel territorio.
I progetti si fanno in co-progettazione (dopo una co-programmazione
che è prioritaria).
L’aumento della complessità e delle fatiche sociali
impongono di mettere insieme le forze di diversi attori sociali. Il presupposto
è proprio dato da problemi che il singolo attore non può affrontare da solo. Occorrono
competenze e idee da mettere assieme per affrontare problemi complessi che il
regime di concorrenza o competenze specifiche e separate non possono risolvere.
Passaggi utili: unire le forze diverse; uscire da logiche
settoriali; mobilitare assieme le risorse (economiche ma non solo); coordinare più attori che
convergano verso obiettivi comuni (sostanzialmente la cura della propria
comuntà). Queste scelte fanno crescere dentro le comunità la solidarietà che
non è solo una scelta etica ma anche funzionale a realizzare forme di collaborazione
che danno risposte solide ai bisogni del territorio. La autosufficienza oggi
non va lontano.
Tutte queste attività richiedon processi virtuosi. Ad
esempio apprestare una “cassetta degli attrezzi” con strumenti che ci aiutino a
valutare i risultati del lavoro fatto misurandoli nel tempo evalutandone
l’impatto sociale ( come e quanto ha funzionato il nostro lavoro?)
Il welfare di comunità come già detto esce da pure logiche
assitenzialistiche ma anche dagli interessi esclusivi del mercato.
Richiede e realizza corresponsabilità di molti attori a
favore in primo luogo dei più fragili ma anche per una coesione sociale che
avvantaggia tutti.
Co-programmazione e co-progettazione sono due processi che
vanno assieme.
Creare reti comunità significa creare forme di intelligenza collettiva
di cui oggi abbiamo grande bisogno.
martedì 5 novembre 2024
Terzo incontro con “Metodi” (progetto formativo per le Consulte di Monza)
Terzo incontro con “Metodi” (progetto formativo per le Consulte di Monza)
Incontro 3 – formatore psicologo di comunità
Tema: Lavoro di rete
Si parte con qualche osservazione sulle criticità
In primo luogo occorre trovare un senso alle cose. Per fare questo occorre TEMPO
Il tempo è un elemento cruciale del lavoro di rete. Lavorare con gli altri richiede TEMPO.
Oggi la gente dedica sempre più il proprio tempo ad attività individuali. C’è una fuga dalla collettività.
- Abbiamo bisogno di rilanciare la proposta di collettività (rivendicazione che ora sembra appannaggio solo di fanatici, nazionalisti e estremisti religiosi ecc.).
- Dobbiamo costruire aree di conforto in cui riprendere il gusto di stare insieme
Il lavoro di rete, il coltivare reti può essere la risposta per riportare al centro lo stare insieme agli altri, per ritrovare il senso dello stare insieme e del fare le cose insieme (che non mira semplicemente a “fare le cose e stop”).
Segue brainstorming sul tema della RETE – si propongono varie associazioni di idee
Ad es. la parole rete ci può portare al calcio, al goal, al raggiungimento di un obiettivo. La rete può anche essere una protezione ma può anche imbrigliare (come la rete da pesca) – c’è poi la rete come connessione – la rete web – e ancora la rete come tessitura ma anche come lavoro faticoso ecc. ecc.
Da numerosissime ricerche emergono moltissimi aspetti positivi del lavoro di rete:
es. dalle esperienze della psicologia dell’emergenza si evidenzia il fatto che proprio nelle situazioni di crisi viene a galla il senso di comunità e le strutture sociali esistenti aiutano molto. Ad esempio il relatore parla di progetti durante il Covid a Seriate. In questo caso le reti (formali e informali; con operatori di prossimità) sono emerse visibilmente, soprattutto nel sostegno agli anziani su cose pratiche tipo procurare spesa, ossigeno ecc.
La costruzione di una rete è faticosa. Perché la rete è composta da persone che mantengono una propria identità e che anzi hanno spesso una forte personalità e identità.
Fare rete oggi è fondamentale perché da soli non ce la si fa ed il welfare sconta grandi problemi economici.
Oggi vi è un diffuso individualismo. NeI lavoro per gli anziani citato è emerso il fatto che spesso vi sono molti servizi ma che non comunicano tra loro. Un obiettivo primario può essere proprio quello di mettere in rete tutti questi soggetti. Il lavoro di rete mira poi a riattivare corresponsabilità e senso civico. Occorre fare in modo che tutti i partecipanti sentano la cosa come propria. Occorre imparare a condividere risorse, non tanto e non solo economiche. Ad esempio si può fare rete per trovare spazi in cui fare cose. La rete mira a creare relazioni fra organizzazioni coordinandole appunto in un reticolo.
Esiste anche una normativa che favorisce il lavoro di rete ma alle volte anche la questione normativa diventa un peso.
In primo luogo le reti sono fatte di persone con nomi e cognomi e loro personalità e storia. La partecipazione dipende anche da come sono le persone e da come si pongono con gli altri.
Il lavoro di rete avviene anche secondo le indicazioni fornite dalla cosiddetta “teoria dei legami deboli”. Secondo tale teoria le reti possono fondarsi anche su “ legami deboli”, connessioni che si realizzano anche senza una conoscenza reciproca. Ad es. nel progetto di cui sopra tali “legami deboli” si realizzarono attraverso la rete dei negozianti che divennero dei “natural helpers”, delle sentinelle di quartiere pronte a segnalare ad es. il mancato contatto con un anziano in quel dato giorno ecc.). Reti molto leggere che non impongono impegni gravosi ma che bastano ad agganciare tra loro persone per connetterle in una rete utile.
Questo signifia anche responsabilizzare i territori creando ad esempio delle “ mappe di sentinelle di prossimità”.
Altre reti costituite invece da legami forti sono ad esempio le amicizie.
Consigli per il fare rete:
trovare qualcosa di importante che ci unisce
chiedersi come possiamo gestire il problema
chiedersi cosa genera questo problema
chiedersi in quale contesto siamo? Tra l’altro spesso abbiamo in testa geografie diverse.
Chiedersi chi sono i soggetti maggiormente interessati
Fare un “sociogramma”, cioè uno schema. Al centro scriviamo il problema. Attorno i vari soggetti attivabili (soggetti pubblici e formali ma anche informali tipo il mondo dei commercianti, degli esercizi frequentati dai giovani ecc.).
Il relatore fa l’esempio di un signore che arriva alla ricerca di libri e pian pano mette in piedi un bookcrossing. Pian piano cominciano ad arrivare altri che magari sentivano solo il bisogno di non stare soli.
Anche l’informalità ha un suo potere. Chiedersi: come li agganciamo? Quali contributi possono dare? Quali passioni hanno attraverso cui agganciarli? Alle persone spesso piace qualcosa e poi scoprono che questa passione si può mettere in rete. Occorre coltivare anche il piacere (non solo il dovere).
Le persone possono essere poi traino per altri. Partire dalle persone più motivati (la cosiddetta tecnica della “palla di neve”).
Per fare tutto ciò occorre uscire dai nostri confini, andare dove le persone stanno.
Es. giovani: cercarli nei loro luoghi di aggregazione (locali, parchetti ecc.).
Costruire luoghi di prossimità anche in spazi non formalizzati.
Tenere presente che non tutti i temi sono interessanti per tutti. Ad esempio il tema della salute mentale di solito è tabù. Ma anche in questo caso il formatore cita esempi in cui pian piano, partendo da iniziative ludiche in quartiere anche persone malate sono entrate in relazione e si è scoperto che il tema in realtà toccava direttamente o indirettamente tutto il quartiere. Tutto ciò implica investimento in attività, costruire una visione condivisa, obiettivi comuni di lavoro.
Lavorare sulla vision: “prova a immaginare il quartiere fra 10 anni”. Interessante fare questa domanda a diverse fasce d’età.
Motivare le persone (spostare dal problema alla possibilità di una soluzione).
Dopo aver disegnato questa mappa del problema e delle possibili risorse attivabili occorre definire degli obiettivi (anche pochi ma concreti e avvicinabili). Meglio partire da piccole cose per sperimentare e far sedimentare la collaborazione
Nel lavoro di rete occorre avere funzioni di coordinamento (pratico ma anche delle relazioni; stimolare anche il piacere di connettersi con le persone).
Definire i metodi.
Ci sono diversi livelli di collaborazione possibili
- Non conosciamo gli altri – cominciamo col conoscerci (almeno per stereotipi iniziali – solo col tempo conosci, davvero facendo cose insieme)
- Alle volte ci si può accontentare di disegnare assieme una mappa dei problemi
- Poi usiamo metodi digitali, riunioni coi coordinatori; passaparola.
Ovviamente a diversi livelli di collaborazione corrispondono diversi modi di cooperazione (ad es. condivisione spazi; fino alla condivisione di rischi, risorse, responsabilità; progettazione partecipata ecc.).
La collaborazione va curata. La fiducia negli altri va coltivata e protetta. Usare questi spazi come elementi di trasformazione insieme.
SINTESI
La rete può cambiare la nostra visione degli altri.
Se la cosa non mi interessa non entro in rete
Vi sono cose che impongono tappe progressive di consapevolezza ( vedi l’es. precedente sulla salute mentale).
Cè il tema dei costi/benefici (le persone generose vanno protette o scoppiano). Occorre equilibrio
Occorrono risorse economiche (occorre anche progettare per finanziamenti; spesso conoscere altre esperienze aiuta a progettare assieme – cercare di monetizzare il lavoro di rete)
Ci sono disequilibri di potere nelle comunità (aspetti di personalità ma anche aspetti storici ; elementi da valorizzare ma anche da equilibrare).
Il tema organizzativo è importante: definire chi fa cosa – informazioni semplici e essenziali - la comunicazione interna ed esterna è importantissima.
Ricerca di obiettivi comuni anche parziali
Cercare fondi (anche piccoli, tipo quelli che si usano in USA come mini incentivi da dare a gente del quartiere)
TEMA DEL COORDINAMENO
Alcune buone pratiche:
- Coordinamento - segreteria di rete – rubrica – aggiornamento costante delle nostre mappe – registrare anche contatti fluidi da tenere – invio delle comunicazioni e come farle – distribuzione dei compiti per garantire corresponsabilità e evitare squilibri – facilitazione ( metodi, clima, la gente porta da mangiare, le chiacchere ecc.)
- Progettualità – ricerca fondi – tema dell’efficacia – valutazione dell’evento (ma anche un momento un po’ celebrativo e conviviale; simboli gratificatori ecc.).
- COMUNICAZIONE – MATERIALE PRODOTTO – LINGUAGGIO –
- problema della conflittualità (spesso implicita, che lavora sotto sotto).
- Le reti sono fatte di persone che devono sentirsi parte – atteggiamento di ascolto e mediativo – prossimità (essere vicini, conoscere gli altri, rapportarsi a ciascuno secondo modalità adatte e non standardizzate).
- Conoscere quello che già c’è (valorizzare ciò che c’è già).
- Il tema dei LUOGHI che facilitano. Anche la nostra disposizione fisica è importante.
- Cura delle relazioni
- Valorizzare le competenze già esistenti.
- Atteggiamento accogliente (salutare ecc.; informalità)
- Costruire accordi di rete (es. patti educativi) – scrivere nero su bianco.
Il Tema del coordinam è fondamentale (o c’è rischio di dispersione)
Rete – prima occorre capirne il senso
Il tema degli accordi viene dopo
Il metodo è importante (orientamento ed efficacia dell’ incontro)
Eterogeneità va bene – ma occorre almeno un piccolo nucleo coeso
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Sfaldamento della rete – in primo luogo occorre accorgersene
Vedi slide con Lista di controllo dello stato d rete
Es. dare spazio a tutti nella discussione (metodi – piccoli gruppi ecc.)
Mancata partecipazione o silenzio sono sintomi di malessere
Segreteria di rete – che tra le altre funzioni riaggancia chi se ne va
Accorgersi degli altri
Dare spazio al conflitto è importante (magari dando un tempo)
TROVARE COSE MOLTO CONCRETE (ad es. con i giovani: costruire eventi)
Leadership partecipativa (ma comunque leadership)
Rete delle realtà da contattare x il dato tema (e fare primi incontri)
Partire da piccoli reticoli e da persone che possano fungere da traino e da tramite
Fare assieme aiuta
Operativo e relazionale vanno assieme
I conflitti impliciti sono cose gravi
Raccolta fondi ; Foundraising, croudfunding, autofinanziamento, bandi di finanziamento (specie x iniziative di lungo termine)
I percorsi formativi sono importanti per avviare una rete (ad es. sulla salute mentale)
lunedì 4 novembre 2024
CONSULTA DI QUARTIERE S.ALBINO - LUNEDI' 11/11/24 ORE 21
Come sempre in premessa chiariamo che il nostro Comitato si è dimesso dalla Consulta perché ritiene che la nostra amministrazione non riconosca (come del resto le precedenti) a tale organo un ruolo di reale e incisiva partecipazione. Tuttavia molti membri del Comitato cercano comunque di presenziare sperando di allargare l'impegno della Consulta a questioni cruciali che riguardano la vita del quartiere: viabilità più sostenibile, lotta all'inquinamento automobilistico e industriale, tutela del territorio e del verde, contrasto al disagio e alla solitudine, rivendicazione di spazi sociali e culturali ecc.
CQSASD
Comunque ecco l'invito alla riunione che ci arriva dal Comune:
Gent.mi/e, buongiorno!
Breve sintesi del secondo incontro promosso da Metodi (per la formazione delle Consulte di Monza)
Sintetizziamo qui l'intervento del formatore.
Il Regolamento della Consulta è lo strumento fondamentale da analizzare. Da tale analisi emerge in primo luogo il ruolo fondamentale assegnato al Coordinatore della Consulta.
Il coordinatore deve essere il garante della partecipazione; il garante dei processi (definizione dei contenuti ma anche dei processi decisionali); ma anche il garante delle relazioni fra i membri della Consulta. Il coordinatore conduce e facilita i lavori della Consulta e cura le relazioni fra i membri. E’ un ruolo fondamentale e gravoso.
Il Comma 10 art 5 definisce il metodo scelto per la Consulta:
un metodo partecipativo e inclusivo
Il processo decisionale richiede un serie di passi. In primo luogo occorre un ordine del giorno condiviso
- IL PROCESSO DECISIONALE
Decidere insieme è difficile
- COME PRENDERE LA DECISIONE
1) Decisione a maggioranza – non è prevista nel
Regolamento.
Il regolamento delle Consulte di Monza privilegia altre
alternative rispetto al modello “maggioritario”. Il modello a maggioranza
infatti causa inevitabilmente una polarizzazione.
Alcuni studiosi parlano di un modello relazionale e
decisionale di tipo paterno (nel senso dell’autorità paterna che si impone) in
contrapposizione ad un modello “fraterno” (relazioni tra pari). Il Regolamento delle Consulte di Monza si ispira maggiormente al secondo modello.
Nella ricerca di un modello più partecipativo e condiviso
anche la disposizione delle persone ha una ricaduta. Il “cerchio decisionale”
risulta più coerente rispetto alla disposizione ex cathedra dove i coordinatori
stanno dietro un tavolo e gli altri fungono da pubblico.
- SUGGERIMENTI PROPOSTI DA "METODI"
In primo luogo occorre mettere in discussione il “mantra
decisionista” secondo il quale quello che conta è sempre e comunque decidere ad
ogni costo. Ovviamente la condizione ottimale sarebbe quella di una decisione
consensuale fondata sulla reciproca fiducia. Ma per arrivare a ciò occorre un metodo di lavoro che aiuti a prevenire
e a gestire le inevitabili situazioni di divergenza e conflitto. Tra l’altro
anche il conflitto non va demonizzato perché correttamente gestito può essere
una risorsa (Bateson: ”stare con la differenza senza eliminarla”) .
Per produrre processi partecipativi orientati al consenso
(ovviamente inteso come libera scelta di ciascuno) è utile considerare 3 fasi
distinte del processo:
- 1) fase preparatoria
- 2) fase assembleare
- 3) fase esecutiva
1) Fase preparatoria
– tutti devono essere informati a priori di tutto (Odg, agenda, tempi, metodo
di lavoro e di processo decisionale, documenti
necessari ecc.)
2) Fase assembleare – Occuparsi di “teste testi e contesto” –
Occorre cura dell’ambiente (ad es. il luogo condiziona – meglio evitare la cattedra
– tutti seduti pariteticamente senza livelli simbolici diversi che creano
separazione – iniziare ricondividendo la fase preparatoria (ricordare odg,
agenda e passi da fare ecc.) – ribadire il metodo: spiegare anche le varie funzioni e
valutare assieme cosa tutti ne pensano (siamo d’accordo sul metodo di lavoro?).
La ricerca di un “metodo del consenso “ richiede infatti un prioritario "consenso sul
metodo".
3) Fase esecutiva -
verifica dell’effetto delle decisioni prese.
Partecipare è sapere per influire. Partecipare è realizzare
assieme. Questo metodo partecipativo si fonda sulla facilitazione. La
facilitazione può essere gestita da specifiche figure professionali ma anche
no. In questo caso la facilitazione può anche essere assunta dall’intero gruppo
o delegata a qualcuno che si sforzi di far funzionare la riunione.
- GESTIONE DELLE SITUAZIONI DECISIONALI CONFLITTUALI
Le posizioni conflittuali non vanno demonizzate. Possono avere un ruolo utile. Ma occorre anche sapere come gestire queste situazioni. Nella logica della ricerca del consenso si può chiedere alla “minoranza” di argomentare per far cambiare idea alla “maggioranza”. Si può anche ricorrere alla “tecnica del rispecchiamento”: chiedere a chi è contro di spiegare la posizione altrui (l’hai capito bene? Forse in realtà non ci si è capiti e c’è stato un fraintendimento). Alla fine la minoranza può esporre le proprie tesi. A questo punto si può chiedere se la maggioranza ha cambiato idea (anche qui usare il “rispecchiamento”: hai capito bene quello che ti dico?). Anche le maggioranze sono spesso masse fluide i cui membri condividono un parere ma con sfumature diverse. A questo punto la maggioranza può anche accettare un qualche cambiamento. Spesso il conflitto nasce infatti da incomprensioni o malintesi. E qui anche la postura comunicativa è importante.
Alla fine a posizioni invariate la minoranza può dire:
- - confermo il mio disaccordo ma accetto la decisione della maggioranza. In questo caso il consenso è comunque raggiunto se
- - confermo e dichiaro di accettare con riserva (in qualche modo la minoranza decide di “stare da parte”. In questo caso la maggioranza deve dire se accetta tale situazione)
- - rifiuto la decisione e chiedo una sospensione per valutare meglio
Se la minoranza chiede una sospensione la maggioranza dice se accetta e in tal modo si torna ai casi 1 o 2.
Alle volte il conflitto resta insanabile e solo qui magari si
opta per un rinvio o per una decisione maggioritaria. Alla fine comunque una
decisione va presa – anche la non decisione è una decisione.
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Altre questioni poste:
Come condividere un parere su questioni rispetto alle quali non tutti hanno le stesse competenze (ad es. norme urbanistiche)? Risposta: cercare di ovviare fornendo a tutti nella fase preparatoria le informazioni necessarie.
La partecipazione richiede rigore metodologico.
- Approfondimenti sul tema della FACILITAZIONE
E’ un processo indispensabile. Anche se vi sono presenti
persone con ruoli specifici la facilitazione deve essere un contenuto e un atteggiamento
corale (indispensabile principio di corresponsabilità).
La facilitazione riguarda:
- · Contenuti (capire bene. Stare in tema)
- · Procedure (tempi e fasi del lavoro, compresa la fase preparatoria)
- · Dimensione socio-affettiva
La cura delle relazioni è un tema
socioaffettivo. Occorre favorire un buon clima del gruppo e coltivare il desiderio
di lavorare insieme con l’altro; non si sta insieme solo per bisogno o per
seguire il mantra del dover-essere. A questo proposito occorre imparare anche a
prendersi cura di sé e a volte è buona cosa prendersi un anno sabbatico. Il
facilitatore (ufficiale o meno) cura tutti questi aspetti.
Suggerimento di metodo: Il coordinatore/facilitatore non
dovrebbe entrare nel merito dei contenuti (a meno che lo espliciti direttamente
e in tal caso è opportuno si faccia sostituire nella funzione di coordinatore.
Il coordinatore infatti può condizionare (è una scelta
discrezionale del coordinatore). L'importante però esplicitare ogni volta. Il
Coordinatore deve avere cura dei processi e delle relazioni. La cura è un
principio etico ma esso va realizzato in un metodo di lavoro).
Obiezione di un ascoltatore: il coordinatore poi si muove
sui tavoli comunali come un portavoce in qualche modo autonomo.
Risposta: nel Tavolo di coordinamento il coordinatore
rappresenta la propria consulta e non fa scelte personali. Il Regolamento non
dice mai che il coordinatore sia un portavoce.
Altre questioni
Chi è il gruppo? Risposta: in quel momento il gruppo è costituito dai
presenti.
Più ci si sente parte di un gruppo e meglio è. I non detti invece producono danni, così come il non darsi regole.
Altri temi importanti
E’ impossibile non comunicare. La comunicazione non verbale nel gruppo ha un ruolo molto importante. Essa è espressione di emozioni potenti.
· Risultati da enumerare alla fine di ogni incontro
- Risultati sul piano dei contenuti (cosa abbiamo deciso?)
- Risultati sul piano del processo decisionale (come è
andata?)
- Risultati sul piano dei rapporti (fra i membri del gruppo)
- Risultati sul piano della crescita personale
- Risultati sul piano sociale e politico
Soprattutto i primi tre punti sono importanti per la vita
del gruppo
Se cresciamo tutti assieme cresce il benessere delle nostre
comunità.
Il metodo influenza il prodotto finale del gruppo. I
processi decisionali devono rispettare le indicazioni del Regolamento che deve
essere sempre il punto di riferimento.
domenica 3 novembre 2024
Alcuni nostri commenti al primo video di "PartecipiAMO per il quartiere - Quartieri, comunità e territorio nella città contemporanea"
BUIO PESTO A SANT'ALBINO
Per non parlare delle luci della piscina e del relativo parcheggio che sono al buio da tempo. Si rischia perfino l'investimento!
venerdì 1 novembre 2024
IL COMITATO SANT'ALBINO METTE I PUNTINI SULLE i
METTIAMO I PUNTINI SULLE i
Un membro della Consulta ci segnala un commento di Facebook che trovate sotto. Esso non meriterebbe particolari commenti. In primo luogo la persona usa uno pseudonimo, cosa da evitare sui social. Nel commento è espresso un comprensibile malumore per la scarsa attenzione delle nostre amministrazioni comunali (da sempre) per il quartiere di S. Albino. Cogliamo però l'occasione per una risposta a critiche sbagliate e per ribadire quali sono le diverse caratteristiche e funzioni di Consulta e Comitato di quartiere.
La Consulta è un organismo istituzionale che il Comune ha aperto alla partecipazione di tutti i cittadini. Chiunque abbia voglia di portare la sua voce, compreso la signora del messaggio in oggetto può iscriversi e partecipare. Fin dall'origine ha un compito precipuo: l' organizzazione della festa di quartiere. Anche per contestare questo orizzonte troppo limitato il nostro comitato ha dato le dimissioni dalla consulta. Molti di noi però continuano a parteciparvi come cittadini attivi. Negli ultimi anni la coordinatrice della Consulta è stata appunto una appartenente al comitato.
Il Comitato di quartiere S. Albino (CQSASD) è tutt'altra cosa: un comitato spontaneo e apartitico di cittadini (pochi, anzi troppo pochi) che da una quindicina di anni cerca di occuparsi del nostro quartiere e anche del limitrofo San Damiano che ha comunque molti interessi comuni. Partito dall'impegno di monitorare e tutelare lo sviluppo urbanistico ha esteso via via il proprio sguardo a tutto ciò che concerne il benessere dei cittadini del quartiere (tutela del territorio e della salute, lotta a traffico e inquinamento ecc. ecc.). Per fare solo qualche esempio esso ha avuto un ruolo primario nella realizzazione della ciclabile di Via Adda, del sovrappasso ciclopedonale ottenuto dopo la morte del giovane Simone Della Vella investito da un'auto. La battaglia contro l'inquinamento prodotto da Asfalti Brianza ci ha visto presenti fin dall'inizio e anche in tribunale. Alla fine l'azienda inquinante ha chiuso. Abbiamo fortemente sostenuto la battaglia del compianto Tino Barzetti contro l'inquinamento del CEM di Viale Industrie cui il Comune di Monza alla fine non ha rinnovato l'affitto. Abbiamo denunciato un insediamento abusivo di TIR in Via Offelera per il quale due persone sono sotto giudizio. Abbiamo favorito la creazione dell' Orto Condiviso in Via Rossi . Ora cerchiamo di fare in modo che le cospicue compensazioni che Elesa deve pagare per ampliare su suolo agricolo finiscano in quartiere e non nel calderone monzese. In proposito ricordiamo a tutti che tutti questi soldi (quasi un milione di euro) potranno essere usati, per legge, solo in compensazioni a verde e ciclabili. Non si tratta dunque di uno sfizio di ambientalisti radical-chic.
Ci siamo attivato contro l'incredibile "gaffe" del Comune che aveva recentemente deciso di affittare agli stessi proprietari di Asfalti Brianza un autolavaggio per camion in Via Adda. Attendiamo ancora notizie ufficiali.
La signora in oggetto lamenta lo scarso impegno del Comitato nella comunicazione. Solo in questi ultimi anni la versione più recente del nostro blog ha pubblicato ben 6.661 post che molto spesso sono stati ripresi dalla stampa locale e dal gruppo facebook "Sei di S.Albino e San Damiano se..." da noi creato come spazio di incontro e comunicazione per il quartiere. Le visite alla versione più recente del nostro blog (in precedenza ce ne sono state altre) sono ad oggi quasi 674.000.
Da ormai sei anni teniamo aperto uno "Spazio libri" in cui ogni mercoledì dalle 16 alle 18 alcuni membri del nostro Comitato sono a disposizione di chi volesse prendere gratis libri da leggere o anche solo chiacchierare in compagnia. In questi anni abbiamo regalato migliaia di libri alle Scuole e a varie associazioni benefiche.
Abbiamo dedicato ore ed ore alla lettura e alla interpretazione di migliaia di pagine riguardanti le carte di Asfalti Brianza e soprattutto le questioni urbanistiche.
Certo non ci meraviglia un certo isolamento in cui ci troviamo. Siamo in una fase di crollo della socialità e le istituzioni non fanno abbastanza per contrastare questa deriva di isolamento individualistico. Ma riteniamo di aver dato al nostro quartiere un contributo d'impegno fin troppo generoso.
CQSASD
martedì 29 ottobre 2024
MONZA TRADITA? LIBRO BIANCO SULLA CITTA' 3.2 - VENERDI' 8/11 ORE 20.30 A SAN ROCCO
HALLOWEEN A SANT' ALBINO
sabato 26 ottobre 2024
DA SANT'ALBINO CODE INFINITE PER ANDARE...A MONZA (PER NON PARLARE DEL PARCHEGGIO SELVAGGIO)
Beh, è vero. I santalbinesi avvertono sempre una certa distanza dalla "capitale". Forse perché il nostro quartiere è quasi totalmente privo di servizi. Forse perché il parcheggio selvaggio regna incontrastato, specie in concomitanza con le gare alla Piscina Pia Grande e ai campi di calcio del "Città di Monza". O forse perché a volte per coprire le poche centinaia di metri che portano sul Viale Industrie ci vuole mezz'ora.
Eppure avevamo detto subito che la "rotonda a fagiolo" era sbagliata. Avevamo chiesto subito che si riaprisse almeno l'uscita che va verso lo stadio. Come abbiamo chiesto da sempre di ridurre il traffico di passaggio in quartiere e quello dei mezzi pesanti su Via Adda. Ma nessuno ci ha ascoltato mai.
ps:
Vi abbiamo mai parlato dei mezzi pubblici? In primo luogo non si trovano i biglietti. Nessua rivendita in loco. La sera e nei weekend no corse. Spesso le corse saltano. Per arrivare in ospedale ci vuole un'ora. La ricarica delle tessere non si può fare neppure ad ATM. Tocca cercarsi qualcuno dei pochi bar del centro che offrono il servizio.
CQSASD
Via Sant'Albino |
Via Ferrucci |
Via Ferrucci |
Via Fieramosca |
Via Fieramosca |
Via Alberto da Giussano |
Via Murri |
rifiuti nel parcheggio "Città di Monza" |
In blu il (minuscolo) parcheggio del "Città di Monza" |