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domenica 14 aprile 2019
La verità del CSM su Sergio Bramini
A dire la verità quasi da soli abbiamo riportato da tempo una versione critica della vicenda che rimane comunque incresciosa...
CQSA
La verità del CSM su Sergio Bramini
CQSA
La verità del CSM su Sergio Bramini
16/4 ore 21: "SICUREZZA? SOLIDARIETÀ"
Verso il 25 Aprile - Un incontro pubblico per riaffermare il coraggio di una nuova resistenza contro la violenza del razzismo, contro l’indifferenza e la nuova ferocia del nostro tempo.
Vi aspettiamo!
Etichette:#comitatosantalbino, #monza, #
#ANTIFASCISMO,
#immigrazione,
#openmonza
sabato 13 aprile 2019
ROMEO CONTRO I FURBETTI ( E I BAMBINI) (DA CHE PULPITO!)
DA CHE PULPITO!"MASSIMILIANO ROMEO, CAPOGRUPPO DELLA LEGA AL SENATO, CONDANNATO PER LE SPESE PAZZE IN LOMBARDIA"
VEDI QUI: https://www.huffingtonpost.it/2019/01/18/massimiliano-romeo-capogruppo-della-lega-al-senato-condannato-per-le-spese-pazze-in-lombardia_a_23646174/
venerdì 12 aprile 2019
Rapporto di Legambiente sulla mobilità sostenibile: Milano spicca, Monza insegue - Cronaca Monza
giovedì 11 aprile 2019
Caso Bramini, il Csm: "Bravo il giudice, non è stata raccontata la verità da giornali e politici" | Seietrenta.com
PERCHÉ VENIRE ALLO "SCAMBIO LIBRI" AL CENTRO CIVICO DI SANT'ALBINO
Nella giornata di ieri, durante lo spazio
dedicato allo “Scambio libri” abbiamo ricevuto delle gradite visite. Sono intervenuti come sempre i bambini che
giocano vicino al Centro civico di Via Mameli. Sono divenuti ormai degli ospiti
abituali. Prendono libri e li riportano
e ci hanno anche donato libri loro che hanno già letto.
E’poi è venuta la signora Corna che è la
responsabile del gruppo San Vincenzo parrocchiale. Con lei abbiamo ipotizzato di dare vita,
sempre in collaborazione con la Consulta di quartiere, a qualche evento dedicato all’ attività della
organizzazione, che tra le altre cose gestisce anche un laboratorio di taglio e
cucito cui partecipano donne italiane e straniere. Abbiamo immaginato di poter
mettere in piedi una serata informativa aperta alla popolazione o un pomeriggio
conviviale per bere il tè assieme e per conoscerci reciprocamente. Vi faremo
sapere.
E’ venuto anche il signor Summo che potrebbe
organizzare al Centro civico o a Scuola una mostra di navi della marina. Gli
abbiamo chiesto di raccontarci un po' della sua esperienza di immigrato a San
Damiano prima e a Sant'Albino poi. Il
signor Summo ha raccontato della sua
giovinezza a Terlizzi, in provincia di Bari, dove ha conosciuto di
persona Don Tonino Bello, poi vescovo Molfetta, uno dei sacerdoti più impegnati
nel campo sociale.Ci piacerebbe poter dedicare una serata alla presentazione di
questa figura molto rilevante non solo per i credenti. Contiamo di poterne
parlare in Consulta e di incontrare in particolare la collaborazione della San
Vincenzo e della Parrocchia.
In questo mercoledì e in altri precedenti abbiamo
incontrato Fausto Federici. Con lui abbiamo ripercorso le vicende della sua
infanzia, quando il papà era in Russia e lui fu sfollato con la famiglia a
Cambiago, vivendo sulla sua pelle l'esperienza della fame più nera. Poi abbiamo parlato con lui della sua
militanza politica e sindacale.
Un altro mercoledì abbiamo incontrato il
signor Ferrario Giancarlo il quale è stato testimone di più di un rastrellamento nazista
a Sant'Albino. In particolare ci ha raccontato della terribile vicenda della
deportazione del signor Montrasio che abitava in Corte dei Passoni (dietro al
negozio di Giancarlo) e che fu portato in Germania per errore, per uno scambio
di persona e che morì in campo di concentramento. Da questa vicenda nasce
l’idea, che cercheremo di realizzare, di porre una “pietra d'inciampo “
all'uscita di Corte dei Passoni per ricordare a tutti il nome di questa vittima
della violenza nazifascista.
Un altro bagaglio di esperienze che vorremmo
recuperare è quello dei nostri amici compaesani venuti dal sud.
Seguendo le affermazioni del “paesologo”
Franco Arminio crediamo che un paese ( o un quartiere) da un lato è un luogo claustrofobico, che
rischia di spegnere la fantasia e la voglia di sognare ma nel contempo è uno
scrigno di vicende umane, di storie, di relazioni che vanno recuperate alla
memoria e che possono fondare una comunità
più consapevole, più matura, legata, più della città, alle questioni
davvero importanti dell'esistenza: il senso dell’coesistenza, della vita (e
della morte).
Tutte queste esperienze da non disperdere
potrebbero confluire in un materiale che vorremmo utilizzare per mettere in piedi un lavoro teatrale itinerante da rappresentare per le vie e le piazze di
Sant'Albino e San Damiano.
Tutto questo lavorio implica la partecipazione
delle persone, dei giovani, delle scuole e dei genitori.
Per ora
invitiamo tutti ad incontrarci ogni mercoledì dalle ore 16:00 alle ore 18:00
presso il Centro civico per l’attività di “Scambio libri”. Come saprete abbiamo già raccolto centinaia di libri per adulti e
bambini. Potete venire e prendere un libro da leggere. Meglio ancora se
in cambio ne portate uno da scambiare.
Lo “Scambio libri” sarà anche l'occasione per
incontrarci, conoscerci, raccontarci vicendevolmente, nel tentativo di
ricostruire una rete di comunità che aiuti tutti a vivere meglio.
PS: per noi Sant'Albino e San Damiano, soprattutto sul piano della memoria condivisa, sono una sola comunità. Per cui aspettiamo anche tutti i sandamianesi!
mercoledì 10 aprile 2019
RABBIA BRAMINI: NON MI CANDIDO
La diaspora di Monza | A Monza X Esempio
INQUINAMENTO A SANT'ALBINO - COMMENTI DEL PD E POLEMICHE
Cristina Daniotti ha condiviso un post.
Gruppo Consiliare Pd Monza
Monza soffoca per colpa del traffico. E la giunta non fa nulla.
Ricordiamo allora all'assessore all'immobilità #Arena che su traffico e mobilità ci sono migliaia di buone ragioni per darsi da fare.
80.000 mila buone ragioni, tante quante il compenso annuo che viene ora riconosciuto al direttore generale di Monza Mobilità, nominato da questa giunta senza concorso pubblico.
300.000 mila buone ragioni, tante quanto il budget che Monza Mobilità potrà impiegare tra il 2019 e il 2021 in non meglio precisate consulenze.
martedì 9 aprile 2019
SANT'ALBINO SOFFOCA E DICE BASTA!
Etichette:#comitatosantalbino, #monza, #
#AB,
#articolisusantalbino,
#INQUINAMEN TO,
#VIAOFFELERA
APPUNTI PER CHI SI OCCUPA DI SVILUPPO LOCALE
Ok, Franco Arminio è un poeta e parla del Sud e di montagne. Ma checché se ne dica anche Sant'Albino è un paese (molto più che un quartiere), è periferia....Leggete questo contributo straordinario e illuminante ...
(dal blog di franco arminio e dei paesologi)
DI ARMINIO
1.
Vivere nel luogo in cui sei nato, nella casa in cui sei nato, è una cosa rischiosa. È come giocare in fondo al pozzo. Si nasce per uscire, per vagare nel mondo. Il paese ti porta alla ripetizione. In paese è facile essere infelici. I progetti di sviluppo locale devono tenere conto di questo fatto: non li possono fare da soli i rimanenti, perché in paese non c’è progetto, c’è ripetizione. In un certo senso il paese ti mette nello schema dell’oltranza e non in quello della brevità. È difficile essere concisi. È difficile essere innovatori. In genere ognuno fa quello che ha sempre fatto, giusto o sbagliato che sia. Se nella pasta ci vogliono due uova piuttosto che una, comunque tutti continueranno a usarne due. E chi beve non troverà nessun incentivo a smettere. E chi si guasta lo stomaco mangiando troppo continuerà a mangiare troppo. Ci sono due abitanti tipici, il ripetente e lo scoraggiatore militante. Spesso le due figure sono congiunte, nel senso che lo scoraggiatore è per mestiere abitudinario, non cambia passo, continua a scoraggiare, è appunto un militante. Più difficile essere militanti della gratitudine, della letizia. È come se la natura umana in paese fosse più contratta, non riuscisse a diluirsi. E si rimane dentro un utero marcito. Il paese è pericoloso, bisogna saperlo, è un toro con molte corna. Allora se da una parte la città è disumana, il paese è troppo umano, non ti libera mai dall’umano e dunque dal senso della morte e dal senso della ripetizione. Alla fine nel suo senso più profondo la vita è quella cosa che può finire in qualsiasi momento, ma che intanto prosegue più o meno allo stesso modo. E questo in paese è più chiaro. In città è come se agisse un principio diversivo, come se ci fossero altre possibilità. In realtà non ci sono, ma è come se avessi l’illusione che ci siano.
Fatte queste premesse, come si fa a fare progetti di sviluppo locale? La chiave è dare forza a nuove forme di residenza. Il paese deve essere scelto e non subito. Chi arriva da lontano ha un piglio, una disponibilità che non trovi in chi è affossato nel suo paese. Il residente a oltranza anche quando è animato da buona volontà tende a impigliarsi nelle proprie nevrosi. Il paese tende a essere nevrotico. Il paese non sta bene, questo è il punto. E non ha voglia di curarsi. Lo sviluppo locale si può fare partendo da queste premesse. Alllora bisogna aprire porte che non ci sono, bisogna esercitarsi nell’impensato, bisogna essere rivoluzionari se si vuole riformare anche pochissimo. I paesi non moriranno, anche grazie ai loro difetti, grazie al loro essere luoghi che tutelano le malattie di chi li abita. In paese si fallisce, ma in un certo senso non si fallisce mai perché si fallisce a oltranza. È come dormire sempre nelle stesse lenzuola. Bisogna arieggiare il paese portando gente nuova, il paese deve essere un continuo impasto di intimità e distanza, di nativi e di residenti provvisori. Questo produce una dinamica emotiva ed anche economica. E la dinamica è sempre contrario allo spopolamento: bisogna agitare le acque, ci vuole una comunità ruscello e non una comunità pozzanghera.
Bisognava aprire emotivamente i paesi, dilatare la loro anima e invece la modernità incivile degli ultimi decenni li ha aperti solo dal punto di vista urbanistico, si sono sparpagliati nel paesaggio, a imitazione della città, ma è rimasta la contrazione emotiva. Il paese va aperto tenendolo raccolto. Lo sviluppo locale si fa ridando al paese una sua forma, ricomponendolo, rimettendolo nel suo centro, ma nello stesso tempo c’è bisogno di apertura. Lo sviluppo lo può fare chi lo attraversa il paese con affetto, non chi ci vive dentro come se fosse una cisti, un’aderenza, un cancro.
Il mondo ha bisogno di paesi, ma non come luoghi obbligati, come prigioni per ergastolani condannati a vivere sempre nello stesso luogo. Il paese deve essere organizzato come se fosse un premio, non come una condanna. Lo sviluppo locale si fa pensando a un luogo dove si premia un’esistenza, si dà una possibile intensità, quella che viene dall’essere in pochi, quella che viene dall’avere tanto paesaggio a disposizione. Allora non si dà sviluppo locale facendo ragionamenti quantitativi, mettendo il pensiero economico metropolitiano nell’imbuto del paese. Ci vuole un pensiero costruito sul posto, ma non solamente dagli abitanti del posto. Il segreto è l’intreccio e deve essere un intreccio reale, non il prodotto di un’assemblea, di un incontro estemporaneo. Chi vuole salvare i paesi deve entrarci dentro e in un certo senso deve buttare fuori chi ci vive dentro. Si deve realizzare uno scambio continuo, qualcosa di simile al meccanismo del sangue venoso e di quello arterioso. Lo sviluppo locale deve imitare la circolazione del sangue. In un certo senso si tratta di mettere mano agli organi interni. Spesso i paesi più belli sono quelli vuoti, come se fossero uccelli svuotati dello loro viscere. È come se la parte viscerale del paese fosse quella più malata, quella più accanita a tutelare la sua malattia. Un’azione di sviluppo locale allora deve essere delicata ma anche dura, deve togliere al paese i suoi alibi, i suoi equilibri fossilizzati, deve cambiare i ruoli: magari le comparse possono essere scelte come attori principali e gli attori principali devono essere ridotti a comparse. E allora non si fa sviluppo locale senza conflitto. Se non si arrabbia nessuno vuole dire che stiamo facendo calligrafia, vuol dire che stiamo stuccando la realtà, non la stiamo trasformando.
2.
I progetti di sviluppo locale negli ultimi anni non hanno dato grandi risultati. Ci sono fontane restaurate che sono di nuovo in disuso. Ci sono piazze molto volte ripavimentate, ma mentre si posavano le pietre, gli abitanti di queste piazze posavano la loro vita al cimitero. E i ragazzi cercavano un Nord che non c’è più. Qui parlo di Sud, ma il tema dello spopolamento non è il tema del Sud, è il tema delle montagne. E allora ragionare di montagne vuole dire capire che spazio sono le montagne. Forse più che dello sviluppo, le montagne hanno bisogno della gioia. Nei progetti di sviluppo locale non si parla mai delle gioia. Lo sviluppo ha bisogno di schede, è inteso come un risultato alla fine di un processo. La gioia è intesa come qualcosa di intimo, di ineffabile. Forse è venuto un tempo in cui la gioia deve essere immessa nello spazio sociale come elemento cruciale. Anche salutare un vecchio è un progetto di sviluppo locale. Non ha senso lavorare a progetti in cui tutto si risolve in una dimensione monetaria. Il denaro tende a scendere a valle, non rimane sulle montagne. Lo sviluppo locale deve fecondare passioni. Se ti regalo una mungitrice e tu pensi alle Mercedes più che alla mucca, non ho risolto nulla. Se lavoriamo a un progetto per anni e non ci accorgiamo che un forno sta per chiudere vuol dire che stiamo facendo retorica dello sviluppo, vuole dire descrivere lo sviluppo senza darlo. È come accendere una candela in una grotta molto grande: le candele descrivono la luce, non la danno. I governi in questi anni sono stati profondamente disonesti con i paesi e le montagne. Non si può tollerare che un caffè costa molto di più di un uovo fresco. E un quintale di grano costa meno di un shampo dal parrucchiere.
Il fuoco centrale dello sviluppo locale non può che essere la terra. È intollerabile che l’Italia importa un milione di vitelli. Dobbiamo mangiare la nostra carne, mangiarne poca, ma buonissima. I paesi devono produrre cibo di altissima qualità, i paesi vanno concepiti come farmacie: aria buona, buon cibo, silenzio, luce. E poi il soffio del sacro. Dove si è in pochi nessun cuore è acqua piovana. Ma bisogna immettere enzimi dall’esterno. Bisogna portare nelle montagne i pionieri del nuovo umanesimo. Più che mandare i soldi, bisogna trovare il modo di portare nei paesi e nelle montagne le persone giuste. E far rimanere le persone giuste. Allora un progetto di sviluppo locale ragiona di persone, non ragiona di progetti, i progetti vengono dopo. È molto discutibile questa logica che prima si fanno i progetti e poi si vede se c’è qualche persona che li può interpretare. A volte si fanno sceneggiature staccate dalla realtà. Come se nel film si potessero trovare delle scimmie al Polo Nord.
E poi c’è la questione del tempo. Un progetto di sviluppo locale non si elabora e poi si realizza. Bisogna cominciare, magari con un pezzo piccolissimo, e mentre si realizza qualcosa si continua a elaborare il progetto. Mentre immaginiamo come razionalizzare la sanità, intanto ripariamo le buche sulle strade.
Giustamente si dice che ci vogliono i servizi e ci vuole il lavoro, altrimenti la gente va via. Ma il rischio sono sempre le astrazioni. Ci sono servizi inutili e lavori che non servono a niente. Bisogna partire da chi c’è in un certo luogo e da chi potrebbe arrivare. E allora ecco che si ragiona su certi servizi e su certi lavori. Magari in un paese serve un barbiere, non serve un centro di documentazione per lo sviluppo locale. Magari in un paese serve un infermiere che va in giro per i vicoli, non serve un progetto di telemedicina che serve a far girare carte che poi nessuno guarda.
Ecco che la visione poetica dello sviluppo locale in realtà si rivela molto più concreta dei tecnicismi che ci hanno funestano negli ultimi decenni. Olivetti faceva lavorare nella sua fabbrica artisti e scrittori. E la sua fabbrica da un paese era diventata avanguardia mondiale. Forse quando parliamo di sviluppo locale sarebbe opportuno ripassarsi la lezione di Olivetti e la sua idea di comunità. Olivetti puntava sulle persone. L’Italia interna ha bisogno di persone, deve trovare e incoraggiare le persone che contengono avvenire. Capisco che ci vogliono strumenti, bisogna ingegnerizzare bene le questioni per evitare che restino sulla carta, ma non si può tollerare che mentre mettiamo a punto i nostri schemi le persone perdono fiducia, vanno via.
VANDALISMI ALLA PISCINA DI SANT'ALBINO
Il problema è stato denunciato anche durante la Consulta del 4/4/2019. Sono stati anche visti giovani che a tarda ora scorrazzano sul tetto!
LA ROTONDA DI VIA FERRUCCI RIFIORIRÀ GAZIE AGLI ALPINI!
PULIZIE DI PRIMAVERA: GRAZIE DAL COMITATO GENITORI DELLA SCUOLA MANZONI
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lunedì 8 aprile 2019
Biblioteca di condominio, da spazio inutilizzato a luogo di aggregazione
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#quartiere
GIORNATA DEI ROM - CONDIVIDIAMO L'APPELLO DELLA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO
FOTO DI REPUBBLICA |
Giornata dei Rom: “Parole e comportamenti razzisti fanno male a tutti. L'integrazione dei Rom è possibile, ed è un vantaggio per la società”
7 APRILE 2019
- ampa
In occasione del Romanò Dives, la giornata internazionale dei Rom, che si celebra l’8 aprile, la Comunità di Sant’Egidio rivolge gli auguri a tutti i Rom, Sinti e alle popolazioni romanì che si identificano con questo nome. Invitando a ricordare una storia segnata da persecuzioni e sofferenze - come il Porrajmos, lo sterminio durante la seconda guerra mondiale - occorre condannare con fermezza parole e comportamenti discriminatori, razzisti e violenti, come accaduto recentemente a Torre Maura, un quartiere di Roma, quando si è impedito a poche decine di persone - quasi per la metà bambini - perfino di mangiare, arrivando al vergognoso gesto di calpestare il cibo. Sono gesti che fanno male a tutti e disonorano la città, senza risolvere o, meglio, aggravando i problemi esistenti in periferie abbandonate ormai da tempo da istituzioni e forze politiche.
Non bisogna abituarsi ad un linguaggio aggressivo che offre un'immagine distorta della realtà, ma al contrario occorre valorizzare tanti esempi di inclusione sociale, molto più diffusa nel nostro Paese di quanto si pensi. L'impegno di Sant'Egidio per favorire l'inserimento scolastico dei Rom, anche attraverso le Scuole della Pace (luoghi in cui i più piccoli apprendono a vivere insieme nel rifiuto di ogni violenza), la formazione e l'inserimento nel mondo del lavoro, incontra quotidianamente l'atteggiamento positivo e costruttivo di tanta parte - associazioni, istituzioni, famiglie - della società italiana.
Non sono pochi infatti i nuclei familiari che in diverse città vivono in case e non sono pochi i Rom che lavorano, contribuendo al benessere della società. Esempi positivi di integrazione non mancano pure in numerose scuole, grazie al lavoro silenzioso e tenace di maestri e insegnanti, a cui le istituzioni sono chiamate ad assicurare maggiore continuità, evitando gli sgomberi che interrompono il percorso scolastico di bambini e ragazzi e vanificano, di fatto, gli sforzi dei loro educatori. A ciò si aggiunga che gran parte dei Rom, non più nomadi da anni, sono cittadini italiani.
Auspichiamo dunque che la Giornata Internazionale dedicata al popolo Rom sia occasione per prendere le distanze da un linguaggio e da pratiche che tendono ad allargare le distanze e i pregiudizi e per intraprendere con coraggio iniziative volte a favorire la piena integrazione nel tessuto sociale del nostro Paese, certi che da questo trarranno beneficio tutti gli italiani.
Non bisogna abituarsi ad un linguaggio aggressivo che offre un'immagine distorta della realtà, ma al contrario occorre valorizzare tanti esempi di inclusione sociale, molto più diffusa nel nostro Paese di quanto si pensi. L'impegno di Sant'Egidio per favorire l'inserimento scolastico dei Rom, anche attraverso le Scuole della Pace (luoghi in cui i più piccoli apprendono a vivere insieme nel rifiuto di ogni violenza), la formazione e l'inserimento nel mondo del lavoro, incontra quotidianamente l'atteggiamento positivo e costruttivo di tanta parte - associazioni, istituzioni, famiglie - della società italiana.
Non sono pochi infatti i nuclei familiari che in diverse città vivono in case e non sono pochi i Rom che lavorano, contribuendo al benessere della società. Esempi positivi di integrazione non mancano pure in numerose scuole, grazie al lavoro silenzioso e tenace di maestri e insegnanti, a cui le istituzioni sono chiamate ad assicurare maggiore continuità, evitando gli sgomberi che interrompono il percorso scolastico di bambini e ragazzi e vanificano, di fatto, gli sforzi dei loro educatori. A ciò si aggiunga che gran parte dei Rom, non più nomadi da anni, sono cittadini italiani.
Auspichiamo dunque che la Giornata Internazionale dedicata al popolo Rom sia occasione per prendere le distanze da un linguaggio e da pratiche che tendono ad allargare le distanze e i pregiudizi e per intraprendere con coraggio iniziative volte a favorire la piena integrazione nel tessuto sociale del nostro Paese, certi che da questo trarranno beneficio tutti gli italiani.
domenica 7 aprile 2019
LA CICLABILE DI VIA ADDA...QUANDO NON PIOVE
Queste foto sono state prese dopo due gocce d'acqua, come ben evidente se guardate il manto stradale praticamente asciutto. Immaginatevi le condizioni dopo una pioggia copiosa. Tra le due foto c'è l'accesso alla piazza della Chiesa. Figuratevi nei giorni piovosi!
COMMEMORANDO LE EX PIANTE IN ATTESA DEL "PARCO DI SANT'ALBINO"
Riceviamo e volontieri pubblichiamo.
Invio queste due mie foto : rappresentano le ex piante che erano presenti da anni e riempivano la vista verso le montagne, mentre ora si vedono a mala pena le montagne con alla base le nuove costruzioni in cemento.
Speriamo che la prossima terza foto, promessa come completamento degli insediamenti dei supermecati, possa riproporre quel verde che ad oggi e' stato estirpato.
Emilio Oggioni
Caro Emilio, ricicliamo un nostro vecchio commento.
Se ti ricordi, prima dell' Ecomostro, dal parco giochi nei giorni limpidi la vista era questa:
QUANTI SOLDI DOVREBBERO DARCI PER RISARCIRCI DEL DANNO?!
LA VISTA DEL RESEGONE ERA UN BENE INESTIMABILE. MA QUESTI SONO CALCOLI CHE NON INTERESSANO AI (CATTIVI) ECONOMISTI.
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Le piazze di Monza soffrono di sindrome dell’abbandono | A Monza X Esempio
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